Di nuovo al voto.
Per decidere di che? Quale dei due schieramenti, di centro-destra o di
centro-sinistra-destra, debba esser chiamato a ratificare in quanto esecutivo gli ordini
imposti dalle necessità e relative leggi (queste sì vere!) di un sistema capitalista in
crisi: rendere più snella ed efficiente la funzione di cinghia di trasmissione degli input
del capitale da parte del parlamento e del governo, fare di essa la punta di lancia di
un rinnovato attacco alle condizioni di vita ed ai diritti sindacali e politici del
proletariato. Una volta accettato questo compito da parte di ognuno dei due poli
contendenti, sarà dato ad ognuno di essi di condire la torta (sempre e comunque per noi
amarissima!) con un pizzico di stato sociale in più o in meno, di maggiori o minori
briciole per questa o quella classe sociale, questa o quella categoria. E sarebbe, in ogni
caso, una corsa per noi in discesa, verso un peggioramento della nostra situazione.
La destra è, in questo, peggio della cosiddetta sinistra (che neppure vuol più chiamarsi così e di fatto è tutta spostata verso il "centro" -garante Dini, pensate!- e con la benedizione non certo disinteressata del grande capitale)? Concesso. Ma questa arlecchinata "più a sinistra", che vede correre insieme i Dini e i Bertinotti, costituisce linsidia maggiore tra le nostre file, in quanto, col pretesto di una lotta contro la destra, pretende di immobilizzarci, di toglierci voce ed organizzazione, di renderci direttamente complici della rinuncia a lottare per le nostre rivendicazioni di classe.
La via duscita non è, a questa stregua, la vittoria del "meno peggio", ma la capacità che sapremo dimostrare o meno di essere noi stessi in quanto classe, di esercitare la nostra forza fuori e contro lo sporco gioco di queste immonde combinazioni elettorali e parlamentari.
Lo scenario che si apre ci chiamerà inesorabilmente a scontri decisivi, nel corso dei quali non avremo da scegliere o appoggiarci a nessuna sinistra del capitale, ma dovremo batterci con decisione contro il rullo compressore del capitale stesso, chiunque ne stia provvisoriamente alla guida.
I comunisti chiamano il proletariato a rendersi conto in anticipo di ciò e a battersi di conseguenza. Non abbiamo da far vincere nessun altro che non sia la nostra classe e, fuori di noi, non abbiamo "compagni di viaggio" che possano esimerci dai nostri compiti. Non si tratta di gettare una scheda nellurna, ma di lavorare alla ricostituzione delle nostre organizzazioni, del nostro programma storico.
Non nelle competizioni elettorali, delle quali siamo chiamati ad essere semplice massa di manovra (e di macello), ma nei luoghi di lavoro, nei quartieri, nelle sedi sindacali ed in quelle politiche che ci spettano e dobbiamo riconquistare e riorganizzare.
Allattuale farsa elettorale, alla quale le masse proletarie, se e in quanto partecipano, partecipano passivamente, con un senso crescente di smarrimento e disgusto, contrapponiamo il lavoro per la rinascita dei nostri organismi antagonistici di classe! E questo lappello che noi rivolgiamo allinsieme del proletariato ed al quale, in particolare, non possono ragionevolmente sottrarsi le sue avanguardie di lotta che già avvertono la contraddizione tra i propri bisogni e le proprie organizzazioni di battaglia da un lato, e la precipitosa deriva entro cui li soffoca il "quadro politico" attuale.