A tredici mesi dall'Argentinazo |
Il movimento di lotta resiste agli affondi repressivi di Duhalde, e inizia a tessere la sua tela anche fuori dall'Argentina.
Tiranno non è solo il tempo, lo è anche lo spazio. Sicché rendere conto in una sola pagina dei materiali accumulati in mesi di studio compartecipe della situazione argentina è davvero un'impresa.
Dovremmo, tanto per dire, parlare a fondo di come perfino in una realtà di scontro di classe così acuta, le elezioni si stiano svolgendo, nella massa, nella confusione e nella diversione. Lo faremo nel prossimo numero.
Ci limitiamo ad un semplice aggiornamento sullo stato del movimento e sul tema della repressione delle lotte.
Cominciamo col dire che la resistenza di massa incarnata da molteplici movimenti di lotta che sono stati in grado di respingere vigorosamente l'attacco sanguinoso portato dal governo il 26 di giugno, vive oggi un momento di difficoltà: l'onda delle mobilitazioni popolari ha segnato in questi ultimi mesi una fase di relativo riflusso. Sia il movimento delle Assemblee Popolari che i movimenti dei piqueteros, i quali dal marzo 2002 non hanno più trovato momenti unitari di confronto e di lotta. Tutto il "campo popolare in lotta" è attraversato da contrasti e divisioni fra le cento anime che lo compongono (1).
Sopra di tutto, la parte più avanzata dei movimenti di lotta ed i militanti di classe non è riuscita ancora a far breccia nella massa decisiva della classe operaia ancora occupata e del "popolo profondo". Una massa su cui gravano ancora come macigni, da un lato, cinquant'anni di storia, di tradizione e di educazione peronisti, un impasto cioè di populismo e nazionalismo, una catena di collaborazione e conciliazione di classe che vuole il proletariato sottomesso ai destini "della patria comune". E dall'altro lato fattori ben materiali, volti a tenere la classe operaia avvinta alle strutture dell'ordine costituito, come ad esempio il fatto che sono solo i sindacati ufficiali (le due Cgt) ad essere riconosciuti ed a gestire insieme a stato e padronato il sistema previdenziale e sanitario sicché rompere con l'apparato burocratico, per quanto screditato, corrotto e colluso col regime, non è affatto semplice né automatico. Per i proletari che ancora hanno un posto di lavoro in un oceano di disoccupazione, e se lo tengono stretto sobbarcandosi giornate di 10-12 ore lavorative per sfamare le proprie famiglie, rompere con la burocrazia e l'apparato del controllo sociale è un passo delicato e difficile giacché implica, fra l'altro, la perdita di diritti e protezioni sociali per quanto ridotti a un livello minimo.
Si può comprendere, allora, come in questi tredici mesi di resistenza e di lotte diffuse, mesi di ulteriori terribili colpi alle condizioni di vita delle masse, non si sia riusciti a costruire un solo sciopero generale nazionale benché questo fosse un obiettivo rivendicato e perseguito dai raggruppamenti più radicali.
Tuttavia, nonostante queste evidenti difficoltà, i movimenti di lotta in generale ed anche le componenti più militanti e radicali sono riusciti a mantenere una capacità di organizzazione e di mobilitazione di massa ancora tali da sventare lo schiacciamento brutale e la resa di un popolo ribelle, l'obiettivo supremo cui punta la borghesia argentina in nome degli interessi propri e di quelli dei centri del capitalismo mondiale. Nel dicembre scorso, ancora una volta, decine di migliaia di proletari, di giovani, di cittadini ridotti sul lastrico hanno occupato Plaza de Mayo in occasione dell'anniversario dell'Argentinazo. Hanno lanciato, di nuovo, il proprio Que se vayan todos! ai poteri "di sempre": il governo Duhalde, i banchieri ladroni, gli assassini impuniti, il Fmi affamatore e l'imperialismo criminale. Rabbia ancora impotente, si potrà dire, ma è vero, come detto dai compagni dell'Utd di Ensenada, che gli schiavi che si sono levati in questi mesi non sono stati piegati.
Dall'altra parte della barricata, la borghesia, gli apparati e le istituzioni dello stato scossi in profondità dall'Argentinazo sono ugualmente percorsi da lacerazioni al proprio interno, pressati dalla necessità di eseguire i mandati dei loro padrini imperialisti e da una ribellione sociale interna che non riescono a far rientrare. Uno stato, quello argentino, in cui la borghesia continua a vivere nell'agiatezza, "all'occidentale", seppur blindata nei suoi quartieri e nelle sue proprietà, e nel quale i figli del proletariato muoiono di stenti e di fame, come di recente hanno scoperto persino i media ufficiali (ed i grandi media internazionali) per mostrarci subito dopo "l'impegno sociale" in assistenza e compassione della moglie del presidente Duhalde -turbata dalla notizia della morte per fame di tre bimbi- e "l'impegno sociale" dell'esercito stesso, attivato con le sue cucine da campo nelle province più depresse ad "alleviare le sofferenze del popolo". Uno stato, nel quale si muovono impuniti ladroni ed assassini vecchi e nuovi, che è riconosciuto come pienamente democratico, tanto è vero che si avvia a celebrare nel prossimo aprile il sacro rito delle libere elezioni, autentica trappola nella quale si apprestano a cadere in tanti nei movimenti di lotta seguendo il mito "dello spostamento a sinistra" del quadro politico-istituzionale (prospettiva rinfocolata dalla vittoria di Lula in Brasile). Uno stato le cui istituzioni ed i cui uomini sono coperti dal più profondo disprezzo, che si regge grazie all'opera di pompieraggio sociale messa in atto dalle due maggiori centrali sindacali, al controllo sociale garantito ancora dalle clientele, dalla demagogia populista e dalle squadracce punteros delle fazioni peroniste, all'azione "solidaristica" della Chiesa Cattolica e alla tregua e sostanziale collaborazione di classe garantitagli dalle dirigenze di Cta e Ccc, cioè dalle parti più moderate e riformiste dei movimenti di lotta. Ebbene, un tale stato è venuto aumentando negli ultimi mesi la sua pressione sulla resistenza popolare.
Prove tecniche contro-rivoluzionarie
Dopo il 26 di giugno, il governo e gli apparati dello stato hanno incassato il colpo della pronta reazione di massa, ma ben presto sono tornati a mostrare i denti.
A fine settembre in Salta,una manifestazione di disoccupati convocata dalla Cta e dalla Ccc viene attaccata duramente dalla gendarmeria: 110 dimostranti vengono arrestati. Le immediate mobilitazioni nella zona e nell'intero paese portano alla scarcerazione di tutti i lottatori. Ai primi di ottobre l'occupazione della Zanon è sotto attacco. Gli squallidi caporioni del sindacato ufficiale esautorati dal sindacato di fabbrica, tentano di far sloggiare gli operai cercando di mettere i disoccupati della zona contro "gli estremisti che impediscono il normale lavoro". Per giorni i lavoratori Zanon, spalleggiati da piqueteros e militanti delle Assemblee popolari, fronteggiano ai cancelli la polizia e uno sparuto gruppo di provocatori. L'attacco è sventato grazie al coinvolgimento in questa lotta operaia della parte più attiva dei disoccupati organizzata attorno al Coordinamento di Neuquen; viene creata la Comissione Nazionale in difesa delle fabbriche occupate attorno all'asse lavoratori Zanon-Madres. Alla fine di ottobre, 1600 lavoratori dei trasporti metropolitani (Metrovias) entrano in sciopero a Buenos Aires reclamando la riduzione dell'orario di lavoro. Una selvaggia carica si scaglia su una loro manifestazione facendo diversi feriti gravi fra gli operai. Negli stessi giorni si intensificano le minacce verso la contro-informazione di movimento: nel mirino finiscono in particolare i compagni di Indymedia. In novembre tocca alla Bruckman: gli operai vengono sloggiati e lo stabilimento è preso in consegna dai poliziotti. Passa un giorno, però, e i lavoratori, insieme a centinaia di militanti accorsi dai Barrios, rioccupano lo stabilimento sfondando l'esile cordone della polizia. Il 14 dicembre la sbirraglia si scatena contro i lavoratori della Clinica Halac a Cordoba in lotta per la difesa del posto di lavoro e contro la privatizzazione dell'ospedale: negli scontri sono feriti 10 lavoratori, 59 gli arrestati.
Questi sono stati gli ultimi più salienti passaggi della guerra di classe in Argentina, una guerra in cui né la borghesia né il proletariato sono in grado nel breve periodo di sferrare i colpi risolutivi. Per quanto riguarda la nostra classe, il nostro fronte, possiamo sottoscrivere quanto detto dai compagni del Pts in un loro lucido ed anche giustamente impietoso bilancio di un anno di lotte: "La frammentazione politica ed ideologica è inevitabile all'inizio di un processo rivoluzionario quando ancora le masse non hanno dato le battaglie decisive. Nel seno del movimento la eterogeneità politica e ideologica è stata inoltre aumentata dal fatto che non ha fatto irruzione un movimento di massa indipendente e radicalizzato, la sua avanguardia è molto volatile e la sua potenziale rappresentazione politica difetta tanto di una solida base sociale quanto di un progetto di lotta per il potere come dell'idea stessa della rivoluzione socialista e della costruzione di un partito rivoluzionario della classe lavoratrice" (2). Né diversamente poteva essere all'inizio di una guerra di classe in cui però i proletari d'avanguardia, i militanti di classe argentini hanno già dimostrato d'avere i muscoli, la passione, il cuore necessari per andare oltre.
Una prima proiezione verso le metropoli
Infine, una considerazione. Nel penultimo che fare (n. 58 giugno 2002) notavamo come sull'emergenza della lotta di classe in Argentina si cercasse di stendere una cappa di silenzio da parte dell'ordine costituito che ne paventava il contagio, mentre le stesso movimento "no-global" o meglio, i suoi personaggi più in vista, tendessero a isolare e marginalizzare le problematiche e le potenzialità sollevate dall'Argentinazo nella lotta contro la globalizzazione capitalistica. Constatiamo oggi come quella cortina d'isolamento sia saltata.
A Porto Alegre 2003, a differenza dell'edizione precedente, ha partecipato una foltissima "delegazione" argentina ed essa ha incontrato il calore che sale dalle mobilitazioni in tutta l'America Latina, dalle mobilitazioni dei diseredati venezuelani in grado ancora una volta di respingere gli assalti della reazione, a quelle dei cocaleros in Bolivia, ai sem terra brasiliani. La lotta in Argentina è oggi meno isolata di ieri, dal momento che una serie di movimenti di lotta stanno contrapponendosi alle politiche affamatorie dell'Fmi, ai disegni di assoggettamento del continente come il piano Alca che gli Usa cercano di imporre. Si va creando un comune sentire di avversione all'imperialismo fra le masse latinoamericane, laddove si fa strada la coscienza che nessuna difesa è realmente possibile rimanendo chiusi con le proprie lotte all'interno delle specificità nazionali.
Alcune componenti più avanzate dei movimenti di lotta argentini hanno, del resto, avvertito la necessità di gettare addirittura un ponte, un primo collegamento diretto con chi nelle metropoli occidentali è impegnato nel contrasto della globalizzazione imperialista. Il ghiaccio è stato rotto in prima persona dalla venuta in Europa di rappresentanti del Ctd Anibal Veron prima e della Zanon occupata in seguito, dalla loro opera preziosa e fondamentale di contro-informazione, di sensibilizzazione e di contatto diretto.
Nello stesso movimento "no-global" occidentale le questioni poste dal "laboratorio" della crisi sociale argentina hanno ottenuto più largo spazio, con - però- una caratteristica peculiare, per noi del tutto fuorviante. Gli straordinari esempi di auto-organizzazione sortiti dall'Argentinazo (dal movimento delle Assemblee Popolari all'occupazione di decine di fabbriche, dall'organizzazione dei disoccupati fino alla messa in piedi di forme di resistenza materiale per la sopravvivenza da parte delle masse affamate come la rete degli "orti comunitari" o del "trueque" (3)) vengono ripresi e valorizzati non solo e non tanto come necessarie e vitali forme di resistenza per rispondere in qualche modo alla devastazione sociale ed umana in cui il capitale vuol fare sprofondare il proletariato ed un paese intero. Quanto piuttosto come forme originali di organizzazione della vita sociale che, di per sé, diffondendosi e rafforzandosi progressivamente, potrebbero arrivare a costituire un'alternativa materiale, ad esprimere concretamente "l'altro mondo possibile" al di fuori dai rapporti mercantili e dalle leggi del profitto, senza doversi scontrare con la macchina di oppressione dello stato borghese e i suoi padrini imperialisti, senza la necessità, quindi, di ingaggiare la lotta per l'abbattimento del potere e dello stato borghesi, senza contrapporre a queste macchine di oppressione il proprio potere, la propria dittatura di classe.
In questo modo, i limiti e le debolezze del movimento argentino, che sono e riflettono limiti e debolezze del movimento di classe internazionale, sono visti e presentati a rovescio come i suoi punti di forza. Sono invece fatti passare come anticaglie e ferri vecchi inservibili i principii di classe, la lotta per la conquista del potere scartata come impraticabile ed ancor di più la conseguente necessità di una indipendente organizzazione politica, di un partito di classe.
Per intanto, molto concretamente, i bambini proletari muoiono di fame, la borghesia argentina gonfia i suoi portafogli con i proventi delle esportazioni, gli operai ancora attivi devono spaccarsi la schiena per arrivare a sbarcare il lunario ed i disoccupati ingegnarsi a far bastare i 43 dollari mensili del sussidio, il governo continua a riconoscere ed a rinegoziare il debito con l'Fmi e gli altri vampiri della finanza internazionale, gli assassini di ieri come quelli del 26 giugno rimangono liberi ed impuniti, mentre i proletari in lotta hanno a che fare quotidianamente con i manganelli, il carcere, le squadre armate del capitale... tutte "anticaglie" del loro armamentario a cui i nostri nemici di classe non hanno la benché minima intenzione di rinunciare finché non spezzeremo con la forza il loro potere. In Argentina e ovunque.
Note
1) Assai parzialmente e schematicamente possiamo indicare all'interno del "campo popolare in lotta" un'area riformista votata alla conciliazione di classe nelle visioni più svariate di "un altro capitalismo è possibile". Vi si possono iscrivere le dirigenze della centrale sindacale Cta, al cui interno peraltro si agitano raggruppamenti più radicali come Barrios de Pie e numerosi organismi sindacali locali che difendono una visione di classe, quelle della Corrente Classista Combattiva, movimento influente fra i piqueteros legato al Pcr maoista ed alla sua politica dai marcati toni nazionalisti, da socialismo in un paese solo verso cui muoversi stringendo alleanza con una supposta parte "patriottica" della borghesia e dello stesso esercito nazionale; movimenti politici come Izquierda Unida, un fronte elettorale che raccoglie una parte del Pca insieme a gruppi trotzkysti; personaggi come Luis Zamora, accreditati di un certo consenso e prestigio per la loro "dirittura morale" e la loro storia personale non compromessa col regime bancarottiero.
L'ala radicale, che ha rifiutato qualsiasi "dialogo compartecipativo" col governo Duhalde denunciandolo da subito come antipopolare e filoimperialista e che ha denunciato le future elezioni come un inganno per le masse, comprende da un lato la rete dei numerosi Coordinamenti Trabajadores Desocupados (Ctd), il CtdAnibal Veron su tutti, impegnati fra l'altro in una vitale militanza nei quartieri più poveri per costruire o tenere unita una comunità proletaria gravemente minacciata dalla marginalità e dalla disgregazione. Essi esprimono una decisa condanna dei "conciliatori e collaborazionisti di classe", ma non arrivano (e quasi non vogliono arrivare) a contrapporre ad essi una generale politica rivoluzionaria (in alcuni casi giugendo a teorizzare la costruzione di un "contropotere alternativo", di "zone liberate" dai meccanismi del capitale che possano svilupparsi all'interno dello stato borghese prima di entrare in urto con esso). Abbiamo in tutta questa miriade di organismi e comitati di lotta un rigetto per l'idea stessa di organizzazione politica, di partito di classe.
Vi è poi all'interno dell'ala radicale la presenza delle organizzazioni "tradizionali" di estrema sinistra le cui principali, tutte di matrice trotzkista, sono il Partido Obrero (Po), una delle principali componenti del Bloque Nacional Piquetero, il Partido Trabajadores al Socialismo (Pts) i cui militanti sono alla testa delle lotte alla Zanon ed alla Bruckman, il Movimento al Socialismo (Mas) ed altri gruppi minori non presenti a livello nazionale. Tutte in accanita e, sembra, perenne polemica tra loro. Secondo il Pts, che nell'agosto aveva lanciato al Po e al Mas una proposta di costruzione di "un grande partito rivoluzionario" rimasta lettera morta, queste organizzazioni unificate potrebbero vantare circa 10 mila militanti.
2) Cfr. Estrategia Internacional, n. 19, rivista teorica del Pts: "Bilancio a un anno dalle giornate rivoluzionarie in Argentina", un documento di particolare interesse soprattutto per quello che la critica degli effetti teorici e politico-pratici negativi che ha avuto ed ha sulle potenzialità insite nel processo di auto-organizzazione delle masse sfruttate (anche in Argentina...) l' "autonomismo" à la Negri.
(3) Rete di mercatini popolari dove si barattano le merci.