Germania
La Germania, con un proletariato numeroso e concentrato, che meno degli altri ha subito gli effetti della ristrutturazione degli anni '80; con il sindacato più potente ed organizzato del mondo (suo asse portante la IGM, 1,8 milioni di iscritti), che nel pieno dell'offensiva antiproletaria di Reagan e della Thatcher strappava aumenti salariali e conquistava, nell'84, il principio delle 35 ore settimanali. Questo è l'osso che oggi deve cercare di rodere il capitale tedesco, questa è la vera grande "sfida del futuro" che esso ha, che noi abbiamo, davanti.
La rottura in profondità del "pacifico" rapporto capitale-proletariato si trasmette sulla struttura politica del paese, destabilizzandola (non senza analogie col caso italiano). I partiti tradizionali, CDU/CSU da una parte, la formazione "operaio"-borghese della SPD dall'altra, sono in crisi. Cresce enormemente la "disaffezione", come si suol dire, verso i "politici", irresoluti ed impotenti di fronte ai "problemi del paese".
Tradotto, significa che la borghesia cerca rappresentanze politiche più adeguate, e se del caso nuove, per azzannare l'osso di cui sopra. Che nel ceto medio cresce il bisogno di sicurezza e di ordine e sue fascie consistenti sfuggono al controllo del tradizionale blocco centrista CDU/CSU. Che pezzi crescenti di un proletariato scosso dai primi colpi subiti sfuggono alla SPD, annaspante ed in sostanza impotente dinanzi ad una crisi capitalistica che brucia giorno dopo giorno la credibilità delle classiche "alternative progressiste" dei socialdemocratici. Una crisi che rende incandescente la questione dell'immigrazione, mentre rimane del tutto aperta quella della parte orientale del paese, dove il capitale deve stornare ingenti risorse (e dovrà continuare a farlo per lungo tempo) costrettovi dalla capacità di mobilitazione e resistenza delle masse lavoratrici (capacità che non era affatto data per scontata, tutt'altro...).
Avevamo scritto ("che fare", n.26) che la borghesia tedesca è costretta a rompere gli indugi e scatenare l'attacco contro la classe operaia. Così è stato. Quella che non sarà una Blitz-Krieg, si è aperta.
Questa cronologia dello scontro di classe degli ultimi sei mesi dia il senso della portata delle operazioni in corso.
Aprile
Il padronato disdice i contratti per i metalmeccanici dell'Est, sottoscritti nel '91, in cui si prevedeva l'equiparazione dei salari con l'Ovest per il '94. Esso punta a non fissare una data per la parificazione della paga-base e ad ottenere una clausola dissolvente che consenta di uscire dal contratto ad ogni azienda in crisi. Tra gli operai orientali è unanime la volontà di rispondere con la lotta alla provocazione del padronato.
Maggio
Partono le lotte dei metalmeccanici dell'Est. Prima alcune decine di migliaia, poi centinaia di migliaia di operai entrano in sciopero. Nella seconda settimana di lotta anche gli operai dell'Ovest entrano in scena in solidarietà coi loro compagni dell'Est: è evidente che se l'affondo dei padroni sfondasse la linea debole orientale, esso non tarderebbe a ritorcersi contro la classe operaia occidentale. Il 13 maggio 300.000 operai sono in lotta in tutto il paese. Il 15, quando il conflitto si fa incandescente e minaccia di dilagare, sindacato e padroni raggiungono un'intesa.
Essa stabilisce che gli aumenti salariali previsti vengano diluiti e l'equiparazione con l'Ovest sia spostata al '96. I padroni ottengono pure di poter "uscire dal contratto" in caso di crisi, ma previo controllo e verifica sindacali.
Come nel caso delle contestazioni e delle bocciature del contratto da parte dei dipendenti pubblici nel '92, anche questo accordo è accolto con forti malumori dai lavoratori, ma non vi sono ancora la forza e le condizioni generali necessarie per proseguire la lotta rifiutando i compromessi a perdere siglati dai sindacati. L'accordo è il segno della fase nuova. Il tempo delle "progressive conquiste operaie" è finito. Ora, con le lotte non si strappa qualcosa in più, ma si contengono le perdite.
Il 26 maggio il Parlamento vota la modifica del diritto d'asilo, grazie all'appoggio della SPD (che si divide al proprio interno). "Non gode del diritto d'asilo chi entra nel paese da uno Stato membro della comunità europea o da un altro Stato terzo in cui sia assicurata l'applicazione della convenzione di Ginevra sui diritti dell'uomo", recita il nuovo testo costituzionale. In pratica, nessuno potrà raggiungere la Germania via terra per poi dichiararsi perseguitato politico e godere dell'assistenza statale come Asilanten.
Il gran capo dell'IGM Steinkuhler è costretto alle dimissioni a seguito della rivelazione scandalistica di una sua speculazione borsistica (stranamente emersa solo in questo periodo). La base operaia è costernata ed impone il licenziamento del segretario.
Giugno
Ennesimo attacco contro gli immigrati. A Solingen cinque turchi muoiono nell'incendio doloso della loro casa.
Questa volta la reazione della comunità immigrata è violenta: tutte le vetrine del centro di Solingen vanno in frantumi e per diversi giorni la città è teatro di duri scontri con la polizia ad opera essenzialmente della gioventù immigrata (che in molte parti del paese, come Berlino ed Amburgo, passa addirittura all'"offensiva") con l'appoggio di gruppi di giovani militanti di sinistra tedeschi.
Il tratto saliente di questa sacrosanta risposta è che essa avviene in nome della difesa della propria nazionalità, della propria dignità di popolo costretto a vivere in un paese straniero ostile. Nelle manifestazioni, cioè, non sventola la bandiera rossa di tutti gli sfruttati, ma la propria bandiera nazionale (turca o kurda, con una frattura ulteriore all'interno degli stessi immigrati).
Ciò è del tutto comprensibile, considerando che la lotta alla xenofobia ed al razzismo viene condotta dalle forze del movimento operaio ufficiale in nome del rispetto dei diritti umani, della democrazia, del totale interclassismo insomma e mai e poi mai in nome di un'unica classe, di un unitario interesse di classe in grado di affasciare proletari immigrati e tedeschi contro il comune nemico capitalista.
Sono alcuni degli stessi riformisti ad ammettere l'impotenza di questa linea. Sentiamo così Yilmaz Karahasan, responsabile per l'immigrazione dell'IGM, parlare del "clima avvelenato" dilagante nel paese e di come la causa della crisi venga artificiosamente fatta risalire agli immigrati "mentre il sistema economico capitalista e la politica del governo che appoggia le aziende sono esclusi dalle responsabilità". Inutile però chiedere ai dirigenti riformisti di trarre le conseguenze di quanto essi stessi ammettono...
Nei primi sei mesi del '93 il PIL segna un regresso del 3,2%, il più grave dal '75; la recessione è la peggiore del dopoguerra.
In questo clima, il cancelliere Kohl, con la delicatezza che gli è abituale, parla di una Germania "parco-giochi" dove si lavora poco e si vive al di sopra delle possibilità (inutile dire a chi ci si riferisce!). Kohl ribadisce che sono necessari tempi di lavoro più lunghi "per le macchine" e che occorre trovare un accordo per rendere più flessibile l'orario di lavoro delle "persone".
Il 23 giugno l'IGM annuncia ufficialmente un cambio di strategia. In poche parole: niente aumenti salariali per i prossimi rinnovi contrattuali oltre il tasso d'inflazione e recupero, invece, sull'aumentata produttività (le richieste saranno di aumenti dal 5 al 6%). In realtà, già da un anno perlomeno i salari non tengono il passo dell'inflazione.
Contemporaneamente 1700 uomini della Bundeswehr sono pronti a partire per la Somalia. La discussione al Parlamento vede la solita manfrina dell'opposizione che questa volta rinunzia però all'arma "radicale" di ricorso... alla Corte Costituzionale.
La questione militare, vale a dire l'uso della macchina bellica in funzione di difesa degli interessi dell'imperialismo tedesco, è, insieme alla questione operaia interna, una palla al piede del capitale tedesco. Vi è un gap da colmare: la penetrazione del capitale tedesco ad Est e gli accordi con la Cina, nel quadro di un sempre più marcato antagonismo con gli USA, impongono che a tempi non lunghissimi ci si doti di artigli militari liberi di agire laddove gli "interessi vitali del paese" lo richiedono. Più o meno, in tutto il mondo...
Luglio
Viene presentata la Finanziaria per il '94. "Il più massiccio programma di risparmio dalla crisi degli anni trenta", commenta il DGB, il sindacato confederale. Essa prevede una decisa picconata al sistema del welfare: vengono progressivamente tagliati i sussidi di disoccupazione, viene bloccata la rivalutazione del Sozialhilfe (l'assegno ai bisognosi -circa 500 marchi- di cui beneficiano 4 milioni di persone), vengono congelati gli stipendi dei dipendenti pubblici, aumentano diverse imposte sui consumi "popolari" (benzina, tabacco...).
Il riformismo, oltre a tacciare di "socialmente ingiusto" il pacchetto finanziario, lo avversa in quanto "controproducente in un'ottica economica" perché, impoverendo larga parte della popolazione, verrebbero ulteriormente gelati i consumi con inghippi per la macchina produttiva (solito leit-motiv riformista: si pensi qui alle analoghe posizioni di Rifondazione). Difficile pensare che anche questo blocco riformista politico-sindacale così moderato e "costruttivo" lasci smantellare totalmente il sistema del welfare state (fra l'altro il programma di drastici tagli ha dato fiato ad una contestazione di tipo localistico, che la SPD tenta di cavalcare, in quanto il fardello è largamente scaricato sulle spalle di Laender e comuni). Lo scenario di una nuova Weimar, dove la borghesia non riesce a sfondare le difese protettive del proletariato, mentre la situazione economico-sociale s'incancrenisce, si staglia all'orizzonte.
Il 13 luglio una parte della Finanziaria è approvata, mentre un secondo troncone (quello relativo al Sozialhilfe) dovrà passare al vaglio della Camera dei Laender, di cui i socialdemocratici detengono la maggioranza. Lo stesso giorno viene approvato il progetto di legge sulla flessibilità dell'orario di lavoro. "In molti settori di produzione sarà possibile arrivare senza problemi fino a 60 ore di lavoro alla settimana"(Da "Il Sole 24 Ore").
Agosto
I disoccupati salgono a 3,5 milioni (circa il 7% della popolazione attiva ad Ovest, il 15% ad Est). Le previsioni dicono che assommeranno a 4 milioni entro la fine dell'anno. Si comincia a parlare di una possibile mini-ripresa nel '94, ma, comunque, la riorganizzazione dell'apparato economico in corso taglierà fuori dalla produzione centinaia di migliaia se non milioni di proletari.
Come governare questo processo?
Il ministro dell'economia annuncia che il governo sta lavorando attorno ad un programma di contenimento della disoccupazione, puntando su opere pubbliche da eseguire avvelendosi di manodopera sottopagata. Dovrebbe essere creato un "secondo mercato del lavoro" con salari non superiori all'80% di quelli pagati in base ai normali contratti. Qualcuno ricorda al ministro che un tale progetto ricorda molto da vicino l'Arbeitsdienst a cui ricorse Hitler negli anni trenta per assorbire i disoccupati. Piccato, il ministro sottolinea una "sostanziale differenza": mentre nell'Arbeitsdienst la partecipazione ai lavori era obbligatoria, oggi l'"adesione" dei disoccupati al programma avviene su base "volontaria" (alternativa: mettersi in coda per un sempre più aleatorio Sozialhilfe).
Settembre
Il sindacato lancia le mobilitazioni di Gegenwehr (contrattacco) contro la Finanziaria e porta nelle piazze decine di migliaia di lavoratori. Il nuovo leader dell'IGM Zwickel spiega il senso della Gegenwehr: "l'ora è grave ed il suo imperativo è "contrattacco"; con le nostre azioni dobbiamo far ben vedere e sentire a tutti la nostra protesta contro i giorni di carenza, lo smantellamento dello Stato sociale", ma, inevitabilmente, incastona il tutto nel solito quadro di "salvezza nazionale" riformista: "il futuro dell'economia e la competitività in Germania richiedono sicurezza sociale, posti di lavoro sicuri, maggiore potere d'acquisto e redditi sicuri. Chi mette in pericolo tutto questo rende reali ed ingigantisce per primo i pericoli per l'economia tedesca".
Nella Ruhr i minatori rispondono con scioperi selvaggi e blocchi stradali al piano di ristrutturazione che prevede l'eliminazione di 20.000 posti di lavoro per la fine del '94 (su un totale di 80; nel '69 erano il doppio). Il carbone tedesco non è più competitivo e sino ad oggi il lavoro nelle miniere è stato garantito grazie ad ampie sovvenzioni dello Stato in nome della pace sociale. Un prezzo attualmente insostenibile. Gli inviti a tornare in miniera "per non danneggiare la produzione e peggiorare la situazione dell'azienda" ripetuti dai sindacalisti cadono nel vuoto. Ormai "lavorare bene" non offre più garanzie.
Anche all'Est, in Turingia, i minatori sono in lotta contro la chiusura dei bacini di sale potassico. Alcuni di essi occupano il Reichstag.
Annuncio storico della Gesamtmetall, l'Associazione degli Industriali metalmeccanici. Seguendo la tattica adottata in aprile per l'Est, essa disdice i contratti di lavoro che restano in vigore fino al 1° gennaio '94. Non era mai accaduto che fossero i padroni a prendere questa iniziativa. Oltre a puntare a rinnovi contrattuali "a costo zero", il padronato alza ulteriormente la mira: "Le 6 settimane di ferie per cui siamo campioni nel mondo, oltre ad essere pagate come giornate lavorative, vengono premiate con un supplemento del 50%. Dobbiamo riesaminare questi costi".
Ottobre
Continuano le agitazioni dei minatori della Ruhr, cui ora si aggiungono i siderurgici. A Duisburg è bloccata l'autostrada e viene occupato il municipio.
Inusitata uscita del vicepresidente della SPD Oskar Lafontaine, che mette al centro del dibattito precongressuale la ricerca di un programma "realistico e credibile" in vista delle elezioni federali. E' ormai impossibile per la SPD, egli afferma, limitarsi a brandire i tradizionali temi della "redistribuzione del reddito": "Bisogna frenare la crescita dei salari dei tedeschi orientali", bisogna fermare il processo che porta alla parificazione dei livelli di vita tra Est ed Ovest. "Solo decisioni impopolari possono aprire la strada agli investimenti".
Congresso straordinario dell'IGM.
In tutti gli interventi emerge chiara la coscienza della portata dello scontro e di come esso minacci la struttura stessa del sindacato e sconvolga i rapporti tra sindacato stesso, lavoratori e Stato. "Dietro i continui attacchi, le continue provocazioni contro il sindacato vi è l'intenzione di preparare il terreno per una nuova repubblica. Ora è il momento di serrare le fila".
Come e con quale prospettiva reagire dunque? Seguiamo il filo del discorso del segretario Zwickel.
1) "Non saremo certo noi quelli che andranno a placare gli animi dove regna una giusta indignazione. Noi restiamo un contropotere". Ma per essere contropotere dobbiamo elaborare delle alternative "intelligenti" di governo della crisi sociale.
2) Il sindacato riveste un ruolo essenziale per la stabilità del paese: "La RFT ha sempre avuto un vantaggio determinante nella competizione internazionale: una forza di lavoro qualificata unita ad un forte sindacato. Ed è su questa base che si deve costruire". Quindi: accettazione e sottomissione completa alle regole della "competizione internazionale" del capitale tedesco.
3) Le provocazioni padronali e la politica governativa vanno respinte in quanto minano quel pilastro operaio che è garante di stabilità e potenza del paese. Vi dev'essere una gestione "intelligente" della crisi evitando lo scontro (trattenendo gli operai dallo scendere in piazza e non certo i capitalisti dal fare il loro mestiere, cosa del tutto improbabile...). L'IGM avanza in proposito la proposta di "una moratoria contro ogni riduzione del personale", un impegno, cioè, a non ricorrere ai licenziamenti di massa, mentre il sindacato, da parte sua, s'impegna a "moderare le richieste salariali" (leggi: ad accettare la diminuzione del salario reale).
4) la questione della prospettiva generale a lunga scadenza cui collegarsi anche nei momenti di dura lotta difensiva va così posta: "Gli operai metalmeccanici, pur essendo notoriamente dei realisti, debbono conservare la capacità di avere utopie, devono poter sognare ed alcuni dei loro sogni devono tramutarsi in realtà".
Come si vede, il riformismo mostra davvero la corda. Esso si riduce in pratica ad augurarsi che quanto prima passi la buriana della recessione per riprendere il "normale" ciclo del capitalismo. Un tempo essi parlavano (la domenica, come i preti) anche di "socialismo", sia pur da raggiungere passo dopo passo, pacificamente, all'interno dello Stato. Ora, tutta l'"utopia" che riescono ad esprimere si riduce ad una petizione per una società "solidale" in cui anche "i poveri e i deboli" siano garantiti. Proprio mentre le pale della competizione internazionale impetuosamente macinano protezioni e garanzie vanificando tutte queste belle chiacchiere!
Novembre
Dalla Opel (49.000 dipendenti) viene un grave segnale d'indebolimento nella difesa organizzata di classe. Il Consiglio di fabbrica, per evitare i licenziamenti previsti, accetta la diminuzione del salario senza una parallela riduzione dell'orario. Il campanello d'allarme è raccolto dalla IGM nazionale: "Dobbiamo restare saldi e perseverare. Chi oggi cede incoraggia il datore di lavoro e indebolirà un domani il nostro potere di trattativa".
Congresso della SPD tutto proteso verso la conquista del centro. Il solito rebus sta nel dimostrare che farsi carico e gestire dal governo gli interessi del capitale si concili con la "necessaria protezione dei poveri". Una particolare attenzione è posta sul problema dell'unità del partito, in cui stanno incubandosi fratture e divisioni che sempre più difficilmente, in prospettiva, potranno ricomporsi.
Accordo alla Volkswagen. Fino al '96 l'azienda s'impegna a tenere nel cassetto le 30.000 lettere di licenziamento (il complesso conta 100.000 salariati). Dal 1° gennaio '94, in compenso, si lavorerà per 4 giorni alla settimana con una riduzione d'orario del 10%, ma l'azienda, in base ad un complicatissimo conteggio, riesce a ridurre il monte-salari del 20%, comprendendo gli oneri preventivati per i due anni a venire.
Tutto il campo riformista tira un sospiro di sollievo ed accoglie favorevolmente l'accordo, mentre il centro confindustriale si dimostra contrariato e replica che esso non è assolutamente generalizzabile nel paese. In effetti, le bocce, per così dire, rimangono ferme: la VW ottiene sì un margine di respiro, comprime sì i salari, ma non riesce a liberarsi dei lavoratori in esubero (non sarà così nei suoi stabilimenti spagnoli, dove sono in programma 10.000 licenziamenti!); dal lato operaio abbiamo un contenimento delle perdite (impensabile senza la presenza di una forza sindacalmente organizzata di questa stazza), ed è questo un elemento, nella bufera, "positivo". Il che non toglie che nei proletari della stessa VW vadano diffondendosi sentimenti di insicurezza e precarietà, mentre per altre aziende potrebbe andare assai peggio una volta che si è rinunciato al principio della vertenza generale.
Altro che "nuova possibilità di impiegare il tempo libero per essere più liberi" come vantano i riformisti!
Indubbiamente vi è un contrasto all'interno dei capitalisti tedeschi sul fatto se convenga portare l'attacco ancora più a fondo approfittando del momento di difficoltà ed incertezza del movimento operaio o se accontentarsi provvisoriamente dei margini (ampi) di disponibilità offerti dal sindacato.
La borghesia ha sotto gli occhi il quadro complessivo, economico e sociale, del paese e sente di non poter ancora tirar troppo la corda. Sa benissimo che l'organizzazione riformista non vuole la generalizzazione dello scontro, farà di tutto per scongiurarla perché non saprebbe come gestirla e che sbocco prospettare ad essa (lo si è visto chiaramente nel '92 durante il lungo sciopero dei dipendenti pubblici, chiuso malamente in un mare di contestazioni al sindacato), ma non può rischiare di tentare prematuramente di mettere il sindacato con le spalle al muro.
Uno sciopero generale sarebbe un disastro per la famosa "stabilità del paese", con delle ripercussioni, interne ed esterne, di enorme portata (immaginiamoci solo la faccia dei nostri leghisti e "nuovisti" che ci martellano con l'imperativo di doverci "collegare all'Europa moderna e avanzata" di fronte ad una Germania paralizzata dalla lotta proletaria; ed immaginiamoci anche e soprattutto la ricaduta sul nostro proletariato in termini di ripresa della conflittualità).
Per il proletariato tedesco, ora che la guerra di classe è cominciata, è importante difendere la propria compattezza organizzativa, evitare che le proprie linee difensive vengano travolte, che le lotte si svolgano in forma massicciamente unitaria e centralizzata, che le spinte alla concorrenza reciproca siano contenute e limitate al massimo.
Ma è importante altresì che nel fuoco delle lotte difensive si passi dai malumori e dalla rabbia confusa alla messa in discussione dei cardini stessi della politica riformista. Una corretta impostazione dei problemi sindacali richiama, per forza di cose, il tema della politica più in generale, del partito. I muscoli del proletariato hanno bisogno di un cervello proletario. Alla classe operaia tedesca non mancano certamente i primi; facendo i conti col presente ed il futuro che incombe e riandando alle proprie tradizioni passate è certo che saprà dotarsi anche del secondo.