I guasti del federalismo |
Mentre Bossi segna quotidianamente punti a proprio favore nella marcia verso il secessionismo, il leghismo attecchisce sempre più anche al Sud tra soggetti e in luoghi apparentemente insospettabili. Il processo si fa strada in maniera così prepotente da essere andato già oltre il rivendicazionismo "unitario" del sud contro il nord: come nel settentrione, si diffondono fenomeni di contrasti e contrapposizioni interregionali e campanilistici allinterno delle stesse aree meridionali. La "classe politica" locale cavalca questo sentimento o se ne fa direttamente promotrice nellillusione di conservare un consenso che perde ogni giorno le basi materiali su cui fondarsi, ma anche per candidarsi quale futura classe dirigente degli eventuali sotto-Stati derivanti da una lacerazione dellattuale tessuto unitario.
Due sono le forme di leghismo meridionalista che hanno conquistato la ribalta: l'una, "buona e democratica", vuol mostrare che le città del Sud sanno stare sul mercato come di quelle leghiste del Nord; l'altra, "cattiva e autoritaria", si fa scudo di sentimenti "anti-coloniali" contro la rapina del Nord. L'una trova il suo campione in Bassolino. L'altra in Cito. Il proletariato deve combatterle entrambe.
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Vieni avanti... Bassolino!
Bassolino, capo di una giunta di cui fa parte anche Rifondazione (!!)1, si è proclamato da tempo araldo del federalismo meridionalista. In autunno, a braccetto con tipi alla Formentini o alla Viezzoli (sindaco AN di Benevento), ha fatto la voce grossa per rivendicare ai comuni più autonomia e più poteri, contro il "soffocante centralismo statale" e contro il "falso" federalismo del governo. L'uno e l'altro sono per Bassolino da rimuovere per far decollare la città partenopea verso il paradiso del mercato mondiale. Con quale carburante? Visto che -ragiona il novello Masaniello- il destino del sud, lasciato agli effetti del liberismo più sfrenato, sembra essere diviso tra quello di una "Singapore mediterranea" e quello di "paese riviera" dove i capitalisti e i nulla-facenti di tutto l'Occidente possono venire a svagarsi; visto che -aggiunge il nostro- i nuovi insediamenti industriali asiatizzati non si orienteranno mai verso le aree metropolitane, focolai di pericolose contraddizioni sociali, ma verso i prati-verde alla Melfi; preso atto di ciò, Bassolino non ha dubbi: a Napoli, con il suo sole e le sue bellezze, non resta che candidarsi a capitale della nuova Italiland.
Via allora al rilancio dellimmagine turistica della città, via alla variante urbanistica di Bagnoli per trasformarlo in ridente ed accogliente insediamento turistico, con ovvia espulsione dei proletari residenti. Via libera, inoltre, alla trasfomazione dell'aeroporto di Capodichino in moderno tappetino d'ingresso per i nababbi e i parassiti di tutto il mondo: e quale migliore passo, in questo senso, della vendita dello scalo alla società inglese Baa? Via libera, infine, in nome del bene di Napoli, alla creazione di un clima "costruttivo" con lopposizione capeggiata dalla Mussolini.
Tutto bene, ma... dove trovare i fondi per realizzare questo avveniristico progetto? Non certamente nel governo centrale, che anzi taglia sempre più i trasferimenti ai comuni. Ecco allora la brillante idea di approfittare della nuova immagine della città, per organizzare una grande questua negli States. Ma, si sa gli Yankee sono molto pratici e nonostante sorrisi e pacche sulle spalle preferiscono aspettare il giudizio delle agenzie internazionali. A "sorpresa" la grande Moodys assegna alla città di Napoli il rating di affidabilità A1. Quella stessa città che ha ancora 2000 miliardi di debiti insoluti viene ritenuta più affidabile di New York governata dal mastino liberista Giuliani. Come è potuto avvenire il miracolo?
Lo fa capire candidamente uno dei responsabili dellAgenzia: "il rimborso delleventuale prestito (con interessi) ha per il Municipio debitore, una priorità più alta di qualsiasi altra obbligazione, compresi gli stipendi. Le banche che trasferiscono i contributi dello Stato hanno lobbligo di prelevare le somme per pagare i ratei e gli interessi prima di accreditarli alle casse del comune. In conclusione, Napoli ha ottenuto lA1 perché dietro il Municipio cè il Tesoro Nazionale". (Corriere della sera, 18/12/95). Una vera e propria botte di ferro per gli investitori statunitensi, a cui sono in via esclusiva indirizzati i Buoni Ordinari Comunali (Boc). Il prestito previsto non è esorbitante (300 miliardi e mezzo da restituire in dieci anni), ma lintraprendente sindaco lo considera come l'innesco di un "circolo virtuoso" capace di "attirare investimenti privati anche stranieri".
A quei "filantropi" della Banca Merryl Lynch, che materialmente collocherà il prestito, non pare vero di poter "aiutare" la vecchia Partenope a tornare ai suoi antichi splendori e a "rinsaldare i legami culturale ed etnici" con lAmerica. Si tratta in verità di soldi ben spesi per rafforzare una testa di ponte verso la penisola che ultimamente sembra essere attratta, almeno in alcune aree, soprattutto dal fascino teutonico. Del resto non si può mai sapere: dovesse scoppiare uno "scontro interetnico" (così contagioso di questi tempi) anche in Italia, gli States non vogliono trovarsi a recuperare i ritardi come nella ex-Jugoslavia, ma vogliono avere da subito la propria Bosnia da "proteggere". In tal caso i soldi prestati aprirebbero un circolo ancora più virtuoso di quello sognato dal nostro immaginifico sindaco. Quanto a farselo rimborsare con relativi interessi, non ci sono problemi: se dietro Bassolino (per ora) cè il Tesoro Nazionale, dietro gli investitori americani cè (sempre) la U.S.Army.
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Tu Tarzan, io Cito.
Laltra faccia del nuovo protagonismo dei sindaci meridionali è rappresentata dallex mazziere fascista, nonché teleimbonitore, Giancarlo Cito, eletto a Taranto, pur avendo contro quasi tutti i partiti, con la sua lista "Lega dAzione Meridionale", nome che è già tutto un programma. Questi, più sanguigno di Bassolino, si è presentato come un vero capopopolo della riscossa del "popolo" tarantino contro la rapina del nord.
Il suo ricorso alla mobilitazione di piazza, ad argomenti populisti come la lotta contro i drogati, le prostitute o gli immigrati che rendono insicura la città, gli ha fatto raccogliere consensi ancora più diffusi e paradossalmente più "popolari" del suo collega napoletano. Nonostante varie condanne e denunce a suo carico, fino allultima per associazione mafiosa e concorso in omicidio, la sua popolarità, conquistata con il motto "Ordine e Sicurezza", non sembra essersi incrinata. Anzi egli con "sprezzante fierezza" ha risposto con una manifestazione promossa a suo sostegno che ha visto in piazza 30mila concittadini.
Cito rappresenta un battistrada destinato ad essere seguito da altri politici borghesi che vogliano puntare a crearsi un vero consenso popolare interclassista. Di fronte ad una sperequazione che avanza a pieno ritmo tra aree del nord e quelle del sud, in mancanza di contropartite materiali su cui fondare un consenso di tipo clientelare come avveniva per i vecchi notabili DC, solo il ricorso alla demagogia populista può attirare le simpatie di quei settori popolari, ma anche proletari, che vedono le proprie condizioni peggiorare quotidianamente e che soprattutto non vedono nessuna alternativa classista ed unitaria capace di reagire al degrado della propria situazione. Il solletico alle angosce e alle paure più profonde degli strati più oppressi della popolazione, la demagogia contro il governo centrale e gli egoismi del nord, il ricorso alla mobilitazione di piazza, ben si prestano a cementare un blocco interclassista che cerchi il suo nemico soprattutto allesterno e in chi rompe questa Union sacrée a scala localistica.
Certo, Bassolino non è la stessa cosa di Cito, soprattutto per quanto riguarda il rapporto che hanno e intendono stabilire col proletariato. Essi, però, rappresentano due risposte, speculari tra di loro, alle difficoltà che la borghesia meridionale incontra nel tenersi a galla nello scontro tra giganti scatenato sul mercato mondiale e nel tenere a bada il proprio proletariato, che non potrà sprofondare all'infinito nello sfruttamento e nella miseria più nera senza reagire vigorosamente a questo "destino".
In questo senso, pur trattandosi in entrambi i casi di tendenze che, consapevolmente o meno poco importa, aprono la strada al dilagare del leghismo e alle manovre delle altre borghesie imperialiste, chi sembra meglio essere attrezzato ad incanalare il malessere e la rabbia di ampi settori popolari è proprio il "folcloristico" sindaco di Taranto. Perché con la sua agitazione a tinte "anti-colonialiste" va (se non altro)a nominare il vero nodo della cosiddetta "questione meridionale", cioè lo sviluppo combinato e diseguale del capitalismo nazionale e internazionale. E' il nodo che ha davanti a sé il proletariato e che esso è chiamato a sciogliere dal suo punto di vista.
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Voi borghesi, noi proletari.
Potrà farlo se, fin da adesso, non si farà incantare dai pifferai leghisti e reagirà con decisione contro di essi. Gli interessi proletari non si difendono con rivendicazioni localistiche e interclassiste, quali ad esempio la richiesta di impianti industriali in contrapposizione ad altre aree geografiche. Esse rendono i lavoratori più deboli perché li isolano da e li mettono in contrapposizione con le altre sezioni della loro classe. La difesa delle condizioni proletarie richiede invece il massimo di lotta e di organizzazione generale unitaria contro tutte le frazioni del proprio nemico di classe. E' tempo che la lotta contro il leghismo meridionalista, tanto quello "buono e democratico", quanto quello "plebeo ed autoritario", trovi posto nell'iniziativa dei militanti che vogliono battersi in difesa degli interessi generali del proletariato.
Note
(1) Il tutto è ingoiato con qualche mugugno da Rifondazione Comunista che vede nellesperienza della giunta napoletana lapripista per futuri e fruttiferi accordi di desistenza con lUlivo sul piano nazionale. (Quando il mugugno si è cominciato a trasformare in grida di protesta il libertario Bertinotti ha sospeso il congresso provinciale e commissariato la Federazione).