Quest'estate ha visto, quasi in contemporanea, due distinti, e magari, nelle intenzioni di taluni, antitetici "viaggi apostolici": quello del capo della holding vaticana negli USA e quello dei "beati costruttori di pace", con aggiunta di beati rifondatori di "comunismo" con meta Sarajevo.
Il papa polacco (opportunamente scelto in quanto tale dalla provvidenza... capitalista nel momento storico in cui stava per scatenarsi lo sfondamento occidentale ad Est) è andato da Clinton a ricordargli che da lassù si è stabilito che spetta agli USA il ruolo di paese eletto ad applicare qui in terra i precetti evangelici e, pertanto, spetta ad essi di bombardare al più presto i serbi, in adempimento al comandamento cristiano cinque bis: "Uccidi chi ti intralcia".
Il tutto dopo aver fatto una rapida capatina tra i latino-americani a ricordare che lì è del tutto fuor di luogo la rivolta contro l'oppressione perché la liberazione dal comunismo già vi regna sovrana, protetta dalle cannoniere USA, dalla CIA, dal FMI...
(Non ci esprimiamo oltre su questa "teologia del dollaro" per non mettere nei guai il nostro direttore responsabile, ma prendiamo intanto atto con soddisfazione del fatto che la religiosità popolare mostra costì segni evidenti di sganciamento dalla piramide vaticana, ed è un segno di ribellione latente all'oppressione che va ricondotta coi piedi in terra, e lo sarà indubitabilmente).
I "beatini", "al contrario", si prefiggevano la meta Sarajevo per marcare il proprio rifiuto all'opzione militare. Ma, tanto per cominciare, hanno programmaticamente evitato di passare per la più transitabile Serbia, "per non dare alcuna copertura agli aggressori", che è già una bella scelta di campo, quantomeno a livello di apprezzamento della situazione (desumiamo questa e le successive notazioni da Liberazione del 20 agosto). A Belgrado -orrore!- si sarebbe putacaso potuto incontrare i rappresentanti di un sindacato di due milioni e mezzo di iscritti che non solo si è da sempre espresso contro la guerra, ma ha anche di recente proposto ai "colleghi" croato e sloveno uno sciopero generale congiunto per riaffermare l'opzione di pace, rivolgendosi direttamente anche a CGIL-CISL-UIL per averne un aiuto. Nel silenzio e nell'ostracismo più assoluto. Forse per sospetto di "jugoslavismo" o "nostalgia" -più probabilmente- di "classismo"? Giriamo la domanda ai beati rifondatori della troupe di "Mir Sada" ed a quanti qui "da sinistra" ci rimproverano di agitare un soggetto proletario che "non c'è"...
Quindi: passiamo per la cattolicissima Croazia, grande amore di certo don Albino, da noi più volte pubblicamente affrontato quando faceva lo sponsor "pacifista" di Tudjman & Co., ed oggi scelto dal PRC quale ammaestratore ufficiale sulla questione jugoslava alla festa nazionale di Liberazione. "Poter visitare (a Mostar) la cattedrale, con la vetrata di Cristo ridotta in briciole è un gran risultato". Altro gran risultato poter fare una puntata a Medjugorje, dove la Madonna è apparsa opportunamente a suo tempo per segnare l'ennesimo "antemurale della cristianità" (quando si dice la provvidenza!). Chissà se è stato un gran risultato anche ascoltare in chiesa l'omelia del vescovo croato magnificante le armi "cristiane"...?
Peccato che, prima ancora di poter fare da "interposizione di pace" tra gli opposti eserciti in lotta, non si sia neppure avuto modi di parlare con la gente. "A Mostar la gente avrebbe voluto parlarci, ma siamo rimasti chiusi in noi stessi". Proprio quella gente "che ha bisogno di essere abbracciata e coccolata" (!!).
Qui, però, la marcia si ferma perché andare avanti non è consentito od è troppo rischioso, anche se 58 impavidi proseguono, "sconfessati" dalla "direzione" ed arrivano a toccare Sarajevo, dove non sappiamo in quali "coccole" alla popolazione si siano profusi.
Di ritorno in Italia, qualche centinaio di superstiti si radunano intorno alle basi di Aviano, dove chiedono -inascoltati- di parlare col comandante in capo USA (per "convincerlo" a non partire? Siamo al paradosso ed all'iper-mistificazione!) e, intanto, esibiscono il proprio "programma di pace": un "vero intervento di pace" dell'ONU, della "vera" ONU, per prender "pacificamente" possesso della Bosnia e di tutti i Balcani. (Naturalmente non ci si esprime in questi termini brutali, e forse neppure li si accetterebbe in quanto tali, ma cosa significa concretamente che "la comunità internazionale (?), se veramente vuole impegnarsi per far cessare il massacro, può attivarsi per bloccare il commercio delle armi (buona questa!, n.) e utilizzare forme di pressione basate su programmi di cooperazione economica, sociale ed umanitaria condizionate alla cessazione delle ostilità"? Sono proprio questi programmi che hanno messo a ferro e fuoco la Jugoslavia!)
Il giornalista di Liberazione A. Nicotra, in un eccesso di "estremismo", arriva a dire: "la logica dell'Occidente conosce solo la guerra come strumento per fermare la guerra". Noi poverini credevamo che di fermare le guerra non gliene importasse un bel nulla, trattandosi invece di suscitarla dappertutto. Ma tant'è, si vede che siamo rimasti alquanto indietro...
Per noi obsoleti marxisti pace adesso significa guerra di classe adesso, qui e dovunque.Significa attivizzazione, qui e dovunque, del proletariato contro il capitalismo. Significa lottare incondizionatamente contro ogni e qualsiasi forma di interventismo dell'Occidente (di cui la pretesa "comunità internazionale" non è che un sinonimo ingannevole) e non proporne forme alternative, perché è proprio la forma sociale capitalista che va tagliata alla radice. I proletari jugoslavi sono potenziali nostri fratelli in questa lotta senza confini e ad essi ci rivolgiamo, senza "coccole", ma con rustici appelli e concrete azioni di solidarietà militante.
Se si decampa da questa via, ogni vuoto appello di "pace adesso", quali che siano le intenzioni ed i sogni di chi vi fa riferimento, significa bombe adesso od una "pace" ancor peggiore delle bombe. Ed aggiungiamo solo che di fronte a simile scempio non ce la sentiamo tanto di prendercela coi preti, che fanno il loro mestiere, e lo fanno bene, ma coi preti della "sinistra" incapaci di sollevare la bandiera del marxismo e che, per salvare un pò di faccia "alternativa", sono costretti ad attaccarsi alle tonache ed a chiamare il "proprio popolo" a fare altrettanto.