Contro il concorso
per miss mondo

Bangalore, Abuja Kaduna e Kano, Londra...

Uno scontro religioso, una mobilitazione contro la libertà della donna: così la stampa italiana ha presentato la rivolta popolare che ha incendiato la Nigeria durante l'ultima edizione del concorso di miss mondo... Si è ripetuto fino alla noia che in Nigeria la donna rischia la lapidazione (e certo non saremo noi a negare che odiose forme di vecchio patriarcalismo pre-capitalistico sopravvivono con l'aiuto della modernità in tanti paesi del Terzo Mondo). Il problema è però un altro: enfatizzando l'esistenza di queste forme, si è voluto dare ad intendere che la kermesse sarebbe servita anche a denunciare e prendere in carico la condizione di oppressione della donna in quel paese e nell'Islam in genere.

Eppure sarebbe bastato ricordare il precedente di Bangalore (una città indiana industrializzata e a maggioranza induista) per insinuare più di un dubbio su questa lurida campagna. Nel 1996 l'ignobile parata vi trovò un'accoglienza non dissimile da quella ricevuta in Nigeria: miss mondo fu incoronata in mezzo ad una battaglia campale, in cui 13.000 poliziotti fronteggiavano con i lacrimogeni le manifestazioni popolari, con molti feriti e 1.800 arresti.

Evidentemente la reazione popolare ha avuto ed ha poco a che fare con il credo religioso, quanto piuttosto con il ruolo assolto dal concorso, con il giro di affari che esso consente alle multinazionali della "bellezza" e con il modello "culturale" che esso vuole imporre e che, in questi paesi, indipendentemente dalle religioni professate, viene percepito come un intollerabile insulto. Un insulto diretto innanzitutto alla condizione delle donne africane di lì e qui. Lì, come produttrici di braccia e bestie da soma per il mercato mondiale. Qui, magari più "fortunate" quanto a "salario", come ragazze di strada.

I gruppi di femministe britanniche e le rappresentanti della comunità islamica londinese che sono andate ad accogliere le miss in fuga protestando contro un concorso "che è una vergogna ovunque, anche a Londra"; hanno dimostrato di aver capito il messaggio. Hanno saputo mettere sotto accusa la campagna con cui l'Occidente chiama le donne del nord del mondo a vedere nella propria condizione il massimo di "emancipazione" possibile e ad assumere in proprio la difesa della civiltà occidentale nella quale la donna è, in altro modo, merce, oggetto di piacere e vittima della violenza. E a questo non è certamente senza relazione con i semi gettati dalla Marcia Mondiale delle Donne.

Dello scontro in Nigeria protagoniste sono state le donne, anche quelle musulmane. Che sono state in prima fila anche nelle lotte contro le malefatte del governo nazionale e delle multinazionali straniere che stanno saccheggiando e distruggendo il paese. Pochi giorni prima del concorso, ad esempio, 5.000 donne hanno assediato una fabbrica di acciaio di un consorzio nippo-austriaco. Nel luglio scorso 2.000 donne hanno bloccato per giorni il principale impianto di estrazione della Chevron-Texaco. Nel 2000 e nel 2002 poi, hanno partecipato agli scioperi generali che hanno bloccato il paese contro gli effetti della politica di austerità imposta al governo di Lagos dalla finanza e dai governi occidentali. A riprova del fatto che la lotta contro l'oppressione di sesso, di razza e di classe è una sola.

Appoggiamo le loro lotte e uniamoci alle donne del Sud del mondo e alle donne immigrate per la comune emancipazione contro il doppio sfruttamento, il patriarcalismo e la mercificazione!