L’acutizzarsi della crisi capitalistica (che prendiamo in esame in altra parte del giornale);si manifesta visibilmente come tentativo degli USA di ristabilire il loro predominio rispetto alle altre potenze metropolitane.
Ciò dà il destro a varie forze, anche di cosiddetta estrema, di ripescare dal guardaroba il classico abito "antimperialista" di "liberazione nazionale" od "europea" dal gioco degli USA e del loro braccio armato NATO: un abito tagliato su misura dallo stalinismo proprio per deviare la lotta del proletariato dagli obiettivi di classe a quelli del progressismo "democratico" interclassista.
Si può mai pensare di rispondere al revisionismo andando alla scuola del classico revisionismo anni cinquanta? E’ questo il tema che questa breve nota propone agli interessati…
Non v’è dubbio che con la seconda guerra mondiale l'imperialismo statunitense sia diventato il più forte del mondo e che tale resti anche oggi.
Esso non è diventato però l'unico imperialismo, che avrebbe ridotto i concorrenti in sub-imperialismi o, peggio, in neocolonie.
Perfino gli anni cinquanta, quando il suo predominio era più marcato, esso si è trovato in una seria contraddizione con l'emergente imperialismo russo e, sul finire degli anni sessanta si è trovata a dover affrontare la forte concorrenza economica dei suoi "alleati" europei e giapponesi.
Senza peccare di eccesso, si può affermare che da un buon numero di lustri tutta l’area che comprende il Nord America, le due Europe, il Giappone, l’Australia e la Nuova Zelanda si colloca in una posizione di predominio, sia pur contrastato, su tutto il resto del mondo: predominio tecnologico, predominio militare. Non si tratta ovviamente -come la crisi ha bene evidenziato- di un blocco compatto ed inter pares: dentro quest’area vi è gerarchia e concorrenza, tra Ovest ed Est, con il Sud e nel Sud.
Il senso comune "antimperialista""L'aggravarsi del pericolo di guerra per il nostro Paese, il carattere sempre più apertamente antinazionale della politica del governo, che mette le forze armate italiane a disposizione degli imperialisti stranieri, fa gravare sul nostro popolo le conseguenze rovinose di una politica di guerra". (Risoluzione del PCI, 19 gennaio l951). "Ultima provincia dell'impero, l'Italia funziona da "culo di sacco", pattumiera d'Europa (...) Guerriglia vuol dire anche rifiuto della condizione di "negri bianchi" dell'imperialismo, rifiuto di una subalternità economica, politica, culturale, scientifica, psicologica che la quinta colonna democristiana ci vuole imporre a qualsiasi costo. Guerriglia vuol dire rifiuto di questa collocazione da paese di "serie B" dentro il sistema democratico occidentale". (Risoluzione delle BR, febbraio l978). |
In una situazione del genere dobbiamo chiederci dove va indirizzata, da parte di chi può, l'emergenza dell'antagonismo proletario.
Come al solito, se si va al di là degli aggettivi inutili e fuorvianti, le risposte si riducono a due.
La prima, evidenziato il fattore gerarchico, cerca di trascinare il proletariato nell'appoggio del proprio paese, considerato più debole e/o più democratico: in Italia, ad esempio, diventerebbe essenziale la lotta di liberazione dalla NATO, strumento dell'oppressione statunitense.
Molti tra coloro che riprendono questa parola d'ordine sono sinceramente convinti di raccogliere una vecchia bandiera lasciata cadere nel fango dal PCI di Berlinguer ed eredi; una bandiera dietro la quale si mobilitarono milioni di proletari e i "nuovi partigiani" (il cui arco variopinto, attraversato però da un unico "senso comune", va dalla sinistra del PCI alla FGCI sino alle BR, tutti impegnati contro il filo-atlantismo dei vari Napolitano). Ma non è meno vero che questa fiera parola d'ordine contraddistinse il PCI di Togliatti, che, proprio attraverso questo ed altri obiettivi "intermedi" di "liberazione nazionale" dalla sudditanza nei confronti dell'imperialismo USA, lavorò a scongiurare l'attualità della rivoluzione proletaria, opponendovi il blocco nazionale "progressista" tra le classi; così come contraddistinse, "mutatis mutandis", la Seconda Internazionale che, in ogni paese in guerra, preferì che milioni di proletari si macellassero tra loro per la difesa della patria minacciata dall'imperialismo... altrui, anziché dare l'assalto violento al potere "in casa propria".
La seconda risposta cerca invece di rafforzare l'autonomia del proletariato in ogni paese imperialista, sia esso anche il più debole e il più democratico. Detto nei termini retorici graditi ad alcuni "neopartigiani", se a noi spetta andare a riprendere le bandiere gettate nel fango dal riformismo andiamo a riprenderci le nostre soltanto: ad esempio, quella innalzata nella Russia del '17, sulla quale si scrisse: "Il nemico principale è il nostro imperialismo", pur in presenza del dominante capitale anglo-francese e dell'invasione tedesca. E, per venire all'Italia oggi, cioè ad un paese imperialista collocato al 7° (e forse al 6°, secondo le ultime rilevazioni) posto nella gerarchia delle potenze industriali, al 5° nelle esportazioni d'armi, ad uno dei primi nell'investimento di capitali in URSS (e perfino in USA), ad un paese orgoglioso, con Craxi, di essersi avviato a riconquistarsi un posto al sole, il compito principale del proletariato italiano è la sua autonomia da tutto il resto della borghesia per liberarsi dal proprio imperialismo: su questa strada ci sarà in seconda istanza anche l'ostacolo USA, ma solo un folle può negare che a venirci contro direttamente, prevalentemente e immediatamente sarà la forza istituzionale e militare del capitale nostrano per conto proprio, quand'anche sostenuto da altri.
Qualche "rivoluzionario" in lotta "da sinistra" contro il PCI ci ha chiesto provocatoriamente se e come il proletariato italiano debba lottare contro l'imperialismo USA.
Poiché il nostro interlocutore appartiene ad un'organizzazione che si compiace a ribadire ad ogni tre righe dei suoi documenti la propria fedeltà al marxismo-LENINISMO, diamo qui una risposta che gli risulterà facile facile: come lottò il proletariato russo, diretto dai bolscevichi, schierandosi con il proletariato tedesco e americano contro l'imperialismo tedesco ed angloamericano... nonostante le accuse di collusione con lo straniero lanciate dai menscevichi (che a quei tempi ancora non si denominavano enfaticamente marxisti-LENINISTI).