Germania

LA BORGHESIA TEDESCA E' COSTRETTA
A ROMPERE GLI INDUGI

Indice


Il tempo dell'attacco pesante contro il mondo del lavoro salariato è arrivato anche in Germania. 1 lavoratori dell'Ovest con le decise lotte della primavera '92, sorprendendo gli stessi vertici sindacali per la loro volontà di lotta ed indisponibilità a subire sacrifici, hanno respinto il primo tentativo diretto di affondo da parte padronale teso a scaricare sui salari i costi della riunificazione e, strategicamente, diretto a scompaginare l'organizzazione e la capacità di lotta della classe operaia.

Un "onorevole compromesso" fra borghesia e proletariato ha chiuso quella prova di forza con un sindacato pienamente conscio della gravità del momento e delle necessità del capitalismo tedesco, ma che non può subire passivamente i diktat padronali anche solo per opporre un rilancio della politica di cogestione della crisi.

Paradossalmente, quindi, la dimostrazione di forza degli operai tedeschi ha portato le organizzazioni sindacali ad inchiodare ancora di più la loro politica al "realismo", alla "ragionevolezza", all'attenzione estrema verso le compatibilità del sistema onde evitare di far partire movimenti di lotta che poi risultano difficili da gestire e bloccare.

Esemplarmente chiaro a riguardo il bilancio delle lotte tratto da Monika Wulff. a capo dell'OeTV protagonista degli scioperi di primavera: "...forse abbiamo chiesto troppo, abbiamo illuso i nostri iscritti con la lotta non possiamo far cadere il governo". Per cui occorre bandire ogni radicalismo per non illudere i lavoratori con degli obiettivi che per essere raggiunti (si pensi agli aumenti salariali del 9-10% che erano stati lanciati) implicano l'ingaggio d'i una dura lotta di classe, mettendo così a repentaglio l'economia nazionale, l'ultima cosa che il sindacato desidera. Al contrario, la difesa degli interessi dei lavoratori si attua in questa fase di crisi accettando il "patto di solidarietà", opposto all'intransigenza dei padroni, veri fomentatori dello scontro sociale.

Del resto, fin dai caldi giorni di lotta, la IGM, il decisivo sindacato metalmeccanico, ha segnato la linea di ripiegamento (di realismo loro dicono) siglando un contratto della durata di 21 mesi in cui gli aumenti salariali erano sì del 5,4% per il 1992 ma si fermano al 3,4% per il 1993. Chiaro che questo è il livello, pienamente dentro le compatibilità come richiesto dal trio padroni-Governo-Bundesbank (e per la prima volta sotto il tasso di inflazione!) a cui tutte le categorie saranno chiamate ad adeguarsi (1).

Verso un'offensiva decisa

Il fatto è che con l'aggravarsi della situazione economica, con l'onda recessiva che ha investito anche la Germania (la definiscono per il momento "blanda recessione"), l'acuirsi a tutti i livelli della competizione fra gli stati imperialisti impone alla borghesia tedesca di andare ben oltre gli "onorevoli compromessi" coi proletariato.

Ad Ovest il rallentamento della macchina produttiva è brusco. Si è passati da una crescita del 4,5% nel 1990 (il miglior risultato degli ultimi 14 anni, in piena eccitazione per la riunificazione), al 3,6% nel 1991, ad uno stentato 0,8% nel 1992 con una prospettiva di crescita zero se non di una "crescita negativa" per il 1993. Ad Est la "crescita" della produzione, dopo la caduta verticale e drammatica rispetto ai livelli della ex-RDT, si cifra attorno al 5%, cioè circa la metà di quanto era stato messo in preventivo. Ciò comporta che il flusso di sussidi ed assistenze dello Stato verso il proletariato tedesco-orientale dovrà rimanere ad un livello ancora superiore rispetto alle speranze del capitale per non far deteriorare in maniera incontrollata la situazione sociale nei nuovi Laender.

Una tale frenata dell'economia significa oltre che una pesante minaccia all'occupazione, fenomeno ora tangibile anche ad Ovest, una grave contrazione delle entrate fiscali (si calcola che ogni punto percentuale di crescita frutti un gettito fiscale attorno ai 7 miliardi di marchi) proprio nel momento in cui la macchina capitalistica statale ne ha più bisogno che mai. In questo quadro, e con l'ulteriore complicazione di non poter gravare le classi borghesi di un peso fiscale eccessivo per non raffreddare ulteriormente la domanda, non è difficile valutare come l'attacco allo stato sociale ed al salario non può più essere dilazionato o condotto a piccoli passi con la tattica della "guerriglia" sin qui tenuta dalla borghesia tedesca.

Il gigante tedesco non vuole vincoli

Ma non sono solo le pressanti determinazioni economiche a far stare il capitalismo tedesco maledettamente stretto dentro gli "onorevoli compromessi" che gli ha imposto sin qui il peso del proletariato. E' anche l'asprezza della competizione interimperialista. La borghesia tedesca, le cui grinfie attanagliano il proletariato di tutto il "giardino di casa" del vecchio Reich (l'arco dei paesi che va dalla Balcania agli stati baltici passando per i territori dell'ex-Urss), deve dotarsi di tutti gli strumenti necessari in fatto di politica internazionale, Deve dotarsi adeguatamente, ed alla svelta, per l'aggressione esterna ed interna.

Non è pensabile che un tale colosso economico finanziario possa rimandare oltre la sua scesa in campo politico-militare a livello mondiale. Mentre i nordamericani manovrano e colpiscono contemporaneamente in Somalia, in Iraq, nell'ex-Jugoslavia; mentre il Giappone si è sbarazzato rapidamente della Costituzione che gli impediva di operare militarmente fuori dai propri confini: mentre inglesi e francesi non mancano di aggiungere i loro colpi laddove la bisogna imperialista richiede la punizione dei paesi e dei popoli oppressi; mentre lo stesso miserabile imperialismo italiano muove le sue truppe per ritagliarsi il proprio spazio vitale dall'Albania al Mozambico: in questo contesto, l'imperialismo tedesco deve ancora passare attraverso le sue anacronistiche pastoie parlamentari-costituzionali per mandare una nave da guerra ad incrociare al largo delle coste jugoslave, dovendosi sorbire, per giunta, le impotenti ed ipocrite rampogne dell'opposizione socialdemocratica (la cui originaria "opposizione" all'invio della nave da guerra è stata quella di un ... ricorso... alla Corte Costituzionale).

Dalle stesse fila democristiane cresce la contestazione alla prudenza ed all'attendismo di Kohl. Il "grido di dolore" del dimissionario ministro delle poste Schwarz-Schilling: "mi vergogno di appartenere a questo governo!" per l'eccessiva cautela nell'intervenire direttamente in Jugoslavia (e nel colpire direttamente il proletariato interno è proprio di una fetta sempre più consistente di borghesia sempre meno paziente verso le lungaggini parlamentari ed i cavilli costituzionali sollevati dall'opposizione socialdemocratica ed in cui si attarda la stessa compagine governativa di Kohl. Questo "grido di dolore" della borghesia tedesca è un grido di guerra lanciato contemporaneamente al nemico di classe interno, al proletariato internazionale ed è una sfida ai concorrenti imperialisti.

A modo loro sia le dirigenze sindacali che l'opposizione SPD avvertono e riprendono questa incombenza dell'imperialismo tedesco, sforzandosi di adeguare le loro strategia ai suoi interessi, cercando di conte nere e gestirne gli effetti sul proletariato; badando, finché è possibile, a non perdere il contatto e il controllo sulla sua massa decisiva. Di fatto stanno già attuando il "patto di solidarietà", la collaborazione sostanzia le coi governo Kohl: i sindacati hanno messo la museruola al movimento di lotta della primavera '92, si sono piegati al contenimento salariale per il '93, hanno indirizzato le mobilitazioni contro il razzismo e la xenofobia sui più smaccati binari interclassisti della difesa dei diritti umani e della democrazia tedesca, il cui buon nome sarebbe messo in discussione dagli estremisti di destra, marciando su questo tema quasi a braccetto coi padronato. Da parte sua la SPD ha dovuto convocare un congresso straordinario a metà novembre in cui, oltre a dare il via libera alla modifica del diritto d'asilo, per cercare di sbarrare le frontiere del paese, ha assentito alla possibilità di impiego di truppe tedesche in operazioni militari fuori dai confini, seppur con una moltitudine di "distinguo" e di "vincoli" tanto ipocriti quanto, per il momento, sufficienti ad accontentare la riottosa sinistra interna

L'adeguamento del blocco "operaio"-borghese alle necessità dell'imperialismo sarà forse sufficiente a contenere l'impazienza della borghesia nel breve periodo, ma in una prospettiva più lunga esso non basterà: i movimenti del capitalismo tedesco risultano essere ancora troppo impediti.

Giusta mentalità borghese...

In realtà. l'accelerazione della crisi internazionale. pone la borghesia tedesca nella necessità di affrontare a ritmi anch'essi accelerati il cuore della questione: l'aggressione decisa alle condizioni di vita. alla compattezza, all'organizzazione del proprio proletariato, vero pachiderma all'interno del serpente capitalista centro-europeo. Per il capitale i lavoratori tedeschi sono troppo protetti dal Welfare. guadagnano troppo e lavorano poco, laddove la caduta delle barriere può permettergli di mettere a profitto una forza lavoro che nei territori a Est dell'Oder costa da 1/10 a 1150 di quella metropolitana. Sul giornale dei padroni italiani ("Il Sole 24 Ore" del 8.1.93) gli "specialisti" spiegano come "per tutti" occorra cambiare registro, cambiare "mentalità": "La Germania è diventata un paese dove il capitale è insufficiente e la mano d'opera eccessiva, dove il valore del capitale umano e il valore del singolo individuo rischiano di crollare con conseguenze che normalmente risultano accettabili solo in periodi di guerra ......

La borghesia tedesca ha fatto in fretta a darsi la "giusta mentalità" da periodo di guerra. Dopo che ha dovuto subire il compromesso di primavera è tornata immediatamente alla carica contro la classe operaia con una serie ininterrotta di attacchi, tanto che lo stesso gran capo dell'IGM Franz Steinkuhler tuonando contro il padronato lo ha definito essere "come ai tempi del Kaiser". Sono fioccate e fioccano le minacce di smantellamenti "causa l'eccessiva rigidità degli operai tedeschi" e relativi licenziamenti. E' partita una campagna sull'assenteismo dei lavoratori e per il non pagamento del primo giorno di malattia (conquista strappata con aspre lotte alla fine degli anni '50). Più pressante è la richiesta di una maggiore flessibilità negli orari di lavoro, fino a rimettere in discussione la conquista delle 35 ore (che dovrebbe attuarsi pienamente nel '95) strappata con la battaglia del 1984. Ma. soprattutto. è partito un pericolosissimo attacco per "l'apertura del contratto di lavoro". ovvero la richiesta, in caso di necessità, che per ora i padroni limitano alle imprese della Germania orientale, di non rispettare in tema di nonne di lavoro, salario, orario, quanto sancito (cioè imposto con la forza della classe) nel contratto nazionale.

... e giusta mentalità proletaria

Tutti questi attacchi hanno trovato una pronta e massiccia risposta da parte della classe operaia. Centinaia di migliaia di proletari hanno cominciato a farsi anch'essi "la giusta mentalità" rispondendo con la parola d'ordine "non rinunceremo senza lottare a quello che abbiamo ottenuto combattendo" agli attacchi padronali. Gli stessi vertici sindacali che hanno bloccato le lotte in primavera, che accettano il contenimento salariale, che impongono agli operai il "patto di solidarietà" non possono esimersi dal guidare e cavalcare le forti risposte di lotta da parte proletaria arrivando a minacciare nei comizi "autunni e inverni caldi" se i padroni non cambiano registro.

Organizzazione sindacale, e blocco "operaio"-borghese nel suo complesso, rischiano così di trovarsi a essere uno strumento inadeguato per le necessità dell'ora del capitalismo tedesco, cosi come sono uno strumento inadeguato per organizzare una reale difesa e un necessario contro-attacco per il proletariato. Se quest'ultimo riuscirà a mantenere la sua compattezza, quando la contraddizione esploderà all'interno delle strutture "operaio"-borghesi, ciò non porterà al tracollo del movimento dei lavoratori, ma, al contrario, al riemergere prepotente dell'organizzazione di classe.

Il proletariato tedesco sta già intuendo quanto sia inadeguato il piano di difesa complessivo del blocco "operaio"-borghese e tanto più lo proverà sulla pelle di fronte alla prossima offensiva capitalistica il cui carattere abbiamo definito come di una aggressione marciante unitariamente sul piano interno ed esterno. Dovrà sapersi' attrezzare per rispondere a questo duplice e unitario livello dello scontro.

Antirazzismo borghese

La spinosa questione dell'immigrazione riassume il carattere duplice e unitario dello scontro di classe in atto. I problemi indubbiamente sollevati alla classe operaia metropolitana dalla pressione delle moltitudini dei senza-riserva possono e debbono essere risolti unicamente risalendo all'origine di classe del fenomeno. Così come l'imperialismo scarica la crisi nelle periferie e le devasta, così esso deve essere contrastato dal movimento operaio, non entro i confini angusti e sorpassati del "proprio paese", ma aprendo le sua fila a tutti gli sfruttati, promuovendo e sostenendo la lotta di classe nella periferia con un'aperta ingerenza nei " loro affari" esattamente contraria all'ingerenza imperialista.

La posizione dei circa due milioni di lavoratori immigrati, parte integrante e vitale della classe operaia tedesca, è assolutamente centrale per lo scioglimento della questione. Questi operai immigrati possono essere la cerniera di un fronte comune proletario internazionale.

Non è un caso che, quando alla fine dell'anno gli attacchi dei gruppi del l'estrema destra hanno toccato oltre gli asylanten, proletari ospitati" e in qua] che modo "assistiti" dallo stato tedesco. gli operai immigrati la reazione dello stato e della stessa borghesia ha cambiato registro. Grandi gruppi industriali come Daimler ed Opel hanno offerto taglie per la cattura degli assassini. alti borghesi hanno partecipato in prima fila alle sfilate anti-razziste tenute nel paese. Nelle aziende le direzioni assicurano la collaborazione ai sindacati per eliminare gli elementi provocatori (ad esempio licenziando chi venga sorpreso a scrivere scritte razziste sui muri delle imprese). La borghesia, insomma, "scende in campo contro il razzismo e la violenza". Per essa si tratta oltre che di preservare la propria immagine a livello internazionale (lo stato di Israele non ha mancato di cogliere l'occasione per proporre un boicottaggio alle merci tedesche!), di tenere a bada la situazione e l'ordine all'interno delle aziende dove la risposta spontanea dei lavoratori immigrati, la loro minaccia di passare all'auto-difesa, può coinvolgere gli operai tedeschi ampliando con ciò, inevitabilmente, lo scontro: dalla lotta alle bande skinhead, alla lotta contro le bande di governo e padronato; "i veri incendiari stanno a Bonn questo si è potuto leggere in alcune mobilitazioni anti-razziste.

Antirazzismo riformista

L'organizzazione sindacale investita in pieno dalla questione, che evidentemente ne tocca un ganglio fondamentale, indirizza la sua massiccia mobilitazione sul piano del totale interclassismo e della totale visione angustamente nazionale: "nella loro storia i sindacati sono sempre stati anche i primi a lottare per i diritti delle minoranze, nei primi decenni del movimento operaio i suoi stessi iscritti hanno sofferto sotto il terrore statale e delle persecuzioni. Essi sono. quindi, in particolar modo chiamati a proteggere la democrazia tedesca dalla violenza e dalle violazioni della legge e del diritto". "E' necessario un patto per la democrazia da proporre al governo federale, ai partiti democratici. agli imprenditori e a tutte le istituzioni" (sottolineature nostre) (2). Questa è. condensata, la base della lotta anti-razzista come proposta dai vertici sindacali. L'organizzazione sindacale tedesca deve difendere i proletari immigrati in quanto "minoranze", "soggetti deboli", e non in quanto fratelli di una stessa classe, il bene supremo è la democrazia tedesca che tutela i diritti dell'uomo e le minoranze, che sono, e restano, comunque, un corpo estraneo alla nazione.

Non è difficile immaginare il malessere degli operai immigrati rispetto a questa linea di difesa che li tratta come stranieri, borghesemente "uguali e di pari dignità" ma pur sempre "ospiti" in Germania. E, ci sarebbe da chiedere ai vertici sindacali, ospiti anche nel sindacato? Minoranza di un'organizzazione che è e deve rimanere tedesca?

La stessa IGM non può nascondere il malessere degli operai immigrati dentro le sua fila, così lo esprime un lavoratore turco: "non mi è indifferente il modo in cui il sindacato si comporta in una vitale questione per me e per i miei figli. Dov'è rimasto il grido di protesta di sindacalisti e sindacati e di tutte le forze democratiche quando è stata inasprita la legge sugli stranieri? Dov'è rimasto lo sdegno delle masse dopo Hoyerswerda, Rostock. Ketzin? Abbiamo bisogno di attività continua per riuscire a proteggerci con successo dagli attacchi fisici dei fascisti e da quelli verbali alla Lummer e Stoiber" (2).

E' vero che sindacato e sinistra socialdemocratica non lesinano gli attacchi al governo e puntualmente ne denunciano le responsabilità per il diffondersi del fenomeno xenofobo. Il loro fuoco critico si indirizza contro la politica conservatrice praticata da Bonn ma è una critica monca. Essa non appaga né convince il lavoratore tedesco, che, trattato come cittadino e noti come membro di una classe, è tenuto al rispetto del bene supremo che. per tutti, è l'interesse nazionale: spinto a chiedere la propria tutela come cittadino tedesco prima, e, se necessario, contro la tutela degli stranieri.

E' una critica monca primo perchè non spiega come si materializzi una politica progressista, dare cioè lavoro, case, garantire il Welfare, quindi, le basi della pacifica convivenza. dentro cui si può volentieri anche "essere tolleranti", senza scardinare l'economia nazionale e senza l'aperto scatenamento del conflitto di classe: in secondo luogo. perchè non osa mettere il naso fuori dall'ambito nazionale. Bisognerebbe sostenere la lotta e l'organizzazione per il miglioramento delle condizioni di vita dei proletari polacchi, rumeni, jugoslavi, russi, cioè di tutti i paesi in cui il capitale tedesco torchia a prezzi stracciati la forza lavoro locale (fino al punto che per un proletario rumeno o polacco conviene più rischiare l'avventura nella metropoli e sopravvivere con il sussidio degli asylanten piuttosto che spaccarsi la schiena per un pugno di carta straccia quasi senza valore nel proprio paese), ma ciò significherebbe battersi contro gli interessi del capitale tedesco, contro l'interesse nazionale. Significherebbe battersi contro il proprio imperialismo e le sue aggressioni esterne; non è esattamente la politica del blocco "operaio"-borghese, che acconsente allo sbarramento delle frontiere per contenere l'immigrazione, mentre allo stesso tempo libera i movimenti Politico-militari dell'imperialismo tedesco fuori da ogni fasulla frontiera nazionale.

Due immagini ci sembrano emblematiche della situazione del movimento di classe oggi in Germania: le migliaia di proletari scesi in piazza a Duisburg, per protestare contro i tagli alla spesa sociale e convocati da un sindacato che. mentre tuona nei comizi contro il governo, al tempo stesso lo sorregge e si predispone a far passare nella classe operaia il "patto di solidarietà": le decine di migliaia di giovani. di lavoratori accorsi a Bonn il giorno del congresso straordinario del SPD per manifestare in favore del diritto d'asilo e contro l'impegno militare della Germania. quando l'esito scontato dell'assise del loro stesso partito era esattamente contrario.

Questa incongruenza. questa contraddizione dovrà risolversi.

E' necessario un colpo di frusta sulle masse che pur avvertendo il clima nuovo si muovono ancora con la testa volta al passato.

E' necessaria una scarica elettrica che classicamente ionizzi la società.

Siamo convinti che non dovremo aspettare molto quel momento.


Note

(1) Se i salari verranno contenuti e le spese sociali duramente tagliate, allora la Bundesbank potrà procedere al famoso abbassamento dei tassi di interesse tanto agognato dai partners occidentali e additato come "causa" dell'aggravarsi della recessione. Gli imbecilli di sinistra che si accodano alla campagna anti-tedesca non si accorgono che "chiedere la riduzione dei tassi" quasi conte fosse una manovra tecnico-contabile e noti una questione intimamente legata ai rapporti di forza tra le classi non significa altro che chiedere la testa della classe operaia tedesca. E' vero che anche il sindacato tedesco ne chiede la riduzione; ma nella sua ottica compartecipativa, totalmente sballata in questo caso, questa misura dovrebbe salvaguardare l'occupazione e il salario al tempo stesso, scaricando i costi noti si sa bene dove. Come attirare i capitali necessari alla Germania se non abbattendo il costo del lavoro?
Molto efficace ci pare questa descrizione della questione fatta dal giornale della Confindustria italiana ("Il Sole 24 Ore". 9.9.92): " valuta forte ed elevato costo del capitale sono ambedue strumenti per mantenere sotto pressione le imprese (e la classe operaia. aggiungiamo noi) e stimolare a competere attraverso l'innovazione e la qualità che in effetti caratterizza il made in Germany.. Possono sembrare strumenti duri e non fra i migliori ma certamente essi sono l'espressione di un potente controllo del capitale finanziario su quello industriale

(2) Da "IGM Metall Notizie" bollettino in lingua italiana, n.22 del 10. 11.92.