VIVA LA CAUSA PALESTINESE!

CONTRO LO STATO D'ISRAELE, CONTRO L'IMPERIALISMO, 
PER UNA DIREZIONE RIVOLUZIONARIA DELLA LOTTA PALESTINESE!

LA VOCE DEI NOSTRI FRATELLI DI GAZA NON RIMANGA INASCOLTATATRA I PROLETARI D'OCCIDENTE!


Volentieri pubblichiamo l'appello a lato, concordando incondizionatamente con un punto fondamentale di esso: il "diritto" del popolo palestinese di condurre avanti la sua lotta di liberazione nazionale sino alla vittoria contro Israele e il non diritto per alcuno di mantenere su ciò un colpevole silenzio. Per la natura del nostro giornale, che non è di "attualità" (anche perché, in questa fase, destinato ad arrivare sempre in ritardo rispetto ai singoli avvenimenti), non torneremo a descrivere quanto è avvenuto, forse ancora avviene mentre scriviamo e certamente è destinato a ripetersi tragicamente nei territori palestinesi occupati. L' "indignazione morale" per le nefandezze compiute dallo Stato d'Israele si è già manifestata nella `pubblica opinione", sulla base di un'informazione abbastanza precisa da parte dei mass-media (pressoché unanimemente concordi nel "mollare" un po' Israele per assecondare !apolitica di "comprensione" per i paesi arabi promossa dai settori trainanti del "nostro" imperialismo). La capacità di indignarsi moralmente può essere una buona cosa, se sincera. Diciamo che non basta più, né mai è bastata, perché non è con le proteste e le prediche che si può fermare la guerra che oppone Israele al popolo palestinese ed offrire a quest'ultimo una prospettiva. Occorrono, a tal fine, una comprensione ed un'azione politiche congrue al problema sul tappeto.

I militanti palestinesi che hanno diramato quest'appello mancano - lo dobbiamo dire fraternamente, ma fermamente - di entrambi gli elementi. Essi, disgraziatamente, si rivolgono una volta ancora a quelle forze della borghesia imperialista d'Occidente che possono, sì, aver interesse ad entrare nel gioco mediorientale condannando platonicamente Israele, se necessario, e, meno platonicamente, inviando in loco le proprie truppe "di pace", ma nessuna realistica via d'uscita possono offrire al popolo palestinese neppure entro i confini di una soluzione statale borghese entro e sotto l'egida del controllo/dominio imperialista. Le "soluzioni" che alcuni settori dell'imperialismo occidentale prospettano per la questione palestinese (Conferenza internazionale di pace, arbitrato ONU, etc.) altro non sono, infatti, che una camicia di forza entro la quale costringere da subito, prima che la situazione diventi "irrecuperabile", le masse palestinesi, senza dare ad esse nessuna garanzia reale sulla loro condizione futura, se non quella di… una crescente ingerenza imperialista nei loro problemi. Da un tale plurimo "protettorato" imperialista, che verrebbe ad aggiungersi a quello di Israele e che sarebbe in primo luogo finalizzato a tagliare il ponte naturale tra masse palestinesi, masse arabe e classe operaia metropolitana, il popolo palestinese può aspettarsi - sotto la scorza ipocrita di parole di "condanna - contro gli "eccessi" di Israele - solo un di più di ricatti, di controllo, di OPPRESSIONE REALE.

Altri sono i "naturali referenti"del popolo palestinese: la classe operaia, la sua lotta contro la politica del "proprio" imperialismo (ancora estremamente debole in assenza di un proprio partito marxista rivoluzionario). Sono queste le forze che, per quel che hanno saputo e potuto fare, hanno dato un contributo alla causa palestinese in occasione della precedente "missione di pace" in Libano (illusoriamente salutata da settori della stessa OLP come favorevole congiuntura, sul piano tattico almeno). Le stesse forze che oggi lavorano a contrastare logica e conseguenze dell'altra "missione di pace", nel Golfo Persico.

L'appello confonde, al proposito, le carte.

Riceviamo per la pubblicazione il seguente appello:

NO AL MASSACRO CONTRO IL POPOLO 
PALESTINESE NEI TERRITORI OCCUPATI!

Compagni e amici,
nella striscia di Gaza e nei territori palestinesi occupati si sta svolgendo da ormai due settimane un nuovo massacro.
Questo massacro, organizzato da Israele, vuole sopprimere la rivolta palestinese contro la politica aggressiva e l'occupazione militare ordinata dai vari governanti che si sono succeduti in Israele. Questa politica, questi massacri che continuano da anni vogliono distruggere il popolo palestinese e la sua legittima ed unica guida: l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina che con la sua giusta lotta vuole riconquistare i diritti del popolo palestinese nel suo ritorno in patria e nella costruzione dello stato indipendente palestinese.

Ciò che sta succedendo a Gaza e nei territori occupati non permette più il silenzio!
Questi massacri di bambini, donne e anziani indifesi, senza armi, è segno indiscutibile di metodi fascisti!
È necessaria la sicurezza dei campi e dei territori occupati e il diritto legittimo di lottare per la libertà del popolo palestinese!
Noi chiediamo a tutte le forze democratiche e a chi crede ancora negli ideali di libertà di alzare la voce facendo tutto il possibile per fermare immediatamente questo massacro.
Viva la rivoluzione del popolo palestinese!
Sostenitori del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina. 
Italia, 19 dicembre 1987

Tanto vale anche per il resto di esso. Noi crediamo (e l'abbiamo motivato) che l'OLP rappresenti tuttora la guida riconosciuta del popolo palestinese e che la causa palestinese debba essere sempre e comunque sostenuta incondizionatamente, qui in Occidente, qualsiasi cosa si pensi dell'OLP. Non possiamo tacere, però, che il "popolo palestinese" non costituisce una realtà unica - neppure di fronte al contraltare israeliano -, ma si scompone in classi particolari, con particolari interessi e politiche. L'OLP è il preciso portavoce di alcune di queste classi; altre, a cominciare dal proletariato, ne subiscono l'egemonia in misura direttamente proporzionale alla propria debolezza. Questo è vero in seno al popolo palestinese, in seno al più vasto mondo arabo e nell'ambito delle relazioni di classi e stati a scala internazionale. La linea dell'OLP ha crescentemente separato le sorti della liberazione della Palestina da quella della direzione di essa da parte dei proletari e dei lavoratori oppressi, i cui "particolari" interessi di classe sono sempre stati considerati di "disturbo" o di non rilevanza dinanzi alla causa "popolare" più "generale" di blocco tra le classi sotto direzione borghese del movimento. Non ha, a più forte ragione, lavorato per l'unificazione delle classi sociali rivoluzionarie dell'area, contribuendo più o meno direttamente al gioco della loro contrapposizione reazionaria, come s'è visto in Libano. Ha posto a garanti pagatori della propria causa i regimi statuali arabi più reazionari offrendo in cambio il non contagio della rivoluzione palestinese in Medio Oriente. A scala internazionale, allo stesso modo, si rivolge agli imperialisti "buoni" ponendo così la causa palestinese al servizio delle grandi manovre inter-imperialistiche destinate a soffocarla.

Non crediamo che Israele miri alla "distruzione del popolo palestinese", per la semplice ragione che una "soluzione finale" del genere non è possibile. Ma non crediamo neppure che esso miri alla distruzione dell'OLP, sua "unica" guida: l'acutezza del problema posto dai palestinesi è ormai tale che ad Israele tornerà d'obbligo assicurarsi un "compromesso" utile a tener lontano il fuoco dal barile delle polveri ed è a questo punto che l'OLP, o la sua parte maggioritaria, sarà riconosciuta -più o meno tortuosamente - come necessario e legittimo "interlocutore". La stessa OLP è oggi divisa e sarà domani squassata, dinanzi al problema di come e a qual fine continuare la lotta.

La lotta palestinese non è destinata a fermarsi né davanti ai confini tracciati dall'occupante israeliano ne a quelli della linea perdente di lotta dell'OLP. Anche nei recenti fatti di Gaza questo fenomeno, da lungo tempo in incubazione, è prepotentemente venuto alla luce. A battersi senza compromessi, con una sollevazione spontanea che da sola preannunzia di che tipo sarà l'insurrezione organizzata, sono giovanissimi d'età ed ultrasfruttati di condizione sociale che non si riconoscono più nell'OLP allo stesso modo dei loro padri. Perché? Se lo chiedano i compagni sostenitori del FPLP. In sostanza. Da proletari e comunisti delle metropoli faremo l'impossibile per dare un peso tangibile al nostro sostegno incondizionato alla causa palestinese, quale che ne sia la guida. Il proletariato d'Occidente non ha il diritto di esigere precondizioni "politiche" per sostenere la giusta lotta del popolo palestinese. Esso ha solo da mobilitarsi a suo favore cominciando a regolare i conti col "proprio" imperialismo. Al tempo stesso, però, non possiamo fare a meno di denunziare le direzioni, quand'anche egemoni, di questo movimento; per un motivo soltanto: perché esse noti conducono ad alcun esito positivo, né per il popolo palestinese, né perla guerra sociale in Medio Oriente ne per la causa anticapitalista di emancipazione internazionale.

Il circolo vizioso del martirio palestinese che dal secondo dopoguerra ad oggi, passando per Sabra e Chatila, si ripete, dev'essere finalmente spezzato. Non potrà esserlo se non congiungendo all'attacco allo Stato di Israele quello contro i regimi arabi reazionari della zona e contro l'intiero sistema di dominazione imperialista (a suon di cannoniere, dollari, diplomazie del sorriso e "sincere forze democratiche amiche"). L'OLP quale oggi è, per sua natura, non solleverà trai questa bandiera. Nondimeno, è di essa che abbiamo bisogno, fratelli palestinesi!, voi e noi tutti.