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dal mondo

Corrispondenze

LE RECENTI LOTTE DEI MINATORI RUSSI E UCRAINI


Riceviamo da Alma Ata, da un nostro lettore, e volentieri pubblichiamo questa corrispondenza sugli scioperi di inizio anno dei minatori in Russia e in Ucraina, su cui pochissimo è filtrato sulla ‘libera’ stampa.
Vi è una nuova conferma che il percorso di ripresa del proletariato dell’ex-URSS non s’è fermato. E insieme che esso procede tra mille ostacoli, primo tra tutti il pesantissimo condizionamento di decenni di programmatica spoliticizzazione della classe ad opera dello stalinismo. Tuttavia, spinti dalla necessità di difendersi, i minatori stanno mettendo alla prova con le loro rivendicazioni e le loro lotte, sia lo eltzinismo in cui avevano inizialmente riposto le proprie speranze, sia il "neo-comunismo" (di Zuganov &C.) a cui hanno concesso -in alcune zone- senza molto entusiasmo i propri suffragi, sia gli organismi sindacali che a essi fanno riferimento. Passa di qui, dalla resa dei conti con tali "rappresentanze", tutte -in diverso modo- extra e anti-operaie, la ricostruzione di un'autonoma organizzazione di classe.

Uno dei problemi più significativi della Russia nell’era post sovietica è quello del debito, che include i salari arretrati dei lavoratori. Secondo una recente stima dell’Ufficio Statistico di Stato, riportata dal quotidiano nazionale Isvestia, il debito totale nei confronti dei lavoratori dell’industria, delle costruzioni, dei trasporti e dell’agricoltura ha raggiunto, al 1° gennaio 1996, i 13,4 trilioni di rubli (circa 284 milioni di dollari Usa). Circa il 30% di questo dato si riferisce a più di due mesi di salari arretrati.

Il continuo indebitamento che affligge l’industria mineraria del carbone russa deve ancora essere pagato. Nonostante i ripetuti stanziamenti di fondi da parte del governo, una parte non piccola del denaro non riesce ad arrivare nelle tasche dei lavoratori. E’ risaputo che il denaro pubblico viene spesso "deviato " o, semplicemente, fatto sparire prima di raggiungere i fondi speciali destinati ai settori industriali o alle società.

Inoltre, anche se le società ricevono i fondi destinati, preferiscono destinarli ad investimenti in settori "produttivi" dell’economia, o depositarli in banca per ricavarne gli interessi. Nel frattempo, i lavoratori sono costretti a restare per settimane senza salario. Quando finalmente lo ricevono, ha perso molto del suo potere di acquisto.

Il circolo vizioso dell’indebitamento si inasprisce, poiché ai lavoratori risulta difficile pagare i loro debiti, dato anche il continuo aumento dei prezzi dei beni e servizi. Nel frattempo i nuovi ricchi si arricchiscono sempre più. (...)

Alla luce di questo problema, che va acutizzandosi, non c’è da sorprendersi se, dall’inizio del 1996, gli scioperi sono stati molto numerosi. Già a gennaio una potente ondata di scioperi ha percorso la Russia coinvolgendo quasi 750.000 lavoratori. Uno sciopero di insegnanti (che ha coinvolto almeno 225.000 lavoratori dell’istruzione) è durato 3 giorni e ha portato alla chiusura di 4000 scuole in tutto il paese. Questo sciopero è stato a sua volta seguito da scioperi di minatori e di lavoratori del più grande stabilimento di macchinari pesanti di movimento terra.

Il 24 gennaio circa mille minatori si sono riuniti in un picchetto duro fuori dal palazzo del governo a Mosca, con slogan quali: "Possiamo lavorare in ginocchio, ma non vivremo in ginocchio" e "I minatori non debbono essere ostaggi delle riforme!". All’interno, rappresentanti del governo si sono incontrati con i leaders del principale sindacato dei minatori, l’Unione Russa dei Lavoratori dell’Industria del Carbone (PRUP).

Alla testa dello sciopero c’era l’ex sindacato di stato, che ha organizzato i mille minatori che hanno picchettato la Casa Bianca scuotendo tutta Mosca con il suono dei loro elmetti battuti per terra e bruciando i loro cartelli.

Il cosiddetto sindacato indipendente all’inizio si è opposto allo sciopero, ma alla fine è stato costretto ad appoggiarlo. Durante lo sciopero, i suoi rappresentanti sono apparsi in televisione nel tentativo di stornare la rabbia dei minatori dal governo ai direttori locali.

Le richieste fondamentali dei minatori sono: l’aumento del sostegno dello stato all’industria del carbone a 10,4 trilioni di rubli (2.2 miliardi di dollari), invece che i 7,4 trilioni previsti dal bilancio 1996. Se le miniere non venivano pagate dai clienti, il sindacato sosteneva che le aziende del carbone avrebbero avuto il diritto di riservare il 50% delle entrate disponibili per pagare i salari, prima di pagare le tasse.

Per una volta, il governo ha ascoltato seriamente i lavoratori senza salario. Aree importanti della Russia dipendono fortemente dal carbone per l’energia elettrica e il riscaldamento, e in vari distretti della Siberia Occidentale e dell’estremo oriente, le riserve di carbone nelle centrali elettriche erano sufficienti solo per alcuni giorni. Il 25 gennaio il primo ministro Cernomyrdin si è incontrato col dirigente del PRUP Vitaly Budko, assicurando che la richiesta di 10.4 trilioni di rubli sarebbe stata soddisfatta. Una prima tranche di 600 miliardi sarebbe stata disponibile alla fine di gennaio.

Diversamente dalle volte precedenti, questa volta la pazienza dei minatori si era esaurita. Le pure promesse non erano più sufficienti, lo sciopero sarebbe proseguito finché non si fossero concretamente visti i soldi per i salari arretrati. Il 31 gennaio Budko riferì che il denaro non era ancora stato versato nei conti bancari. Il primo febbraio le miniere cominciarono a chiudere.

Gli osservatori notarono subito che questo sciopero dei minatori del carbone era più duro di qualunque altro dei numerosi scioperi dell’industria realizzati dal 1991. Circa mezzo milione dei 580.000 minatori del carbone erano scesi in sciopero e, secondo il PRUP, il 90% delle miniere si sono fermate.

Nella Vorkuta artica, una manifestazione si è snodata per la città con minatori, insegnanti, medici e ferrovieri in sciopero, chiedendo le dimissioni di Eltsin e di Cernomyrdin. Si chiedeva che il denaro usato per la guerra in Cecenia fosse usato per pagare prima i salari. Nella regione più grande, il Kuzbass, i minatori hanno dichiarato apertamente che non sapevano più di chi fidarsi.

Come al solito, i leaders si accodarono ai minatori avvertendo che, se il governo non avesse risposto, il Kuzbass avrebbe votato per l’opposizione alle elezioni di giugno. Ma nelle ultime elezioni di dicembre, il P.C. ha ottenuto un incredibile 49% di voti in questa regione. La dirigenza del P.C. ha ripagato questo voto dicendo di comprendere i problemi dei minatori, ma di non condividere il ricorso allo sciopero.

Il Kuzbass e Vorkuta non sono state le sole regioni a scendere in sciopero. Regioni che non hanno partecipato neppure all’ondata di scioperi dell’89 hanno questa volta aderito allo sciopero. Mosca, Rostov, gli Urali, Baikarsk e Shakalin hanno partecipato in massa. Lo sciopero dei minatori ha coinciso con uno sciopero di 200.000 insegnanti e con scioperi di operai metallurgici negli Urali. Significativamente, fino ad un milione di minatori ucraini che guadagnano circa 60 dollari al mese (il salario russo medio è di 200 dollari) sono scesi in campo contemporaneamente chiedendo le dimissioni del presidente Kuchma.

Il governo è stato finalmente costretto all’azione. Il primo febbraio il denaro è cominciato ad arrivare alle miniere. E’ stata riaffermata l’assicurazione dell’aumento dei fondi. I capi sindacali hanno ricevuto un dettagliato programma di pagamento fino a giugno. Non tutte le richieste dei minatori sono state soddisfatte. Per esempio, è stata lasciata cadere la richiesta di misure per affrontare i mancati pagamenti dei clienti; ciononostante i leader sindacali hanno votato per far terminare lo sciopero il 2 febbraio. Si decise di riprendere il blocco dal 1° marzo, se il governo non avesse mantenuto le promesse. Scossi dalla vittoria dei minatori, i propugnatori russi delle politiche restrittive prevedono ora che i lavoratori non pagati di molti altri settori dell’economia scenderanno in sciopero. Ed in effetti il 3 febbraio sono scesi in sciopero i 18.000 lavoratori della fabbrica di macchinari per il movimento terra Promtraktor sul Volga, che non ricevono il salario da settembre.

In Russia pochi settori operai godono della forza contrattuale dei minatori, e la maggior parte delle battaglie per ottenere i salari arretrati sarebbe molto più difficile e destinata alla sconfitta senza la loro funzione di traino. Ma vi sono segnali che moltissimi lavoratori hanno afferrato la lezione dei minatori : è solo attraverso la lotta militante, economica e politica, che può essere assicurata la sopravvivenza di tutta la forza lavoro.

Alla luce dell’ultima offensiva dei minatori il governo ha rapidamente tentato di riscattarsi. Anche se fosse vero che il governo ha già versato i fondi richiesti all’industria del carbone (e anche se ne avesse versati di più), è un fatto che sono le politiche del governo che hanno prodotto il cataclisma che ha devastato l’economia russa. Sotto i diktat di organizzazioni quali la Banca Mondiale e le politiche monetarie di Gaidar & Co., l’industria russa ha sperimentato una drastica caduta della produzione. La politica governativa è anche stata diretta a mantenere i salari ben al di sotto del livello di inflazione, mentre il mercato è invaso da merci occidentali di qualità scadente a prezzi non inferiori a quelli occidentali.

Il fatto che il governo abbia versato i fondi dovuti all’industria del carbone per il 1995, anche se tecnicamente vero, è un imbroglio. Come ha segnalato l’Isvestia del 2 febbraio, lo stanziamento di fondi arretrati di 3 o 4 mesi del 1994, fu effettuato con fondi stanziati per il 95. Non c’è da sorprendersi che i fondi stanziati per i salari si siano esauriti molti mesi prima della fine dell’ultimo anno. Perciò, non c’era ragione che i lavoratori evitassero lo sciopero, o non rivolgessero le loro richieste al governo federale. Nel tentativo di far finire lo sciopero dei minatori, che ormai si era esteso a livello nazionale, il primo ministro Cernomyrdin ha stanziato 10.400 miliardi di rubli (2.2 miliardi di dollari) per fronteggiare le difficoltà dell’industria del carbone.

Lo sciopero è perciò finito dopo due giorni con il cedimento del governo alle richieste di pagamento dei salari arretrati e di stanziamento dei fondi statali fissati per l’industria del carbone. I rappresentanti sindacali hanno affermato che il governo ha promesso di stanziare 12.000 miliardi di rubli per l’industria del carbone quest’anno, 600 dei quali da destinare ai salari non pagati da ottobre.

Memori delle promesse non mantenute in passato, i minatori hanno deciso di riprendere lo sciopero se i fondi non arriveranno per il 1° marzo.

Rispetto al sostegno dato a Eltsin in precedenza, i minatori sono ora più consapevoli della vera natura del regime. Il governo di Eltsin ha cercato di recuperare la fiducia degli elettori nel presidente per sostenere la sua campagna elettorale. E’ in parte per questa ragione che è stato rimosso dalla sua carica l’ideatore del programma di privatizzazioni russo, Chubais (...).

I minatori russi sono stati sostenuti nella loro lotta da un’azione simile in Ucraina. I minatori ucraini sono scesi in sciopero il 1° febbraio.

Anche i minatori ucraini stanno scioperando per il pagamento dei salari arretrati e per ottenere nuovi sussidi: secondo i leaders sindacali, 91 dei 227 pozzi sono stati chiusi sabato (3 febbraio), mentre 123 pozzi hanno chiuso il primo giorno di sciopero. Oltre ai minatori stessi, sono scesi in sciopero anche gli operai di un certo numero di fabbriche e i lavoratori delle ferrovie all’interno dell’industria del carbone. Tutti i sindacati dell’industria della regione del Donbass hanno espresso il loro sostegno ai lavoratori.

In una assemblea il primo giorno di sciopero al quartier generale centrale dello sciopero, è stato deciso di emettere una dichiarazione diretta al governo ucraino, in cui i minatori in sciopero protestavano contro il tentativo del primo ministro E. Marciuk di accollare la responsabilità del collasso dell’industria, che è del governo, sulle spalle dei minatori.

Le misure proposte dal primo ministro per il rimborso dei salari arretrati non erano accettabili per i lavoratori. Sono stati promessi dieci trilioni di karbovants ucraini, che il governo si proponeva di raccogliere prelevandoli da altri fondi stanziati per i diversi settori. In questo modo si sarebbe potuto coprire solo un settimo del debito totale, facendo cadere l’industria in una nuova trappola, poichè questi fondi sarebbero stati erogati ai minatori sotto forma di prestiti.

Il leader sindacale, Victor Derzak, ha risposto all’intransigenza governativa lanciando il 2 febbraio in TV un appello in cui chiedeva al popolo ucraino di sostenere la lotta dei minatori.

Alma Ata - Kazakhstan, marzo 1996

Curtis A.-V.

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