CROTONE: QUANDO LA CLASSE OPERAIA NON E'
Da oltre 10 anni, necrofori di ogni risma e razza, più o meno direttamente interessati ad una sconfitta storica della classe operaia, si sperticano per sancirne il decesso, per dichiararla estinta all'anagrafe della storia. Vomitando fiumi di veleno antioperaio e stupidaggini sul "superamento della lotta di classe" sono andati celebrando inni di lode al capitalismo. Ma la storia delle classi sociali è tremendamente più vera e più reale dei desideri degli affossatori del Comunismo.
Nella prima decade di settembre '93 -ad un anno dal grande movimento di classe in risposta all'attacco del governo Amato- i lavoratori chimici della Enichem di Crotone si guadagnano le prime pagine di tutti i giornali. La borghesia italiana si dimostra seriamente preoccupata dall'esplosione della rabbia operaia e soprattutto dall'esempio che essa potrebbe rappresentare per gli altri lavoratori. I veri borghesi capiscono la differenza tra la punta di un iceberg ed un cubetto di ghiaccio, ma... calma signori, non siamo ancora all'assedio di Palazzo Chigi, il bello è tutto da venire, e "se il buon giorno si vede dal mattino", ... avete di che stare allegri.
Ciò che rende "iceberg" e non "cubetto" la vicenda di Crotone non è certo la massa d'urto numerica degli operai scesi in lotta nè solamente la fortissima determinazione e la combattività dimostrate dalla lotta, ma il fatto che essa si inscrive in una fase di acuta crisi del capitalismo, tanto a scala nazionale quanto internazionale; in una fase che non consente più ampi spazi di mediazione; in una fase in cui la classe operaia, dopo le splendide lotte dello scorso autunno, sembra ripresentarsi per nulla vinta e battuta ai necessari appuntamenti di lotta.
Gli operai da licenziare sarebbero 333 su 500 in una fabbrica che, come migliaia di altre fabbriche dei più vari settori, ha subito un vero e proprio stillicidio negli ultimi venti anni ad opera della concorrenza internazionale.
Ragioniamo. L' Enichem ha la possibilità di comprare il fosforo già raffinato, potendo contare sui bassissimi salari in Russia, a 5 o 6 cento lire in meno per chilogrammo. Conviene tenere aperti gli impianti di Crotone o comprare il fosforo per poi rivenderlo? E per poter tenere bassissimi i salari in Russia sono o no utilissimi certi governi "eltsiniani" "democraticamente aperti" verso l'occidente e rispettosi delle sacre leggi del mercato? Un mondo così grande reso così vicino dai meccanismi del capitalismo!
Ma i capitalisti degli altri paesi imperialisti come Francia, Canada e Germania - sempre per stare ad un solo esempio - non sono più fessi di quelli italiani, si sentiranno a giusta ragione spinti a fare la stessa cosa: correre in Russia, comprare il fosforo, ... incoraggiando a loro volta gli Eltsin di turno ad andare avanti sulla strada della democrazia (tradotto: della mano d'opera a basso costo).
Se consideriamo poi che l'Enichem ridurrà l'acquisto di fosforite dal Marocco.....tre piccioni con una fava!
Crotone, dunque, un "fatto meridionale"? "Ma mi faccia il piacere...", direbbe Totò.
La lotta degli operai della Enichem, così come tutte le lotte che la nostra classe è costretta ad ingaggiare, è un anello di quella infinita catena dello scontro tra borghesia e proletariato a livello internazionale.
A noi - in Italia - spetta il compito di comprendere e di indirizzare verso la prospettiva di una generale lotta del proletariato per il Comunismo ogni azione di resistenza di spezzoni della classe operaia e delle masse oppresse del sud del mondo, con la consapevolezza che le difficoltà che abbiamo di fronte - e che più di noi ha la classe operaia - sono grandi, ma non sono insormontabili.
La crisi economica spinge i vari settori sociali al loro posto di combattimento, allo schieramento contrapposto.
" ...è giusta qualsiasi iniziativa in difesa del proprio posto di lavoro... Resistete, e costruiremo assieme una generale mobilitazione per far capire a tutti che le arroganze e il malcostume di chi ha creato queste situazioni non possono essere scaricate sulla nostra pelle..." dichiarano gli operai della Maserati in una lettera indirizzata agli operai di Crotone pubblicata dall'"Unità". E a fianco agli operai di Crotone sono scesi in lotta gli altri lavoratori della zona convinti giustamente che la sconfitta di un nucleo importante di lavoratori, come quello di Crotone, rappresenterebbe un indebolimento anche per loro e significherebbe un segnale di scoraggiamento per tutta la classe operaia italiana.
La borghesia chiama a raccolta, galvanizzandoli, i settori sociali più vicini a sé, l'accolita dei ceti medi disposti a scatenarsi contro la classe operaia. Dalle colonne dei maggiori quotidiani italiani oramai c'è una vera e propria chiamata alle armi (in alcuni casi anche in senso letterale) contro la resistenza della classe operaia, contro la sua capacità di organizzarsi e di lottare.
Viva la chiarezza degli ultrareazionari della Lega di Bossi che usano il vecchio linguaggio dei padroni del vapore, che vorrebbero la totale libertà sulla mano d'opera e gli operai resi individui alla mercé del proprio padrone. Viva la chiarezza del presidente della Confindustria Abete che rivendica la necessità, per "battere la concorrenza internazionale", di avere una classe operaia smembrata e priva di qualsiasi riferimento politico organizzativo di classe, con la reintroduzione delle gabbie salariali e la totale mobilità della forza lavoro. Gente che parla chiaro questa: la crisi la devono pagare gli operai!
Ma attenti signori: davanti a voi non avete il vuoto! La classe operaia ha dimostrato, da ultimo proprio a Crotone, di saper opporre forza a forza e chiamare intorno a sé, con la sua lotta, i propri naturali alleati.
La partita quindi è appena agli inizi, è tutta da giocare.
Da una parte ci sono le leggi del mercato capitalistico con vari strumenti a sostegno: stato, governo, organi di informazione, partiti della borghesia e fetenzia menando; dall'altra ci sono le necessità di milioni di operai, disoccupati, masse sterminate oppresse: non c'è da "capire", c'è da "schierarsi"!
La dura lotta degli operai di Crotone costituisce un segnale straordinariamente incoraggiante che non deve essere lasciato cadere. Gravissime a tal proposito sono le responsabilità dei vertici del sindacato che ancora una volta sezionano la risposta operaia, esponendo i lavoratori alla debolezza delle singole vertenze. Così come gravissima è la responsabilità dei dirigenti riformisti come Occhetto, che di fronte alla sacrosanta protesta degli operai di Crotone non trova di meglio che dichiarare: "...I gravissimi incidenti di Crotone sono solo un preavviso di ciò che potrebbe accadere nel Meridione, in una situazione come questa, non si possono escludere forme di jacqueries meridionali, e il vecchio sistema di potere potrebbe avere interesse a soffiare sul fuoco...".
La posizione di Occhetto e Trentin suona più come un "avvertimento" alla lotta operaia piuttosto che la denuncia di un certo meridionalismo populista.
Non saremo certo noi a nascondere tutte le difficoltà che sono insite in queste lotte (al Sud come al Nord) e meno che mai ci nascondiamo le molteplici illusioni che i lavoratori possono nutrire circa gli "alleati" da mettere in campo: la chiesa, il ceto medio falcidiato dalla crisi, i partiti della vecchia nomenklatura e così via, tutto un merdaio che agisce per narcotizzare la classe operaia e per pugnalarla alle spalle al primo segno di debolezza.
Ma la conditio sine qua non perchè certe illusioni vengano bruciate sta nella lotta e solo nella lotta, nella sua estensione, nel suo rafforzamento, nella sua unità.
Se nello scorso autunno fu proprio grazie alla grande mobilitazione dei lavoratori che si potè contenere e rallentare il violentissimo attacco che ci veniva portato, oggi, per quanto brutto sia, l'accordo che si profila sulle sorti dei lavoratori di Crotone non sarebbe stato neanche pensabile senza questa durissima battaglia. Nel momento in cui scriviamo siamo in attesa del risultato delle votazioni sull'accordo raggiunto tra organizzazioni sindacali, governo e azienda. Il cocktail di provvedimenti è il solito: prepensionamenti, contratti di formazione, mobilità e piani fantasma di reindustrializzazione e, come sempre, lo scorporo della trattativa Enichem da quella per la Pertusola (è previsto un incontro per quest'ultima l'8 ottobre prossimo). Giusto, quindi, il sentimento di insoddisfazione che serpeggia fra i lavoratori che sono stati protagonisti di questa importante lotta circa tali risultati. Ma indipendentemente da ciò che prevarrà nelle votazioni operaie (ci pare probabile una accettazione "obtorto collo"), questo sentimento non deve trasformarsi in sfiducia ma nella consapevolezza di trovarsi appena agli inizi di una battaglia che non vede, non deve vedere gli operai calabresi in lotta soli difronte ai problemi delle proprie rispettive aziende. Al contrario la lotta di Crotone è parte fondamentale della più generale battaglia per l'occupazione, per la costruzione di una "...generale mobilitazione operaia contro i licenziamenti e contro l'intero attacco capitalistico della borghesia italiana" (sono gli operai della Maserati di Milano a parlare).
Gli operai di Crotone hanno dato il loro contributo, alla classe operaia tutta il compito di raccoglierlo ed estenderlo.