Cronaca della prima Intifada
Indice
7/12 - Quattro giovani operai di Gaza muoiono nello scontro con un automezzo militare guidato da un "colono". La popolazione palestinese lo ritiene un omicidio volontario.
8/12 - 1 funerali del 4 uccisi, cui partecipa una grande folla, si trasformano in una vera e propria sollevazione politica. Da Gaza ha inizio l’Intifada".
Nei giorni seguenti, lungo le strade della Cisgiordania, un crescente numero di auto israeliane è preso a sassate.
10/ 12 - A Nablus è ucciso un giovane di 17 anni. Tra Tiro e Sidone si scontrano in mare una unità di guerriglieri sciiti libanesi e una unità israeliana.
11/12 - Mentre proseguono le manifestazioni nella striscia di Gaza , a Nablus un grande corteo sfila per commemorare il 20° anniversario della fondazione del Fronte Popolare per la liberazione della Palestina (FPLP).
Poi si asserraglia nel campo di Balata, che insorge. Seguono due ore di vera e propria battaglia.
I dimostranti usano tondini di ferro e molotov; i militari israeliani lacrimogeni, proiettili di gomma, mitragliatori. 5 morti e 50 feriti almeno tra i manifestanti.
A Gerusalemme Est cominciano le prime proteste del commercianti arabi. Tutti gli 8 campi profughi della striscia di Gaza sono percorsi da manifestazioni.
È la prima, grande giornata di sciopero generale nella zona. Pressoché totale l'adesione tra gli operai, molto larga tra i commercianti.
12/12 - Lo sciopero si estende a Gerusalemme Est. Nei giorni seguenti l'esercito interviene ad Hebron e nel campo di Jelasun (vicino Ramallah). I militari hanno l'ordine di "spezzare ad ogni costo" l'organizzazione giovanile palestinese "Shabiba", legata all'OLP.
15/12 - A Gaza e in tutta la Cisgiordania è sciopero generale. A Gaza viene attaccato dagli israeliani l'ospedale municipale "Shifah".
Un giovane palestinese ferito muore nell'attacco. Dimostrazioni di massa nella città, incitate dal muezzin. (L'aggressione all'ospedale si ripeterà nei giorni successivi). IL macellaio Sharon prende casa nel quartiere di Gerusalemme a maggioranza araba per "contribuire alla sicurezza degli ebrei in una delle parti più densamente popolate di arabi"… Nelle settimane seguenti i palestinesi in rivolta ne chiederanno l'espulsione.
17/12 - Lo sciopero continua ovunque: le dimostrazioni, le barricate, le sassaiole si infittiscono. Una imponente manifestazione ha luogo a Betlemme. (A Shefaram, vicino a Nazareth, l'assemblea generale del sindaci arabi proclama uno sciopero generale di solidarietà con i palestinesi.)
19/12 - Si infiamma Gerusalemme Est: distrutte quattro banche, bruciato un ristorante, attaccato un posto di polizia, barricate. In prima fila i giovani sfruttati. A Tel Aviv alcune migliaia di israeliani manifestano contro la repressione. A Pechino un centinaio di studenti arabi manifesta davanti ad una sede ONU.
21/12 - Sciopero generale del 700.000 arabo-israeliani. "Compattissimo". "La protesta araba colpisce questa volta il cuore stesso di Israele: il quartiere di Jaffa a Tel Aviv, Nazareth, Haifa… È forse la gestazione violenta di uno Stato palestinese che lambisce la stessa popolazione di Israele? ("La Repubblica", 22/12). Battaglia di alcune ore a Nazareth.
Shamir invita Israele a "non farsi prendere dal panico". La sollevazione è divenuta generale e da semplice protesta di massa contro la repressione va trascendendo in lotta per porre fine - almeno - alla occupazione di Gaza e della Cisgiordania.
25/12 - A Teheran migliaia di persone manifestano in sostegno della lotta palestinese al grido di "Morte a Israele, Morte agli USA". Negli stessi USA, a Chicago e a New York si hanno proteste contro la repressione israeliana. Ad Amman, nei giorni precedenti, una dimostrazione prosollevazione di palestinesi e giordani era stata dispersa con la forza, per ordine del governo. Nei campi profughi palestinesi di Damasco, la popolazione scende nelle strade inneggiando alla "Intifada".
Nelle prime due settimane della rivolta, già più di 1000 arresti.
Viene denunciato "l'uso sistematico della tortura" contro gli arrestati. (A Gaza e in Cisgiordania Israele ha più militari oggi che nel 1967.) Cento riservisti israeliani, tra cui alcuni ufficiali, annunciano di non essere disponibili a prestare servizio "di repressione".
30/12 - A Il Cairo si susseguono manifestazioni, soprattutto studentesche, per chiedere la rottura del rapporti diplomatici con Israele. A Gerusalemme gli avvocati definiscono "una commedia" i processi contro i giovani dimostranti arrestati.
A circa 20 giorni dall'inizio della rivolta spontanea, si è costituito e comincia ad operare il "Comando unitario della rivolta". Ovunque si sono costituiti o vanno costituendosi "comitati popolari".
1/1 - Per la prima volta a Il Cairo una manifestazione pro-palestinesi, partita dalla moschea di Al Azhar, è dispersa dalla polizia.
3/1 - L'aviazione israeliana bombarda nel sud del Libano basi del Fronte popolare (Comando Generale), lasciando sul terreno parecchi morti (tra cui bambini). Il governo decide l'espulsione da Gaza e dalla Cisgiordania di 9 palestinesi ritenuti gli "organizzatori" della rivolta.
4/1 - Grande giornata di mobilitazione generale nelle città e nei campi. In una intervista al "Washington Post" Arafat preannuncia la possibile costituzione di un governo in esilio; il Comitato esecutivo dell'OLP boccerà questa proposta.
5/1 - Vanno precisandosi i mezzi di lotta (oltre le dimostrazioni e gli scioperi): tra questi il non pagamento delle tasse ed il boicottaggio del prodotti israeliani. "La ribellione ha dimostrato una realtà che ormai nessuno più potrà negare. Durante gli ultimi vent'anni è cresciuta nei territori occupati una generazione di palestinesi che non è più pronta al compromesso" ("Corriere della sera", 5/1).
6/1 - Il Consiglio di sicurezza dell'ONU condanna, all'unanimità, Israele per le espulsioni . Il governo israeliano si dice "sgomento e deluso" per il comportamento americano. Dichiara che "non obbedirà" all'ONU; come di norma, del resto.
8/1 - Battaglia, nel campo di El Burj, vicino Khan-Junis, nella striscia di Gaza, tra un migliaio di palestinesi e i militari israeliani.
9/1 - A Gaza giornata di protesta e di "disobbedienza civile" indetta dai raggruppamenti islamici. Nello stesso giorno a Baghdad, nel corso della riunione del Consiglio centrale dell'OLP, viene lanciato un "appello alla comunità internazionale per una protezione urgente della popolazione civile nei territori occupati".
Un appello che i massimi governi (imperialisti) della "comunità internazionale" faranno finta di non aver sentito.
10/1 - Il "Comunicato" n. 2 del "Comando unitario" (v. riquadro nella pag. seguente) proclama: "la nostra rivolta continuerà fino alla liberazione di tutta la Palestina e fino alla costruzione del nostro Stato con Gerusalemme capitale". Per cercare di stroncare la sollevazione che va estendendosi ai villaggi, l'esercito ricorre sempre più spesso al coprifuoco e all'uso massiccio di gas molto potenti.
13/1 - A Gerusalemme Est prosegue compatto lo sciopero generale; nel centro di Rafah si svolge una grande manifestazione di protesta in concomitanza con l'arrivo dell'inviato dell'ONU, Goulding.
14/1 - A Kfar Naama, vicino Ramallah, l'intera popolazione partecipa ai funerali di un giovane attivista sindacale di 19 anni, sfilando dietro la bandiera palestinese e i ritratti dell'ucciso.
15/1 - "Come faranno gli israeliani a portare avanti la loro economia senza gli operai palestinesi? A chi si appelleranno?", dichiara Arafat a "Le Monde" del 16/1.
Durissimi scontri avvengono a Gaza e a Gerusalemme. Si celebra la "giornata di lutto per i martiri". Davanti alle moschee delle due città i dimostranti bruciano bandiere israeliane e americane. Soprattutto nella "città santa", "cariche di violenza inaudita della polizia che manganella senza pietà la gente all'uscita delle moschee" ("L'Unità", 16/1).
16/1 - Shultz afferma: "Gli USA non si presteranno ad altre condanne di Israele". Prime manifestazioni studentesche in Italia.
A Gaza due-trecento riservisti israeliani del movimento "Yesh Gvol" protestano: "via i soldati da Gaza", "basta con l'occupazione".
18/1 - L'onda della sollevazione arriva fino ai "villaggi, finora tranquilli, del dintorni di Hebron": tre carri armati di "Tsahal" vengono assaltati dai giovani.
La direzione del sindacato israeliano "Hirstadrut" fa appello ai suoi iscritti "perché donino tre giornate di lavoro nel corso delle quali dovrebbero sostituire i lavoratori palestinesi in sciopero". L'appello non avrà praticamente seguito.
Il ministro degli Esteri israeliano convoca i giornalisti italiani, "colpevoli" di "eccessi" di critica verso lo Stato di Israele. Salvo casi sporadici, questi "eccessi", andranno via via scomparendo per dare spazio a sempre più "neutrali" bollettini.
19/1 - A poco a più di un mese dall'inizio della sollevazione, un esponente sindacale di Gaza ne fa questo vivissimo (ancorché parziale) quadro: "Non v'è dubbio che le ribellioni siano scoppiate spontaneamente per l'esasperazione di venti anni di occupazione militare, ma ciò non significa che via via le organizzazioni nazionaliste palestinesi non siano riuscite ad organizzare e guidare il movimento… Le organizzazioni nazionali, e mi riferisco soprattutto a quelle del medici, del farmacisti, degli avvocati, delle donne e in primo luogo ai sindacati operai, hanno finito così per costituire l'ossatura e i canali naturali nei quali il movimento si è andato autonomamente organizzandosi. Ma il dato più interessante non è tanto questo quanto la creazione nei campi, nelle città e nei villaggi del comitati per la raccolta del cibo e del fondi che stanno via via assumendo i caratteri di veri e propri consigli locali… Le difficoltà del momento e lo slancio della sollevazione popolare hanno portato ad una grande unità all'interno del campi, tra i campi e i centri urbani, tra centri urbani e villaggi agricoli, tra i villaggi agricoli e beduini, tra i palestinesi del territori occupati e quelli con cittadinanza israeliana. Vedere i villaggi del Negev raccogliere cibo per i campi di Gaza e per i villaggi di contadini è uno spettacolo straordinario, una spia della nuova compattezza dopo un mese di lotta, con poco cibo e senza stipendi, del popolo palestinese". (intervista a "Il Manifesto", 20/1).
Le organizzazioni degli sciiti libanesi annunciano che "bloccheranno, in segno di solidarietà con i palestinesi, qualsiasi convoglio di lavoratori libanesi diretti a Gaza per la raccolta del limoni e degli aranci".
Nel campo profughi di Jalazoon, vicino Ramallah, Rabin, accolto da gragnole di sassi, promette "Forza, potenza, botte". Comincia da un quartiere di Gerusalemme l'applicazione sistematica della direttiva di picchiare i palestinesi e di spezzargli le ossa. Il "mondo civile" inorridisce. Nessuno, però, tra questi "civili" propone la benché minima misura concreta contro lo Stato di Israele.
22/1 - Al Parlamento israeliano alcuni deputati propongono l'impiego del "cani antiguerriglia". Alle masse palestinesi in rivolta Mubarak propone una tregua di sei mesi. Proposta respinta.
Da Beirut arriva un "regalo d'oro" per la "Intifada" palestinese: mentre il "Libano musulmano" è in sciopero di solidarietà con i palestinesi, la direzione di Amal decide di togliere l'assedio ai campi di Chatila e Bourj el Borainch, accettando l'invito rivoltole dal "Comando unitario della rivolta" (molte altre volte aveva respinto l'identico invito dell'OLP). Il "regalo" se lo è fatto la rivolta stessa con la sua forza! Habash esprime soddisfazione per la decisione.
23/1 - Seconda giornata di sciopero generale degli arabo-israeliani: a Nazareth si radunano molte migliaia di manifestanti (dai 12 ai 30.000 secondo le diverse stime), "cittadini poveri dello Stato ebraico", in una combattiva dimostrazione, tra bandiere palestinesi, bandiere verdi e bandiere rosse. Manifestano per "una pace fondata su due popoli, due Stati" e "contro il regime di apartheid". A Tel Aviv "centomila israeliani, quasi tutti giovani, si riuniscono per contestare la politica delle botte e del manganello" ("Corriere della sera", 24/ 1). Tra essi anche i soldati.
25/1 - A Mosca, Gorbacev preconizza una "pace giusta" tra israeliani e palestinesi e, rivolto ad uno scienziato israeliano, aggiunge: "Voi non dovete dimenticare che noi siamo garantiti dall'esistenza dello Stato di Israele".
Battaglia di piazza a Ramallah ingaggiata dagli oppressi palestinesi, in mancanza della… "pace giusta".
26/1 - A. Iyad, uno del dirigenti dell'OLP, chiede al "popolo italiano" ed "ai partiti democratici italiani" una "posizione più ferma e decisa" a favore di una patria palestinese e di uno Stato palestinese".
30/1 - In una intervista a "L'Unità" Arafat respinge, a nome di "tutti i palestinesi" l'idea di una Confederazione giordano-palestinese: "L'autodeterminazione deve essere realizzata nel suo pieno significato. Noi palestinesi siamo cinque milioni e abbiamo diritto all'autodeterminazione senza precondizione".
In un'intervista a "Rinascita" il rappresentante in Italia dell'OLP, N. Hammad, rileva come "le televisioni di molti paesi arabi abbiano dato in queste settimane notizia della sollevazione palestinese, senza però mostrare le immagini". E parla di "paura" di molti tra i "regimi arabi".
1/2 - Nuove istruzioni per la lotta dal "Comando unitario della rivolta": "attaccare i coloni e le spie". Specie a Nablus si segnalano duri scontri.
La "tattica" del Comando è: evitare lo sfiancamento delle forze, "spostando" continuamente la punta della protesta. Si comincia a parlare di un "Piano Shultz": che è poco più di un aggiornamento degli accordi di "Camp David".
2/2 - Cominciano a filtrare le notizie sulle criminali "spedizioni punitive" del coloni di "Gush Emunim". Un dimostrante di Gerusalemme dichiara: "lo sciopero continuerà per un mese, un anno, due, Dio solo sa quanto, sino a quando non saranno soddisfatti i diritti del popolo palestinese".
I giornali riportano che domenica 31/1 Nablus si è celebrata come "prima città liberata", nelle mani degli insorti per alcune ore. Gli insorti hanno issato ovunque la bandiera palestinese, simbolo unificante indicato dallo stesso "Comando", che sconsiglia (o vieta?) ai manifestanti di portare i ritratti del singoli leader dell'OLP per mantenere il carattere unitario delle dimostrazioni. Gli organismi islamici accettano di disciplinarsi al "Comando unitario". Lo sciopero continua secondo le modalità decise dal "Comando" e dai comitati locali. Rabin preannuncia "mesi di emergenza".
3/2 - Mentre continuano, quotidiani, gli assassinii del militari israeliani, Shamir va in un insediamento di coloni ad eccitarli ulteriormente: "Raccomando ai coloni di essere forti, ed ai palestinesi di tornare ad essere pacifici".
"Israele paga cara la protesta della manodopera araba", scrive il "Corriere della sera": almeno 65 miliardi di danni per il primo mese, specie nella produzione di agrumi. Il Ministero dell'Agricoltura ha offerto di raddoppiare i contratti trisettimanali per centinaia di sciiti libanesi, ricevendone un rifiuto.
Nei primi giorni del mese si ha una estensione ulteriore (se possibile) della sollevazione. Dimostrazione, per la prima volta, al villaggio di Jebel Mukader, con attacco ad una vicina postazione di coloni. In due giorni almeno 7 palestinesi vengono uccisi in varie località dai militari.
11/2 -Il giornale "Al Fajr" pubblica una "dura critica" contro il suo stesso editore, Hanna Siniora per il suo incontro con Shultz. Gli organismi di Gaza e della Cisgiordania affermano: "Siniora non rappresenta il popolo palestinese e non è stato autorizzato a parlare in suo nome".
Il governo israeliano propone a Teheran: armi in cambio di trentamila ebrei iraniani.
13/2 - Roma: alcune decine di migliaia di manifestanti "per i diritti del popolo palestinese" e "per la pace del Medio Oriente".
14/2 - A Cipro il servizio segreto israeliano uccide con una bomba tre esponenti dell'OLP che stavano lavorando per il cosiddetto "viaggio del ritorno" di 200 espulsi palestinesi da Atene a Gaza.
Sulle alture del Golan, manifestazioni contro l'annessione ad Israele (nel 6° anniversario di essa). Slogan di solidarietà con i palestinesi in rivolta.
15/2 - Shamir ("boia", lo aveva chiamato la manifestazione del 13) è a Roma. Incontra tutti i principali partiti politici, di governo e di opposizione. Si rifiuta di incontrare i segretari del sindacati. Ad una conferenza stampa di CGIL-CISL-UIL, Haider Ibrahim, segretario generale del sindacato palestinese, dà la seguente "contabilità" provvisoria della brutale repressione israeliana: "Cento caduti, 1200 feriti, 65 aborti da gas lacrimogeni, 7000 detenuti in sei campi di concentramento, arresti di leader sindacali".
16/2 - Il "Comunicato" n. 7 del "Comando" chiama alla "guerra devastatrice" contro i coloni e alla prosecuzione della sollevazione "con bottiglie molotov pietre e barricate". La nuova radio "Al Quds" svolge un'attività sempre più intensa a sostegno della rivolta. Coprifuoco, massicce retate, pestaggi, omicidi continuano ad essere le armi della democrazia israeliana.
Nel Libano del Sud i guerriglieri Hezbollah si scontrano per diverse ore con le milizie filo-israeliane.
24/2 - Contro l'arrivo di Shultz in Israele, due giornate di sciopero generale delle masse palestinesi completamente riuscito a Gaza e in Cisgiordania. È tale la forza espressa dalle masse palestinesi, che lo stesso Rabin dichiara: "È ormai guerra di popolo, di donne, di bambini".
Nel villaggio di Kabatija, vicino a Jenin, un arabo collaborazionista, responsabile dell'uccisione di un bimbo di 4 anni, è giustiziato dalla folla sulla piazza principale del villaggio.
25/2 - Andreotti, uscendo dall'incontro con el-Assad, rassicura Shultz: "La questione del riconoscimento del diritto alla sicurezza e all'esistenza dello Stato di Israele non si pone più", neppure per la Siria, "sempre che si risolva la questione del territori occupati".
26/2 - Una "giornata durissima" di proteste ovunque contrassegna la presenza di Shultz: "decine di feriti davanti alle moschee, durissimi scontri nei campi, gas lacrimogeni lanciati dagli elicotteri". Nessuno del palestinesi "conciliatori" invitati a pranzo da Shultz si presenta. Contro Shultz manifestano anche la destra nazionalista e alcuni "partiti religiosi": per costoro "Samaria, Giudea e Gaza fanno parte della biblica terra promessa".
La "CBS" americana manda in onda un filmato che mostra 4 militari israeliani che picchiano sulle ossa di due giovani palestinesi fino a spezzarle. "Orrore" nel "mondo civile". Misure concrete zero. Immediatamente parte, in Israele, la proposta di "chiudere ai giornalisti i territori occupati". Kissinger, da New York, la caldeggia.
7/3 - "Forza 17", il reparto speciale di "al Fatati", organizza una azione contro la centrale nucleare di Dimona, quella in cui Israele continua a produrre i propri ordigni nucleari. Circondati dai "reparti speciali", i militanti palestinesi vengono trucidati. I massmedia occidentali sono pronti a deprecare il "ritorno dell'OLP al terrorismo".
8/3 -"Migliaia di donne palestinesi hanno trasformato l'8 marzo nella celebrazione dell'irredentismo"("Corriere della sera", 9/3). In esecuzione alla direttiva contenuta nel "Comunicato" n. 9 di interrompere qualsiasi forma di collaborazione con il "nemico sionista", cominciano le dimissioni tra gli impiegati e i funzionari degli uffici di Gaza (prima all'ufficio tasse, poi alle poste) e in Cisgiordania.
10/3 - Il governo israeliano sta preparando nuovi mezzi antisommossa, tra cui un cannone lanciasassi. Intanto i militari, tra Megiddo e Jenin, sradicano, per rappresaglia, centinaia di olivi. Del giovani palestinesi avevano lanciato sassi contro automezzi militari… Per questa medesima "ragione", i coloni di Ariel, vicino Hebron, decidono di impadronirsi di alcuni interi uliveti. Battaglia a Hebron, dove centinaia di palestinesi si sollevano contro un'azione vandalica del coloni. Rabin dichiara che i coloni "rischiano di diventare un peso" per lo stesso esercito.
12/3 - Il Congresso USA, contestato da 143 paesi dell'ONU, decide di chiudere l'ufficio dell'OLP alle Nazioni Unite. Shultz definisce la decisione "una cosa stupida".
Quasi tutti i poliziotti arabi di Gaza e della Cisgiordania si dimettono.
Di nuovo in piazza a Tel Aviv il movimento "Peace Now", con circa centomila manifestanti. Il giorno dopo, quasi altrettanti dimostranti inneggiano a Shamir ed al suo categorico rifiuto del "piano Shultz" e di ogni contatto con l'OLP.
La politica delle dimissioni dall'amministrazione di Gaza e della Cisgiordania fa temere al governo israeliano "la nascita di un potere palestinese" parallelo.
16/3 - A cento giorni dall'inizio della rivolta, "le pietre restano, il comitato che coordina la protesta le ritiene le armi più efficaci, ma l'obiettivo diventa più ambizioso: si tratta di scardinare l'amministrazione civile mantenuta dagli israeliani a Gaza e in Cisgiordania" ("La Repubblica", 17/3). Il governo taglia i telefoni ai territori in rivolta per impedire le comunicazioni con l'estero.
20/3 - Un militare israeliano è ucciso a Betlemme. Il governo dà ordine di "sparare ad altezza uomo" contro i dimostranti che tirano pietre. Se ne vedranno subito le conseguenza.
Il "Comunicato" n. 11 incita le masse palestinesi ad inasprire la lotta contro i coloni e contro l'esercito di occupazione ed esorta il presidente della Siria, el-Assad, a "riappacificarsi" con l'OLP. Chiede altresì una riunione urgente del capi di stato arabi per discutere della "Intifada".
23/3 -Mentre proseguono gli attacchi in Libano dell'esercito israeliano, il popolo palestinese si prepara ad una grande settimana di mobilitazione, che culmini nelle dimostrazioni del giorno 30 marzo, "Giornata della terra".
Si ha notizia di una nuova, grande manifestazione a Il Cairo, con 20-25.000 partecipanti, indetta dai" nazionalisti arabi" e dal Partito Comunista, per chiedere la rottura delle relazioni diplomatiche con Israele.
Il 24 marzo le dimostrazioni si svolgono fuori le scuole, di cui si richiede la riapertura, insieme con le università. Il 25 e il 27 le proteste si concretano in cerimonie "in onore del caduti". Il 26 l' "Intifada" chiede le dimissioni di tutti i consigli comunali che ancora non hanno accettato di farlo il 28 nuovo sciopero generale, anche degli arabo-israeliani. Il 29 "giornata della penitenza" per chiedere ai collaborazionisti con Israele di tornare sui propri passi. Il 30 "giornata della terra". A questo magnifico crescendo di mobilitazioni che dimostra, sul campo, la forza imprevista della lotta rivoluzionaria del popolo palestinese, il governo israeliano non può che rispondere con un infame crescendo di repressione. Viene proclamato lo stato di assedio a Gaza e in Cisgiordania.
Gli unici a poter circolare sono militari e coloni. I telefoni e la luce vengono tagliati. È un "attacco frontale senza precedenti" ("L'Unità") con atti di brutalità senza precedenti. Il segretario del sindacato della West Bank si chiede: "Noi vogliamo che la rivolta sia pacifica e l'abbiamo dimostrato con i fatti. Fino a quando questo succederà, però non lo so". Viene chiuso anche il "Palestine Press Servite".
Shamir e Rabin-Peres mirano a stroncare del tutto la sollevazione, fidando sul fatto che dura da quasi quattro mesi, ma finiscono per attizzarla ancora di più.
Nella giornata della terra sono almeno 15 i palestinesi assassinati. Nei giorni precedenti almeno 4.000 gli arrestati. Mentre i nuovi scontri davanti alle moschee, anche il Gran Muftì di Gerusalemme è ferito dai soldati, nuovi scioperi e dimostrazioni si preparano per la seconda andata di Shultz in "terra santa". Non è stato sufficiente, evidentemente, l'incontro di qualche giorno prima con due membri del Consiglio nazionale palestinese a "calmare gli animi". Un incontro che Shamir ha bollato come un "tradimento" di un vecchio impegno USA a non trattare mai con l'OLP. "George Shultz non viene qui tanto perché intenda difendere la gente di Gaza e della Cisgiordania, ma perché Washington teme che alla lunga il rifiuto del governo israeliano ad accettare il negoziato finisca per minacciare gli interessi strategici americano…". Se lo dice "La Repubblica"…
La sollevazione del popolo palestinese per la propria autodeterminazione continua.