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LA FERRANDEIDE La cancellazione di Ferrando dalle liste degli “onorevoli” (aspiranti ed effettivi) ha dato la misura definitiva, se mai ce ne fosse stato bisogno, dello squallore che avvolge Rifondazione. Stiamo ai fatti: non solo Rifondazione, ma una bella fetta dell’Unione (… disunita), si è sempre proclamata, a parole, per il ritiro delle “nostre” truppe dall’Iraq. Con quali motivazioni? Si tratta di un’operazione di guerra, oppressiva del popolo iracheno, e, per giunta, in subordine agli Usa, senza neppure una briciola di Onu e della “diversa” Europa (tagliata fuori dalle decisioni sui modi dell’intervento, che da queste parti pur si assicura necessario se “umanitario” ed all’insegna della violata “legalità internazionale” e soprattutto tagliata fuori dalla ripartizione degli utili in questione, anche se non detto esplicitamente). Ora, se due più due fa quattro, l’esercito italiano che partecipa ad una guerra ingiusta e, a quanto sembra, abbastanza criminale (come sappiamo non dalle due Simone o dai nostri inviati “alternativi”, ma da coraggiosi giornalisti di altri siti, a cominciare dagli Usa), contribuendo ad una occupazione “illegale” dell’Iraq contro il volere delle popolazioni locali, ne dovrebbe per forza conseguire che gli occupati hanno il sacrosanto diritto di difendersi e (non dispiaccia al neo-pacifista Bertinotti) non con sterili petizioni di principio, ma con la controforza delle armi. Nassiriya? Questo è. In caso contrario, converrebbe davvero accettare la bufala non del solo Berlusconi, ma di un Rutelli o del “nostro amato presidente della repubblichetta”: noi stiamo lì per la pace e il benessere del popolo iracheno, che ce lo chiede ufficialmente tramite i suoi legittimi rappresentanti usciti da legittime elezioni che proprio noi abbiamo loro elargito. Non c’è spazio per altre soluzioni, per quanto quelli dell’Unione e, primo fra tutti Bertinotti, in fatto di contorsionismo risultino maestri insuperabili (li raccomandiamo per il prossimo Festival del Circo di Montecarlo). Dove, quindi, lo scandalo delle affermazioni, per altro molto misurate (cioè reticenti sull’essenziale), di Ferrando? Nel fatto che costui ha creduto di tirare le debite somme dal ragionamento propagandistico in chiave antiberlusconiana fatto dall’Unione. Ferrando si lamenta che il suo partito non abbia agito in modo democraticamente corretto, non abbia sottoposto la “sua” questione al libero giudizio democratico dei militanti del partito. (Tra l’altro, vista la deriva –logica- di Rifondazione, della quale lui stesso porta un’essenziale parte di colpa, la decisione “autocratica” di Fausto sarebbe democraticamente sancita a larghissima maggioranza.) Se fosse un comunista coerente, Ferrando dovrebbe invece rallegrarsi che il “suo” caso abbia materialmente tolto ogni residuo velo alla sostanza di allineamento alla ragion di stato del capitalismo italiano (ed europeo) di Rifondazione da cui occorre scindere ogni responsabilità (meglio tardi che mai; ma per qualcuno non è mai troppo tardi). Per il “suo” partito egli è impresentabile; sono invece presentabilissimi Rutelli, il guerrafondaio per eccellenza Pannella, gli onest’uomini Mastella e Circiaco De Mita etc. etc. e, nell’ambito del suo partito, Vladimir Luxuria. Tutti questi personaggi hanno un denominatore comune: stanno nel sistema (e ci stanno benissimo), chi con le armi in mano, chi a guardia del bidone di benzina. Ferrando è sospetto di “eversione” (dichiarazione ultima di Bertinotti: nella sinistra c’è ancora chi coltiva l’idea della conquista del potere per via violenta, senza accorgersi che il potere l’abbiamo già conquistato, ed è questo, in cui manebimus optime). A Matrix Ferrando ha risposto alle domande di un Mentana, che lo guardava non si sa se con più astio o commiserazione, in maniera in parte non indegna, rivendicando non solo la sua attuale posizione sull’Iraq, ma la sua critica “spietata” (in realtà… spietatina) alla logica bertinottiana delle precedenti esperienze governative con Prodi, di cui si avallarono tutte le misure interne anticlassiste. Bene. Ma anche qui vale la regola del due più due. Un partito del genere dimostra di essere organicamente nel solco di una politica (ampiamente teorizzata del resto) estranea e contraria alla linea di classe. Quale la giustificazione alla sua copertura a sinistra da parte di “Progetto Comunista” e consoci? Quella di un possibile riscatto “a sinistra” a colpi di voti all’interno del partito? In realtà, la “sinistra estrema” di Rifondazione non ha potuto far altro, in questi anni, che inseguire la direzione all’indietro nel vano tentativo di salvare delle trincee vieppiù arretrate. Ferrando parla, contro Bertinotti, di un “protagonismo di classe” dal basso in contrapposizione a quello rovinoso dall’alto. Ma come dar voce a questa supposta alternativa pura? Un semplice appiattimento sul “movimento” no, visto che le “istanze” movimentiste non trovano una voce ed una direzione politica adeguata in maniera “spontanea” di cui farsi parte (fuori da Rifondazione, se le cose hanno un senso). Un lavoro di ricostruzione del partito rivoluzionario di classe nemmeno, perché pochi o quasi nessuno oggi ci sta ed imbarcarsi in esso, per dei formidabili “realisti” alla Ferrando, significherebbe perdere la rendita di posizione di una “minoranza riconosciuta” di un “partito di massa”. Peccato che questo calcolo “realista”, come abbiamo scritto in passato, sia intrinsecamente fasullo. Chi non vuole rompere col sottoriformismo bertinottiano ha davanti a sé solo due strade: o adeguarsi al basso, sempre più al basso, od esserne escluso a pedate, come di norma capita a chi strepita tanto, ma all’avversario porge il sedere. Accade così che una linea di resistenza alla deriva che ha coinvolto, lo ammettiamo, tanti bravi compagni si traduca in un solenne naufragio annunciato. Ci resta solo da notare che anche nelle sue “fiere” risposte a Mentana Ferrando non ha potuto fare a meno di qualificare come “terroristico” l’attacco a Nassiriya, con la sola avvertenza che tanto deprecabile terrorismo si deve al fatto che “noi” non lasciamo svolgere agli iracheni la propria azione di resistenza da soli, astraendoci come italiani dal campo bellico; secondariamente: nessuna parola, di conseguenza, sul nemico principale in casa propria, l’imperialismo italiano, contro cui qui battersi in prospettiva unitaria con gli oppressi iracheni. Caro Ferrando, inutile che, al modo di Penelope, tu tessa la tua tela “comunista” di giorno per disfarla di notte in attesa di un Ulisse destinato a non arrivare mai. Per noi comunisti, Ulisse siamo noi, costi quel che costi (e noi, come OCI, ne sappiamo qualcosa…) in termini di sicura ed invariante tenuta di rotta. Il problema sta tutto qui: le contraddizioni antagoniste sul campo sono tali o no da implicare la necessità di un fermo e preventivo orientamento comunista? Chi ci crede ne tragga le conseguenze. In caso contrario (maga Circe insegni!) possiamo benissimo stare tutti assieme, salvo che trasformati in porci. 23 febbraio 2006 |
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Organizzazione Comunista Internazionalista |
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