Dossier Nicaragua

 

BILANCIO DEL PMLN (MAP-ML) 
SUGLI ACCORDI DI ESQUIPULAS


Gli accordi di Esquipulas sono il risultato di tutto il processo negoziale avviato sin dalla formazione del gruppo di Contadora nel 1983, facilitato da un puro espediente, utilizzato dal Presidente costaricano Arias nell'elaborazione della proposta che è servita da sigillo agli accordi di Esquipulas: dopo una negoziazione durata 4 anni, sintetizzare in un documento tutti gli accordi ed i compromessi raggiunti in questo periodo e lasciar da parte tutti i punti di conflitto, non sufficientemente discussi, scomodi da affrontare o tali da porre un'ipoteca sulla prosecuzione del negoziato e la concretizzazione dell'accordo.

Così il documento firmato ad Esquipulas include i punti sui quali i governi di Guatemala, Honduras, El Salvador, Nicaragua e Costa Rica si sono trovati d'accordo ed esclude quelli su cui tale accordo non è stato trovato. Questo meccanismo ha una spiegazione politica: in questo modo viene messa da parte la tesi fondamentale su cui avevano insistito i sandinisti (l'amministrazione Reagan e l'imperialismo americano sono alla base della situazione bellica nella regione) mentre resta implicito che il Nicaragua deve regolare la propria situazione interna prima di andar avanti con altri negoziati, vale a dire: il governo sandinista dà un giro strategico al negoziato, arrendendosi di fronte alle pressioni politico-diplomatiche che stanno alla base di queste istanze attraverso il meccanismo di cui sopra.

Cosa manca negli accordi di Esquipulas?

Negli accordi di Esquipulas i punti che non trovano sanzione sono, tra gli altri, i seguenti: disarmo delle forze controrivoluzionarie; ritiro dei "consiglieri" stranieri; smantellamento delle basi militari degli eserciti extra-regionali; cessazione delle manovre militari degli eserciti stranieri; congelamento della consegna di armi; fine delle ingerenze esterne negli affari interstatali; no alla presenza di truppe straniere nella regione; accordo di non aggressione tra gli stati centroamericani; rilancio del dialogo bilaterale tra Stati Uniti e Nicaragua. In breve, il Nicaragua ha rinunziato in questa fase degli accordi a porre sul tappeto la problematica fondamentale della guerra, negoziando in cambio aspetti che hanno a che vedere con la sola situazione interna, quali: dialogo interno; amnistia; democratizzazione; cessate il fuoco; libertà completa per televisione, radio e stampa; apertura di nuovi mezzi di comunicazione; diritto di associazione per qualsiasi tipo di associazione politica; diritto a manifestare pubblicamente; agibilità completa per i membri di qualsiasi partito politico; sospensione dello stato di emergenza; elezioni supercontrollate internazionalmente, tanto per il Parlamento Centroamericano come per quelle municipali, per l'Assemblea Legislativa e per la Presidenza.

In questo modo, il governo sandinista accetta dei compromessi e rinunzia alle proprie esigenze nel processo negoziale.

Questa limitazione del risultato negoziale si somma ad un altro fattore: le borghesie regionali e centroamericane hanno forzato alla firma del compromesso di Esquipulas quando gli Stati Uniti attraversavano un momento di debolezza relativa di fronte al deteriorarsi militare-logistico dei mercenari e di fronte allo scandalo dell'Iran-Gate. L'amministrazione Reagan si trovava a malaparata nell'argomentare la necessità di fondi addizionali per i contras, dato il loro fiasco militare ed il fiasco politico momentaneo dell'amministrazione come prodotto della vendita di armi all'Iran e lo storno di fondi non autorizzati ai contras. La firma degli accordi offre ossigeno all'imperialismo dandogli tempo per ricuperare e contribuire ad una nuova autorizzazione di fondi del Congresso alla controrivoluzione condizionata all'applicazione degli accordi da parte dei sandinisti. Prima di Esquipulas, Reagan non contava più su alcuna giustificazione agli USA per l'approvazione dei fondi.

Un effetto negativo aggiuntivo degli accordi sta nel fatto che essi condannano le forze rivoluzionarie di Guatemala, El Salvador, Honduras e lo stesso Costa Rica ad abbandonare il cammino della lotta armata rivoluzionaria che, lo si voglia o no, obiettivamente costituiscono mutue retroguardie per i popoli centroamericani. Questo fatto indebolisce anche il popolo nicaraguegno.

Per gli antecedenti del negoziato, per il suo concreto svolgersi, per il sigillo che si è dato, per la logica di Esquipulas e per i meccanismi stabiliti per la sua attuazione, il patto firmato non solo non offrirà alcuna via d'uscita alla problematica bellica nella regione, dal momento che lede la sovranità popolare ed il diritto all'autodeterminazione del popolo nicaraguegno, ma non metteranno fine al blocco economico né agli aiuti ai contras né ancora alle manovre militari dell'esercito USA contro il Nicaragua ed all'aggressione dei contras.

Il sandinismo ha firmato un documento la cui essenza è la seguente: il Nicaragua riconosce giuridicamente, moralmente e politicamente il diritto di governi e forze straniere ad immischiarsi e prender parte determinante negli affari interni che riguardano solo il popolo nicaraguegno. Per dare un'idea: si formerà una Commissione di riconciliazione nazionale che si incaricherà di stabilire se gli accordi saranno o no rispettati, dandone conto alle forze internazionali. Si formerà inoltre una Commissione esecutiva incaricata di regolamentare e dare impulso al compimento degli accordi. Questa commissione è formata dai cancellieri di Guatemala, El Salvador, Costa Rica e Nicaragua. Si formerà per di più una Commissione internazionale di verifica che informerà alla prossima riunione dei presidenti centroamericani del gennaio 1988 quale paese sta rispettando gli accordi per "prendere decisioni acconce ", come stabilito ad Esquipulas. Quest'ultima commissione sarà formata da Messico, Venezuela, Colombia, Panama, Argentina, Brasile, Perù, Uruguay più i segretari generali dell'OEA e dell'ONU. Una batteria di pressione di alto calibro che non si è mai applicata al somozismo o al regime di Duvalier né si applicherà mai a regimi come quelli di Strossner in Paraguay o al Sudafrica. Tanta è la paura della borghesia per il consolidarsi e l'avanzare della rivoluzione in Nicaragua ed in Centroamerica!

Di qui l'insistenza delle forze borghesi internazionali nell'incrociare le spade contro le forze rivoluzionarie interne del Nicaragua, vale a dire a favore del rafforzamento della politica controrivoluzionaria interna.

In questo contesto, l'applicazione degli accordi va diretta a garantire alle forze controrivoluzionarie interne quello spazio politico che sin qui esse non hanno saputo guadagnarsi, data l'alta disposizione rivoluzionaria del popolo. Per questo l'imperialismo cerca di istituzionalizzare all'interno la controrivoluzione mentre fortifica e riorganizza la pressione dell'aggressione militare aggressiva attraverso contras e marines. Di fatto, si è messa in atto a tal fine una divisione del lavoro che nella propaganda confusionista si fa apparire come divisione di fini e scontro di criteri: la socialdemocrazia europea - e specificamente la CEE si sono specializzate nell'accerchiamento politico-diplomatico della rivoluzione nicaraguegna, mentre Reagan s'incarica del "lavoro sporco".

A prova di ciò, Reagan si appresta a sollecitare nuovi fondi da parte del Congresso, il cui utilizzo dipenderebbe dal "rispetto "o meno degli accordi da parte del Nicaragua (e non c'è alcuna garanzia che le forze di pressione imperialiste si accontenteranno di questo!), mentre il documento di Esquipulas lancia le proprie invocazioni alla CEE ed al Papa, in buon ordine!

La destra interna sembra credere che Esquipulas possa essere 1'Espino Negro della rivoluzione. Il fatto che il termine stabilito per il rispetto degli accordi sia fissato al 7 novembre, anniversario della Rivoluzione d'Ottobre e alla vigilia dell'anniversario della caduta in combattimento di Carlos Fonseca, obbligai sandinisti genuinamente anti-imperialisti, le forze avverse all'intervento straniero, i marxisti-leninisti a dimostrare alla reazione che Esquipulas non è Espino Negro, che la lotta per l'autodeterminazione del popolo nicaraguegno, per la non ingerenza nei nostri affari interni, per la difesa delle conquiste strappate il 19 luglio, per il loro consolidamento, per la loro estensione, chiama la classe operaia, il popolo nicaraguegno, ad un fronte unitario combattivo contro le pretese di restaurazione della reazione interna e dell'imperialismo.

Tutte le forze popolari, anti-imperialiste, tutti coloro che difendono l'autodeterminazione del popolo, devono convergere nella lotta per impedire che gli accordi di Esquipulas indeboliscano e smantellino le conquiste raggiunte.

Il negoziato di Esquipulas è stato fatto col fucile alle costole. Dobbiamo lavorare tenacemente col popolo per cambiare questa situazione!

(da "Prensa Proletaria" n ° 27, settembre 1987)


Continuare la lotta per il socialismo in Nicaragua.
Affrontare uniti l'offensiva imperialista

L'imperialismo statunitense, attraverso l'amministrazione Reagan, ha lanciato un'offensiva generalizzata contro i popoli del mondo che, con la loro mobilitazione e la loro presa di coscienza, mettono in pericolo gli interessi economici e geopolitica dell'imperialismo stesso. I popoli di El Salvador, del Nicaragua, di Panama, del Perù, della Bolivia sono quelli che in questo momento stanno affrontando più direttamente le aggressioni e le pressioni USA nel nostro continente latino-americano. Altri popoli, però, come i negri del Sud Africa, della Corea del Sud, delle Filippine, di Haiti stanno lavorando a tagliar le unghie all'imperialismo nordamericano.

Le borghesie dei paesi aggrediti, vista la crescente mobilitazione popolare, intendono manipolare i sentimenti anta-imperialisti e di autodeterminazione dei popoli allo scopo di evitare che le forze popolari entrino decisamente in lotta contro il capitalismo e la dipendenza e simulano di porsi al fianco di queste lotte per condurle sulla via del compromesso.

Le forze rivoluzionarie hanno tuttavia il dovere di essere in prima fila nei movimenti anta-imperialisti e per la difesa dell'autodeterminazione dei popoli di fronte all'imperialismo, così come esse devono educare ed organizzare le forze popolari nell'identificazione del nemico in casa propria e nella lotta ininterrotta contro di esso.

La lotta rivoluzionaria oggigiorno è anta-imperialista e non può fare a meno per questo di essere anticapitalista. Occorre perciò strappare alla borghesia la direzione del movimento antiimperialista mondiale perché possa decisamente avanzare in questa lotta la prospettiva rivoluzionaria.

Contadora, Esquipulas, Lima, Bogotà sono state riunioni internazionali della borghesia latino-americana nel tentativo di manipolare e controllare la lotta anta-imperialista.

Dall'altro lato, le forze rivoluzionarie anta-imperialiste della regione latinoamericana non hanno potuto sin qui presentarsi come un solo fascio di forze contro queste manovre. L'Union Revolucionaria Nacional Guatemalteca (URNG), le forze di sinistra in Nicaragua, la Coordinadora Nacional Guerrillera de Colombia, il Fronte Farabundo Martì di Liberazione Nazionale (FMLN) e le forze popolari antiimperialiste dell'Ecuador, del Perù, della Bolivia, del Venezuela e del resto dei paesi latino-americani hanno la responsabilità di lavorare per mettere in atto un tale tipo di risposta.

Il PMLN è per l'autodeterminazione del popolo salvadoregno, la cessazione della repressione in Guatemala, l'espulsione dei marines dall'Honduras, la cessazione della guerra imperialista contro il Nicaragua, la sovranità del popolo panamense sul canale interoceanico, il diritto alla vita ed alla democratizzazione in Colombia, la fine degli assassinii in Perù così come per tutte le altre rivendicazioni poste dalla lotta per l'autodeterminazione nazionale dei nostri popoli.

In accordo con quest'impegno, in Nicaragua, ad otto anni dal trionfò popolare contro la dittatura pro-imperialista di Somoza, noti c'è altra strada che rafforzare la lotta per il socialismo, lo sforzo di mettere il proletariato alla testa di questi grandi obiettivi, non solo come forza propulsiva, ma conce garanzia che vi sia una direzione di classe della lotta attuale, l'unica in grado di poter dare risposte risolutive alla crisi, alla guerra imperialista, al problema delle trasformazioni successive alla liberazione nazionale e sociale del proletariato e del popolo.

(da "Prensa Proletaria" n. 27, settembre 1987)