Marghera

CLASSE OPERAIA E "QUESTIONE MORALE"

Negli ultimi mesi il proletariato si è trovato di fronte alla cosiddetta "questione morale" su due piani diversi.

Da un lato la "scoperta" della corruzione di politici e rappresentanti delle istituzioni borghesi; e fin qui niente più che una conferma, con una certa soddisfazione di vederli puniti.

Dall'altro lato, l'incriminazione di esponenti del Sindacato e del PDS, l'amara scoperta di avere l'infezione in casa propria: ciò ha profondamente scosso gli operai, trovatisi a constatare quanto in là sia giunta la corrosione delle proprie organizzazioni e questo nel momento in cui, sotto l'incalzare dell'offensiva borghese, gli operai sentono con più urgenza il bisogno di avere un sindacato e un partito forti, integri, capaci di dirigerne la lotta e di difenderne gli interessi.

Di qui sono derivati ai proletari due interrogativi: qual'è l'origine della diffusione dell'infezione in casa propria? E come porvi rimedio?

"La rottura si è avuta con la perdita di autonomia (di classe, n.). Abbiamo venduto il cervello". Così un militante operaio di "Essere Sindacato" ad un'assemblea tenutasi a Marghera in seguito al coinvolgimento di esponenti sindacali del Petrolchimico nell'inchiesta sui pensionamenti e sugli appalti. Si: le scelte di chi si è letteralmente venduto non sono che l'estrema (schifosa) conseguenza del fatto che la politica delle organizzazioni operaie ha introiettato la logica della priorità dell'impresa, la fiducia nella capacità miracolosa del mercato di risolvere automaticamente i problemi dei lavoratori, il criterio della difesa degli interessi operai in subordine e compatibilmente a quelli delle aziende e dell'economia nazionale. La causa profonda è nel fatto che il movimento operaio ha abbandonato il terreno della difesa intransigente dei suoi interessi, che "ha venduto il cervello", nell'espressione del compagno veneziano. Fare pulizia in casa nostra significa dunque estirpare questo virus, il virus della politica delle compatibilità, da cui germinano non solo traditori e venduti, ma la stessa firma del 31 luglio, l'"istituzionalizzazione" del sindacato, il soffocamento della democrazia al suo interno, la vergognosa gestione da parte delle direzioni sindacali dell'attuale movimento di lotta.

No, non si tratta dell'impazzimento (e in tal caso ci troveremmo di fronte ai picchi più acuti di una patologia pluriventennale) o dell'incapacità organizzativa di qualche dirigente: si tratta dell'unico modo in cui una certa politica sindacale è capace di gestire ed organizzare la "difesa" della condizione operaia entro un quadro le cui coordinate sono dettate dal capitale.

E' vero che sulla base di questa politica la classe operaia, in passato, ha potuto conquistare posizioni, proprio quelle che oggi vengono assaltate; ma questo è stato possibile nel periodo delle vacche grasse e comunque grazie unicamente alla propria lotta e mobilitazione. Ora, all'ingresso di un tracollo inimmaginabile dell'economia capitalista, ora che il risanamento dell'Azienda Italia non può avvenire che comprimendo le condizioni di vita e di lavoro, i diritti politici del proletariato, ora la politica delle compatibilità non può portare che alla nostra castrazione.

La "pulizia in casa propria" si pone, dunque, come un imperativo per la classe operaia.

Questo compito però non può essere delegato ad alcuno che non sia la classe operaia stessa e meno che mai alla magistratura. "Le scelte fatte dalla magistratura -è sempre lo stesso compagno a parlare- ci rendono più deboli: la critica viene dall'esterno; noi non abbiamo avuto gli anticorpi". Giusto: l'intervento della magistratura non mira a far ritornare il sindacato sul terreno di classe, ma, al contrario, a "comprometterlo" ancora di più, a renderlo cioè ancora più indipendente dagli interessi operai e sempre più subordinato a quelli dell'economia e della società capitalistiche, con tutti i suoi corollari anche morali.

E' la stessa classe operaia che deve mettere mano a questo cancro della corruzione di suoi dirigenti, ritornando, sulla spinta delle sue lotte e del suo protagonismo, al suo programma di classe: nessuna compartecipazione ai sacrifici, nessuna compatibilità tra gli interessi operai e quelli delle classi borghesi e del loro Stato, la crisi capitalistica la paghino i capitalisti.

Non crederemo mai che è la stessa forma-Partito (o la forma-Organizzazione Centralizzata) a produrre il tralignamento dei dirigenti, come, velenosamente, cerca di insinuare la borghesia. Dovremmo forse rinunciare ad avere uno stato maggiore e una struttura che inquadrino le nostre forze, le cementino, le dirigano nella lotta? Dovremmo sguarnirci di queste armi proprio mentre la borghesia accentra sempre più totalitariamente il proprio potere e la propria forza? Lasciamo tale porcheria ai borghesi e ai loro lacchè: per noi il problema è ricostituire l'organo-Partito e l'organo-Sindacato. Con questi strumenti sapremo anche far pulizia nella stalla borghese, nel solo modo possibile, distruggendola dalle fondamenta.