Gli "aiuti" alla Somalia: spese a sostegno del "nostro" capitalismo


Davanti ai rischi che il precipitare della situazione a Mogadiscio presenta per gli interessi del capitale "made in Italy", è ritornata in primo piano quella che "Il Fognale" di Montanelli ha chiamato "la generosissima politica di aiuti verso l'ex-colonia". Da destra e da "sinistra", pur con motivazioni parzialmente differenti, si è levata la medesima lamentazione: "noi"- Italia abbiamo sperperato gli "aiuti", l'unico beneficiario di essi è stato il regime di Siad Barre.

Critiche sommamente ipocrite e del tutto infondate. Gli investimenti italiani, infatti, compresi quelli destinati a corrompere il clan al potere, sono andati, in termini contabili, strategici e politici, a pieno vantaggio del capitalismo imperialista che li ha "elargiti" (a se stesso…). Vediamolo in breve.

Negli anni '80 una parte molto cospicua della spesa italiana ufficiale "per" la Somalia (i fondi del FAI amministrati dal Psi) è stata impiegata in due opere di grande importanza militare e commerciale per la "nostra" presenza nel Corno d'Africa: la costruzione della strada (di 452 km) da Bosaso, sul golfo di Aden, a Garoe e quella del nuovo porto di Bosaso, lavori ai quali sono direttamente interessate grandi imprese edili (la Lodigiani, la Edilter, la Cogefar, la Montedil), che non risultano appartenere ai… Marehan. La finalità di facciata è, come al solito, "nobile-: "offrire una prospettiva di sviluppo alla regione". La finalità effettiva è imperialistica: penetrare più solidamente in un'area di antica presenza britannica che da sempre sfugge agli artigli di Roma, ed assicurare al capitalismo italiano un proprio sbocco sul Mar Rosso, vena giugulare del petrolio, che rappresenti una alternativa a Berbera (ricadente nell'orbita statunitense) ed a Gibuti (che conserva "particolari legami" di dipendenza con la Francia). Sul piano mercantile, poi, il porto di Bosaso dovrebbe servire alle esportazioni di bestiame e di pesce (che sempre più "ci" interessano) e - anche se non lo si dice apertamente – come punto di appoggio della marina militare, che va intensificando la sua presenza di "polizia internazionale" nel Mar Rosso e nel Golfo Persico.

Un'altra grande tranche degli "aiuti" è stata devoluta, spesso in forme -coperte", alla vendita di materiale bellico al paese che è il solo, nel Terzo Mondo, ad avere un organico trattato militare con l'Italia. C'è bisogno, forse, di specificare che di questo mercato hanno ben saputo profittare la Fiat, l'Aeritalia, la Siae Marchetti, l'Augusta? che attorno ad esso si sono intrecciate "oscure" relazioni tra la democrazia italiana e lo stato di apartheid sudafricano? che l'istruzione antiguerriglia alle truppe di Barre è stata data dai consiglieri militari italiani? che l'ultimo "dono" alla Somalia è stato uno stock di carri armati? Cose, dopotutto, abbastanza note, anche se poi, naturalmente, la colpa della mattanza di Hargeisa o, in generale, dell'oppressione del popolo somalo è del solo dittatore…

La "generosità" della politica di spesa non ha escluso nessuna delle principali "tribù" del capitalismo"nazionale". Dalla Farmitalia all'Enel, dall'Ansaldo alla Snam Progetti, dalla Montedison alla Italtel, dalla Selenia alla Star, da Trussardi alla Simmenthai, c'è stato e c'è da pappare, a "piatti" di decine di miliardi per volta, e poco importa se i servizi forniti sono stati scandalosamente bassi e inefficienti perché realizzati al risparmio: cosa pretende una "ex-colonia"?

In questa grande abbuffata anche la "cultura" ha avuto la sua fetta, con il protettorato inizialmente in toto democristiano, in seguito allargato "a sinistra-fino al Pci, sull'università di Mogadiscio, fonte di un po' di prestigio e soprattutto di lauti proventi per un drappello di docenti italiani (con stipendi fino a 18 milioni al mese) al servizio, coscienti o meno, di un'opera di colonizzazione culturale che è complemento di quella economica. Non è stato lasciato all'asciutto neppure il sindacato: alla Uil (lo ricorda Dacia Valent su l'Unità del 28 luglio '89) è stato dato un… piccolo presente per la formazione di quadri per il sindacato somalo. Curioso particolare: nella Somalia che sta sotto il tallone dell'imperialismo italiano lo sciopero è vietato, gli scioperanti sono passibili di anni di galera e per gli organizzatori della lotta è prescritta (in italiano) la pena di morte...