LE LOTTE DEL
PROLETARIATO DEI
"SERVIZI"
Più volte questo giornale ha dovuto rimarcare la strumentalità di quelle teorie che definiscono l'attuale fase del capitalismo come "post-industriale", enfatizzando l'avvento di una fantomatica "società dei servizi" in cui la classe operaia altro non sarebbe che una specie in via di estinzione e l'antagonismo tra le classi null'altro che un brutto ricordo del passato.
Queste teorizzazioni malcelano l'interesse della borghesia a "convincere" gli operai della loro debolezza, di un loro ruolo ormai residuale, della necessità, quindi, di abbandonare definitivamente la prospettiva, "ormai tramontata", della lotta e dell'emancipazione di classe.
In realtà, lungi dal sostituire la centralità della produzione - e quindi dal mettere in discussione la centralità politica del proletariato industriale - l'aumentata importanza strategica dei servizi nei calcoli dei capitalisti va ricollegata proprio alla crescita della produttività del lavoro operaio. Dopo le selvagge ristrutturazioni dell'industria ed il conseguente innalzamento alle stelle della produttività del lavoro, i capitalisti, che si confrontano con un'agguerrita concorrenza sul mercato internazionale, non possono tollerare che i costi di produzione siano appesantiti dalle "inefficienze" e "inadeguatezze" delle infrastrutture e dei servizi necessari alla produzione. Per questo ne reclamano a gran voce la radicale ristrutturazione da parte degli Stati.
L'industria dei trasporti (come la chiamava Marx) è uno dei primi settori ad essere investito in profondità da tale processo. Ed i suoi lavoratori, come gli operai dell'industria in senso stretto, sono sospinti nell'imbuto dei sacrifici e dell'innalzamento della produttività del lavoro.
Il punto di partenza degli operai dei trasporti è, per lo più, "privilegiato" rispetto ad altri settori. Un "camallo ", un autoferrotranviere, un macchinista delle F. S. sono tali a confronto con un "catenaro" di Mirafiori. Ragioni strutturali, sindacali, "storiche" spiegano tale diversità di condizioni. Ed è proprio sulla enfatizzazione di queste "differenze" (entro lo stesso status generale di sfruttati!) che la borghesia sta speculando nel momento in cui va all'attacco contro il proletariato dei "servizi" in modo da poter isolare e più facilmente battere le singole categorie colpite e in lotta.
D'altro canto, i lavoratori di questi settori, pur sentendosi parte del "movimento operaio", tendono a difendere la propria "diversità" proprio in quanto ha consentito loro, sinora, un qualche vantaggio materiale, non sempre mettendo in primo piano, come sarebbe nell'interesse loro e del fronte di classe tutto, gli elementi che li uniscono a tutti i lavoratori. Del resto, la politica sindacale e "riformista "dei "sacrifici necessari" che aveva come sua insegna - tra le altre - l'esaltazione delle "specificità" professionali, non ha certo spinto nella giusta direzione unitaria, ma nel senso opposto.
Invertire la linea di marcia non è facile. Ma già una prima premessa di ciò va realizzandosi: la scesa in lotta del proletariato di questi settori (portuali, ferrovieri, etc.) contro i relativi piani di ristrutturazione e, insieme, della massa dei lavoratori contro i tagli al salario del governo De Mita. La linea della unificazione del fronte di classe, mettendo a profitto questa più favorevole situazione, può e deve far leva sugli interessi comuni, sempre più evidenti anche sul piano immediato, da difendere contro nemici comuni: capitalisti e governo, secondo una strategia unitaria tesa a bloccare e invertire il processo di disordinato arretramento degli ultimi anni.
Come già si inizia a vedere, la ristrutturazione dell'industria, lungi dal chiudere il capitolo dell'antagonismo operaio, ha gettato solide basi per farlo riemergere, a partire dal suo centro, la produzione industriale, in tutta la società, in tutti i comparti del sistema a cui va progressivamente estendendosi l'inasprimento dello sfruttamento dei lavoratori.
Altro che "società dei servizi" pacificata e senza classi! Altro che capitalismo "post-industriale" liberato dall'antagonismo della classe operaia e tranquillamente ingrassante con le riserve dei profitti dei "servizi"! Certi che il futuro ci fornirà al riguardo ancor più nette e clamorose conferme della legge marxista dell'inconciliabile antagonismo tra proletariato e borghesia, ci basta per ora gettare in faccia al nostro avversario di classe la realtà viva della dura lotta dei lavoratori dei trasporti.
Dagli hangar di Fiumicino, dai porti di Genova e di Livorno, dagli scioperi dei macchinisti e dei ferrovieri tutti, così come dal movimento contro i ticket governativi e il fisco capitalistico, riemerge combattiva la lotta di classe. Attende "solo" di essere portata fino in fondo e unificata.