Un secondo 1989?


L’economia tira, più del previsto. L’odiato Berluska è caduto. Al suo posto c’è ora un governo condizionato dalla sinistra. Intorno a Prodi va prendendo corpo un’allenza di centro-sinistra, che qualche sondaggio dà financo vincente. La Lega e mezzo Ppi occhieggiano ai progressisti. An si converte all’antifascismo.

Uhelà, vuoi vedere che la situazione non era poi così brutta come si temeva? Vuoi vedere che stiamo per lasciarci alle spalle (noi lavoratori) il periodo più nero, e che si avvicinano tempi, se non rosei, almeno accettabili?

Basta spostare l’attenzione dagli indici della produzione, che misurano lo stato di salute del capitale, non quello della classe operaia, e dalla scena politica borghese, in cui sono sempre più marginali gli interessi del proletariato, per impattare con una realtà leggermente diversa.

Italia. E’ in arrivo la stangata della finanziaria-bis. Alla faccia delle grandi lotte di autunno, il governo Dini (e i progressisti...) preparano una riforma delle pensioni in tutto peggiorativa. Fiat e padronato sono all’offensiva nelle aziende, per generalizzare anche al nord il "modello Melfi" o, quanto meno, quello "Termoli". Pannella e soci rilanciano con i referendum la mobilitazione anti-sindacale e anti-operaia delle classi medie.

Non c’è la benché minima tregua nell’attacco capitalistico alla classe operaia e ai lavoratori! Solo un D’Alema riesce a (o fa finta di) non vedere che Dini è degno erede e continuatore di Berlusconi. Nel campo nemico c’è confusione, è vero. Ma la destra borghese si riorganizza, beneficiando delle tregue che le concede una sinistra quanto mai prona alle esigenze del capitale. E si riorganizzerà su posizioni sempre più radicali, perché il sistema capitalistico può risolvere la sua crisi solo scaricandola per intero sul proletariato.

Quel che avviene negli Stati Uniti, paese-guida del capitalismo mondiale, indica la reale linea di tendenza. Il clintonismo è già appassito. S’avanza una nuova destra repubblicana, dai programmi e dai propositi ultra-aggressivi. Essa pretende lo smantellamento totale dello "stato sociale" e la totale demolizione dell’organizzazione sindacale proletaria. Non le basta l’ordine reganiano. E’ per un nuovo ordine borghese dai tratti fascistoidi, intriso di rancidi "valori tradizionali", che già marcia "dal basso" sulle gambe di milizie armate anticomuniste e di movimenti contro gli immigrati e contro gli stessi "diritti borghesi".

Essa vuole instaurare il pieno dominio degli Usa, e dell’Occidente, sul mondo intero. Su un "Sud" supersfruttato e distrutto dal debito estero (vedi Messico), che è gravido di rivolta anti-imperialista. Su una Russia meno molle di qualche anno fa verso l’Ovest, come dimostrano le vicende bosniaca e cecena. Su una Cina che giorno dopo giorno brucia ambiziosi traguardi commerciali e diplomatici.

Dall’America imperialista, socialmente polarizzata come non mai, s’annuncia un nuovo inasprimento su scala mondiale dello scontro tra le classi e tra gli stati. Altro che la pace e lo sviluppo illimitati promessi nel 1989. Altro che i sereni dialoghi tra avversari non più nemici, che sognano nel ’95 i dirigenti del Pds, o l’impossibile rilancio del welfare state caro a Rifondazione.

Prendiamone atto, compagni, proletari! E attrezziamoci alla bisogna: con un programma, una politica, una organizzazione di classe autentici, che rispecchino fino in fondo i nostri interessi. Che ci consentano di far pesare tutta la nostra forza già nelle battaglie del presente. Che ci facciano ritessere i fili dell’unità con i nostri fratelli di classe del Terzo Mondo, oggi purtroppo quasi inesistenti.

Se così non dovesse accadere, quando giungeranno ad esplodere le contraddizioni del capitalismo, noi non avremo salvato "almeno" il salvabile, ma ci accorgeremmo troppo tardi di avere perso tutto!