L'Organizzazione Comunista Internazionalista ha, in coerenza con la sua impostazione teorica e strategica, una pratica costante di intervento politico che non si limita alle pubblicazioni e alle riunioni inteme, ma che si rivolge direttamente al proletariato pur quando non emergano, all'immediato, segnali di mobilitazione e di lotta. In conseguenza di ciò, tutte le nostre sezioni svolgono una presenza, a intervalli relativamente brevi, dinanzi alle principali fabbriche delle città in cui siamo presenti (Torino, Milano, Roma e Napoli), con la distribuzione di volantini e la vendita del "Che Fare" o di altro materiale a stampa.
Nel nostro bagaglio politico è compresa la dialettica visione che considera la formazione della coscienza rivoluzionaria delle masse come un prodotto dell'incontro tra movimento reale -sia come esperienza diretta di mobilitazione e di lotta che come precipitare oggettivo delle contraddizioni del capitalismo- e programma comunista. Per questo motivo l'impostazione dei nostro intervento non è mai orientata ad una propaganda dei principi o dei programmi teorici avulsa dallo stato dei movimento di classe, ma assume quest'ultimo, e l'orizzonte reale dello scontro tra proletariato e borghesia, come punti di partenza in relazione ai quali formulare gli indirizzi marxisti di mobilitazione e organizzazione della classe.
In conseguenza di ciò abbiamo avuto nel movimento di autunno-inverno contro il governo Amato una presenza continua. oltre che dinanzi le fabbriche già raggiunte precedentemente, anche in tutte le occasioni di incontro di massa (manifestazioni, cortei, non solo quelli legati direttamente alla lotta contro il governo, ma anche, per esempio, quelli sul problema della casa o quelli dell'8 marzo, ecc.) o più limitate (assemblee pubbliche del movimento dei Consigli, dibattiti di organismi o gruppi che avessero una qualche influenza reale sul movimento generale o, comunque, in ambito operaio).
Il nostro intervento è stato, ovunque, volto a:
1 . denunciare l'attacco a tutto campo (non solo sul piano economico-sociale) di governo e Confindustria, come frutto di una crisi capitalistica internazionale e non certo causata dalle ruberie (peraltro vere) e dalle incompetenze (presunte) di politici" e "padroni";
2. indicare la necessità di costituire un argine di difesa da quell'attacco con un movimento di lotte esteso, generalizzato, organizzato;
3. porre in rilievo le inconseguenze e le incongruenze di una linea sindacale che, assumendo l'orizzonte delle "compatibilità dell'economia nazionale", porta, inevitabilmente, a cedimenti continui, da cui la classe nulla ha da guadagnare e tutto da perdere;
4. sollecitare un protagonismo attivo da parte operaia su tutto l'arco delle questioni, come unico reale modo per "controllare" da vicino gli attuali vertici sindacali e politici del movimento e, prepararsi, con il maturare delle condizioni generali, a sostituirli e a ricostruire dalle fondamenta l'organizzazione di classe.
Nel corso di questo periodo di mobilitazione abbiamo concentrato la nostra attenzione e la nostra attività sui momenti generali dello scontro di classe, senza per questo trascurare, nei limiti delle nostre possibilità, alcune lotte particolarmente acute e significative anche se parziali, come quella messa in campo dagli operai dell'Alenia del napoletano.
Sul movimento dell'autunno-inverno contro il governo Amato e sulla situazione dei rapporti di classe in Italia, abbiamo inviato un rapporto in inglese a tutti i nostri corrispondenti esteri con cui esiste un rapporto di scambio della stampa. Anche questa è una pratica che abbiamo costantemente seguito ogni qual volta le vicende italiane hanno assunto, non solo per l'aspetto informativo ma anche per i riscontri politici, un interesse più generale.
Anche sui temi dei referendum del 18 aprile, il nostro intervento è stato continuo e diffuso, oltre che con i volantini e la partecipazione a parecchi dibattiti, anche con un manifesto che è stato affisso in alcune delle principali città italiane.
Nella nostra propaganda abbiamo denunciato il complessivo progetto borghese di riorganizzazione dello stato, di cui il cambiamento delle regole elettorali è parte, come un progetto rivolto essenzialmente a blindare lo stato rispetto alle lotte ed alla organizzazione sindacale e politica dei proletariato. Nello stesso tempo abbiamo tentato di mettere in luce i gravi rischi contenuti nelle aspettative, proprie di molti operai, di poter usare il sistema maggioritario per realizzare una "alleanza delle sinistre" capace di andare al governo. Infine, in altemativa sia allo schieramento del Si che a quello del No, abbiamo prospettato come unica soluzione utile a rafforzare il proletariato la difesa senza cedimenti, da parte della classe operaia, delle proprie postazioni di lotta e della propria organizzazione, una difesa che -al pari dell'attacco portato dal padronato- ha il suo centro al di fuori del terreno elettorale ed istituzionale.
Pur dedicando in questo periodo molte delle nostre modeste forze ai temi di carattere "interno", non abbiamo mai tralasciato di seguire con la massima attenzione gli sviluppi dello scontro di classe a livello internazionale. Questa attenzione ci deriva dalla convinzione teorica e politica della unitarietà della lotta di classe nei vari paesi, sia per la struttura del capitalismo, sia per l'opera stessa dell'avversario di classe. E' quanto mai urgente che la classe operaia inizi ad entrare nel vivo delle questioni internazionali e ad avviare i suoi primi momenti di collegamento a livello internazionale, se vuole contrastare efficacemente l'opera della borghesia che spinge, in modo sempre più aperto, per determinare spaccature e vere e proprie contrapposizioni tra sezioni nazionali" del proletariato.
Il caso della ex-Jugoslavia è il più evidente a questo proposito, vuoi per la vicinanza con il proletariato europeo, vuoi per l'ulteriore "passo innanzi fatto dall'imperialismo nella I otta per sottomettere al suo giogo un proletariato in precedenza forte e coeso, dopo averlo sufficientemente frantumato e disperso.
La nostra attività su questo tema si è espressa, oltre che nei volantini e nella stampa di un opuscolo (in lingua serbo-croata, oltre che in italiano), anche nella stampa di un appello (in italiano, in inglese e in serbo-croato) rivolto al proletariato della ex-Jugoslavia, nonchè in una serie di interventi -in alcuni casi su inviti espliciti degli organizzatori- a dibattiti ed iniziative di mobilitazione tenutesi a Milano, Roma, Rimini, Aviano, Padova, Pordenone, Sassuolo, ecc.
L'attenzione verso le nostre posizioni di analisi e di proposta politica sulla questione jugoslava è stata ovunque considerevole a riprova dei fatto che, nonostante il panorama rimanga, sia in ambito proletario che tra le avanguardie "comuniste", piuttosto negativo, sta maturando la necessità di porsi sul terreno di discussione delle questioni internazionali e di tessitura dei primi legami internazionali di classe.