L'intervento USA ad Haiti

MISFATTI IMPERIALISTI E CONSENSI RIFORMISTI

Indice


Se sull'aggressione a Cuba ci sono state pur rarissime eccezioni che hanno mantenuto la misura nel gettare fango su Castro, risultando troppo evidente (fatta eccezione per le carogne padronali e i sottoservi radicali) quanto la rivoluzione castrista abbia modificato i rapporti sociali e le condizioni di vita di un popolo che era stato ridotto alla prostituzione dagli USA (a proposito, il che è tutto dire, a ricordarlo apertamente sembra essere rimasto solo il povero Minà), per quel che riguarda Haiti lo schifoso fronte interventista occidentale non ha avuto freni inibitori. A latere, non ne siamo stupiti, ma certo non ce ne rallegriamo, la deriva sotto imperialista del riformismo nostrano ha espresso in questo caso il peggio dell'allineamento all'iniziativa USA, elogiando il "successo clintoniano" dalle colonne de L'Unità. Niente di strano quindi che il fronte padronale si sia sbizzarrito con tutto l'arsenale delle sue infamità su Castro e con ogni genere di invettive sanguinarie per Haiti, senza incontrare alcuna opposizione ufficiale, raccogliendo anzi qualche incoraggiamento progressista: "..l'uso della forza (è stato) finalmente autorizzato dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite" (R. Foa dalle colonne de L'Unità).

Così si difende la democrazia imperialista !

"Così si difende la democrazia", in questo modo titolava il "Sole 24 ore" del 17/9, a cui non sembrava vero di poter affermare con toni da "Radio Londra": "per la prima volta i marines sbarcheranno, se sbarcheranno, per abbattere un regime che con qualche approssimazione nel vecchio mondo avremmo definito fascista". Niente dubbi quindi, niente petulanze umanitaristiche, niente sospetti di "secondi fini" sull'intervento per "ristabilire la democrazia". Da una parte il "povero" Aristide, prova vivente della brutalità della giunta e degli intenti "pro-masse" dell'intervento; dall'altra parte un pugno di dittatorelli, inequivocabilmente ostili alle masse (lo diciamo concordando sull'ultimo concetto singolarmente preso, salvo aggiungere: e altrettanto inequivocabilmente al servizio degli sfruttatori interni ed esterni).

Mettendo nel cassetto quel tanto di sano odio antistatunitense che gli rimane, perfino Liberazione dubbiosamente commentava: "...certo, stiamo parlando forse del primo intervento nordamericano per ristabilire una democrazia nel continente" (?!). Se ci spostiamo più a sinistra, il fronte indifferentista non avrà certamente avuto perplessità su come lo scontro tra una giunta antipopolare ed i pari assassini statunitensi sia un "affaire" tra borghesi da lasciar deperire nel proprio brodo. Insomma, in questa vicenda: tanto lavoro dell'imperialismo, qualche imbarazzo a sinistra e niente opposizione. Male, anzi gravissimo. Ci permettiamo di rilevare in premessa come la tanto scontata visione dei fatti che emerge dalle citazioni sopra elencate, non sia il frutto della "inoppugnabilità" dei fatti stessi, quanto del totale rinfrollimento degli animi e dell'intelletto che accompagna la sinistra nelle vicende interne ed internazionali dello scontro di classe.

USA, Aristide, i golpisti e...il quarto incomodo, le masse haitiane

Sarà dunque utile richiamare, con un minimo di obiettività (....di classe), le premesse e le attuali vicende della questione haitiana.

Diamo per il momento per scontato, perché così è, che i generali e Cedras incarnano la ristrettissima cricca di famiglie che ha stuprato e stupra le masse haitiane in nome degli Stati Uniti. Dovrebbe essere altrettanto ovvia premessa per chi non è stipendiato dal Corriere della Sera, che Clinton e gli Usa hanno imperversato nell'isola spremendo fino alla morte gli haitiani (tre dollari lo stipendio dei disperati che lavorano per le multinazionali americane) e che il ritorno dei marines abbia gli stessi fini.

Al contrario di quanto viene falsamente propagandato, il cosiddetto ricambio democratico, che è approdato in seguito alla elezione di Aristide, non fu il frutto di e non significò una spontanea propensione statunitense a dismettere il proprio sfruttamento e protettorato sull'isola. La partenza di Duvalier fu organizzata per placare le sommosse che scuotevano il paese da vari anni. Un ricambio prodotto da un movimento reale della popolazione haitiana contro lo sfruttamento imperialista, e "sostenuto" nel tentativo di arginarne gli effetti.

Il ricambio democratico, ovviamente, non mutò sostanzialmente nulla e ripresero le lotte fino allo sciopero generale del 1987, che seguì l'arresto di alcuni responsabili sindacali. Lo scontro con i Tontons Macoutes si fece più duro fino a costringere i militari (fedeli rappresentanti degli USA) ad annunciare nuove elezioni. Nel 1990 le masse si mobilitarono per sorvegliare l'andamento elettorale e quando il giorno prima dell'investitura di Aristide un gruppo di militari prese il palazzo nazionale, decine di migliaia di diseredati insorsero armati, rischiando di far degenerare l'ennesimo ricambio democratico in un rivolta di massa "democraticamente incontrollabile", questo si un vero passo in avanti verso la radicale messa in discussione degli assetti economici dell'isola e dello sfruttamento imperialista. Aristide, che in qualche modo rappresentava l'aspirazione di queste masse, si impegnò nei mesi successivi a tranquillizzare gli insorti, a disarmarli, nella inveterata illusione di poter garantire paritariamente lo sviluppo dell'isola con "giuste" relazioni economiche degli USA. E questi ultimi, terrorizzati dalla possibilità di perdere il controllo dell'isola, hanno guardato (e diretto) sia i tentativi di Aristide di frenare ed immobilizzare la protesta, sia la contemporanea rivincita delle squadre paramilitari, che hanno provveduto ad attaccare organizzazioni sindacali e giovanili.

La deposizione di Aristide è stata il naturale epilogo della sua posizione mediana tra i veri protagonisti dello scontro: masse sfruttate ed imperialismo. Egli è rimasto sospeso tra i propri protettori statunitensi e le aspirazioni delle masse che lo avevano incoronato, stretto tra il contenuto esplosivo che l'insofferenza di queste masse produceva e produce nell'ambito della polveriera latino americana e l'obbedienza alle leggi imperialiste dei democratici sostenitori occidentali. Gli episodi successivi hanno dimostrato, per l'ennesima volta, come nessun compromesso possa essere più accettato dall'imperialismo, e come, soprattutto nella piccola e debole Haiti, esso costringa chiunque speri di mitigarne l'oppressione a dover scegliere la strada di una più radicale opposizione.

Si dà il caso che la giunta Cedras che ha posto fine all'"esperienza democratica" abbia essa stessa, dichiaratamente ostile agli interessi delle masse haitiane, preteso in proprio una parte dei dividendi della drastica operazione di "ripulitura" intrapresa non tanto ai danni di Aristide in sé quanto dell'incipiente organizzazione di massa che andava raccogliendosi attorno al suo nome. Un servizio agli USA, ma che richiedeva di essere ricompensato in solido, sia per soddisfare gli appetiti dei golpisti sia per tacitare quel tanto che basta la protesta sociale. Una complicazione ulteriore. Così, mentre le promesse di Aristide si spegnevano nel nulla e la sua opposizione agli interessi delle "cento famiglie" mostrava il suo volto vero nell'esilio in casa del padrone effettivo di quelle stesse famiglie, altri problemi venivano a porsi con l'entrata in scena del terzo incomodo golpista con le sue pretese di sedersi a tavola. Troppi pretendenti al banchetto imperialista! Ed è pur vero che ogni intemperanza di ras locali può, in quest'area, rivelarsi una pericolosa miccia, pronta a far saltare in aria la polveriera della rabbia anti-imperialista di massa. Grenada, Panama, oggi Haiti... Quante occasioni di interventi "per riportare la democrazia", cioè l'ordine imperialista! E, non dimentichiamoci soprattutto, che dietro queste fiammelle ce ne stanno ben altre, dal Nicaragua (presuntamente già "disciplinato", ma...) a Cuba. Questo sì che era il pericolo vero da esorcizzare, altro che un miserabile generalucolo haitiano!

Ancora una volta la collocazione delle borghesie locali nei confronti dell'imperialismo non è legata meccanicamente alla forma dei propri regimi politici, ma alla loro condiscendenza o meno verso la rapina imperialista ed alla possibilità/capacità di arginare la protesta sociale. Non sembri dunque assurdo che Aristide, pur essendo nato politicamente dietro la protesta sociale, abbia costituito, nella sua posizione di ostaggio in mano americana, un pericolo "sotto controllo" cui è venuto ad aggiungersi quello rappresentato della giunta "fascista" di Cedras. Quest'ultima si è trovata, suo malgrado (nel rivendicare i propri interessi antipopolari) ad ergersi come involontario ostacolo tra la necessità degli USA di normalizzare completamente l'isola e l'oggetto di questa normalizzazione: quelle masse che le verbali intemperanze anti-USA di Cedras rischiavano di aizzare più di quanto le sue azioni repressive potessero spegnere. E la cricca dei generali si è trovata così a dover perfino evocare (solo evocare) l'armamento di un popolo, deluso da Aristide, ma soprattutto fino al profondo delle sue carni istruito su quale destino riservi ad esso la protezione statunitense, pur di contrattare briciole di profitto in proprio nei confronti dell'imperialismo.

Questo innaturale connubio (peraltro non nuovo nella storia dell'America Latina) non si è verificato perchè è nell'essenza stessa di questi sottoprodotti del populismo caudillista (in paesi piccoli e privi di risorse come Haiti) preferire una vita da servi pur di non dover dar conto alle masse delle aspettative suscitate con la sfida all'imperialismo, ma ciò non toglie che vi sia stato uno scontro reale tra Cedras e Clinton nel quale era ed è quest'ultimo a rappresentare la normalizzazione più completa della masse haitiane. In realtà solo un cieco può non vedere quale destino di fame e repressione attende le masse haitiane sotto il tallone dei marines e come tutta la loro "pacifica invasione", tutte le condizioni sottoscritte dalla capitolarda giunta e da Aristide, prevedano al primo punto l'eliminazione di qualsiasi protesta sociale. Già a poche ore dallo sbarco è stata repressa la prima manifestazione e si ha notizia del primo morto, un manifestante in favore del ritorno di Aristide (evidentemente già la puzza di imbroglio è più che evidente a quei diseredati haitiani che si sono battuti per il ritorno dell'ex leader come sinonimo di reale liberazione dallo sfruttamento di cui rispondere direttamente ad essi e si ritrovano, invece, per l'ennesima volta dentro casa i berretti verdi; tanto evidente che i liberatori hanno sguinzagliato i soliti "ton-ton" per "ripulire" la piazza e sono ancora indecisi se richiamare in patria Aristide che, nonostante le sue buone intenzioni, potrebbe rinfocolare le aspettative dei diseredati haitiani).

Giù le mani da Haiti!

Non si trattava di dover scegliere il male minore (e sottolineiamo mille volte che il male peggiore è l'invasione statunitense), ma di comprendere che la eventuale resistenza anche della giunta Cedras non poteva esistere senza una mobilitazione/attivizzazione delle masse che sarebbe ed è l'unica condizione per contrastare l'imperialismo e scavare la fossa al fascismo locale. Si tratta di comprendere una volta per tutte che il prezzo pagato nei tentennamenti contro le aggressioni imperialiste è quello del disarmo morale e materiale delle masse oppresse ed una sconfitta dell'intero proletariato internazionale. La invereconda canea imperialista ha ottenebrato le menti fino al punto di arrestare fin nella gola dei migliori dei militanti di Rifondazione il più naturale ed efficace degli slogan: "Giù le mani da Haiti".

Questo è, e sarebbe stato il nostro slogan, ancor più se lo sbarco fosse stato contrastato da una resistenza popolare, financo diretta, formalmente e in prima istanza, dai vari Cedras, se questo mai fosse stato possibile... Come al solito non ci curiamo di chi si scandalizza di questa eresia (mentre non arrossisce di rabbia alla vista dell'ennesimo show televisivo da sbarco). Non ci curiamo dei banditi di Cedras perché quello slogan se effettivamente preso in carico dalle masse, qui in Occidente ed in America latina, avrebbe segnato sul serio la marcia funebre per i dittatorelli caraibici e la loro vena nazional-populista (cominciando, però, a far sentire la stessa musica ai locali campioni di "democrazia"...)

Purtroppo, l'ulteriore manomissione di Haiti che oggi si compie si realizza nel peggior modo (per noi), con un gioco triangolare tra parti diverse -ed anche conflittuali tra loro-, ma accomunate da uno stesso bisogno antiproletario: marines, Aristide, giunta. Tre forze unite nell'assicurare all'isola un ordine, il vecchio ordine. La prospettiva di un armamento e di un'insurrezione popolare è andata ad infrangersi dinanzi a questa mostruosità contronatura. L'invasione "pacifica" è passata senza colpo ferire non nell'entusiasmo della popolazione, che non c'è stato, ma nel suo sconcerto, nella sua impossibilità di trovare e darsi un punto di riferimento per una propria lotta di resistenza ed offensiva contro vecchi e nuovi padroni.

La situazione che ora si delinea nell'isola verrà scandita dalla possibilità/capacità degli sfruttati haitiani di contrastare l'invasione o quantomeno di mantenere viva la scintilla che ha animato le loro recenti mobilitazioni. Se questo non avvenisse, se anche ad Haiti, momentaneamente dovesse trionfare l'ordine imperialista, non potremmo certo accusare di inanità il piccolo popolo haitiano, perché proprio dai lidi in cui maggiore dovrebbe partire la lotta per la liberazione definitiva del proletariato internazionale dal giogo capitalista, giungono invece messaggi di capitolazione. Il gioco congiunto degli antagonisti Cedras-Aristide, entrambi nelle mani degli Usa, verrà utilizzato da questi ultimi per tentare di riportare l'ordine nell'isola (già Aristide pare abbia sottoscritto la creazione di una polizia locale allo scopo di reprimere le sommosse), e se il nome dell'uno o dell'altro dovesse ritornare come sinonimo di lotta all'invasione, ciò sarebbe solo il sintomo di una riattivizzazione della resistenza di massa. E nulla toglierebbe a quanto detto se gli USA dovessero decidere nuovamente di puntare, come propri vassalli, sulla giunta o su una parte di essa, anzichè su Aristide. In ogni caso, noi pensiamo che i margini di "democrazia" che gli uni e/o gli altri dovranno mostrare in questa fase di "concedere" serviranno non a chiudere la bocca alle masse, ma a sospingerle a nuove battaglie nel cercare a tastoni una propria via politica. Il che, concretamente, riaprirà il problema irrisolto e irrisolvibile per l'imperialismo di rapina più consenso (o silenzio) a suon di democrazia di facciata.

I nostri sforzi, quelli di tutti i comunisti, sono e dovranno essere rivolti alla denuncia senza quartiere di questa ennesima aggressione, nella certezza che il fuoco dell'insorgenza antimperialista troverà ulteriore alimento da questa "pacifica invasione", e che la stessa certa ripresa della mobilitazione del proletariato delle metropoli potrà essere aiutata solo riprendendo la battaglia per ripristinare il giusto senso internazionalista e di classe della lotta all'imperialismo.