È possibile dare in Europa uno stop alla guerra?

Sì, ma solo battendoci contro tutta l’Europa ufficiale, inclusa quella "anti-americana".


Lo stesso ordine di considerazioni vale per il cosiddetto "allargamento del fronte antibellico", che qui in Italia si è allargato a tutto (?) l’Ulivo ed, in Europa, ha trovato in Francia e Germania i propri (così pare) corifei statuali. Non c’è nulla di male, evidentemente, nel fatto che questo avvenga, purché non si scambino lucciole per lanterne, e non ci si metta dietro alle prime.

Questo allargamento è senz’altro il frutto di contraddizioni a tutto campo che cominciano a farsi sentire anche a livello di rappresentanze "riformiste" o statuali (non necessariamente colorate di destra o di sinistra, come ben si vede dal fatto che il socialdemocratico Schroeder sta col destro Chirac e, sul fronte opposto, il laburista Blair col destro Berlusconi). Che su questo orientamento "antibellico" pesi qualcosa anche la forza del movimento "no global", è certo; ma lo è altrettanto il fatto che esso non ha nulla a che fare con le sue ragioni di fondo, che, semmai, si cerca di far pesare a pro’ di tutt’altre, ed assai meno nobili, ragioni. Lo sganciamento della Germania e della Francia dalla guerra "americana", tra l’altro con molti se e ma (e con le basi tedesche messe a disposizione dell’aggressione), di cui misureremo a breve la portata, non ha assolutamente nulla di "pacifista",  non mira ad alcuna "altra Europa" solidale, ma è solo e soltanto il segno di una divaricazione di interessi intercapitalistici in cui si cerca di coinvolgere gli stessi movimenti autenticamente antibellici.

I “nuovi europei”: cechi, non ciechi!

Il brillante uomo di teatro Havel, servilissimo (a pro dell'Occidente) presidente della servilissima repubblica ceca, in visita ai 27 militi suoi connazionali stanziati in Kuwait a fianco dei “rambo” yankee, ne ha fatta una grossa. Gli ha detto: ragazzi, ora si va ad “accompagnare” i vostri fratelli maggiori a stellestrisce nella “scampagnata” verso Baghdad; di sicuro ne sarete fieri e mostrerete di che pasta siam fatti noi cechi, ma se per caso qualcuno non fosse ancora pronto, può anche tornare a casa. Risultato, brillante come l'uomo: 27 su 27 hanno “votato” per l'immediato ritorno a casa. Soldati cechi, d'accordo, ma non uomini ciechi.

Non lo diciamo solo per "rivangare" i trascorsi bellicisti di tutti i maggiori stati europei in proprio, o a fianco e in compartecipazione con gli Usa, come di recente ha ricordato lo stesso Agnoletto, anche se -va detto- gli effetti di questi presunti "trascorsi" più di un popolo li sente tuttora sulla propria pelle e non pare tanto disposto a dimenticare questi "peccati veniali" (?) della "diversa" Europa. Lo diciamo perché la presenza imperialista europea, finanza e truppe combinate assieme, è tuttora foriera di lacrime e sangue in tutto il globo nella spartizione competitiva con gli USA di esso, e si guarda bene dall’uscire da questo gioco al massacro. Lo diciamo perché nessuna forza del preteso schieramento "pacifista" istituzionale ha altro da dire in alternativa agli USA se non: il nostro nemico (Saddam? Bin Laden? sì, ma solo in quanto paraventi e "simboli" del vero nemico dei signori della guerra occidentali: le classi sfruttate arabe ed "islamiche") sta comunque lì, e va disarmato e piegato secondo il diritto in merito che ci compete. "Pace" e guerra insieme, ma autogestite da noi come soggetto cointeressato, e non in esclusiva dai prepotenti Bush &C.. Pace, ove fosse, da schiavi; peggiore della guerra stessa. Si vedrà a suo tempo di che sostanza sia anche il "rifiuto assoluto" dei nostri rossi relativi! Se se ne vuole un pre-assaggio, si leggano i testi di Liberazione in lode di Chirac, da tre decenni un campione, per gli stessi, della destra anti-operaia, che si collocherebbe ora alla "sinistra" dell’Ulivo… e sapete perché? perché meglio sa contendere il "nostro" spazio vitale agli yankee?

Vogliamo dire con questo che "non c’interessa" la petizione sincera da parte del movimento o anche solo di settori di esso per un’altra politica da mettere in campo in Europa? Ce ne guardiamo bene. La lotta per imporre un orientamento "di pace" può darsi entro qualsiasi ambito, europeo, nazionale e persino "comunale", purché veramente tale. La guerra può essere ostacolata e fermata dovunque se si dà una reale mobilitazione indipendente dai poteri borghesi in grado di imporre questo stop. Il voto quasi unanime del consiglio comunale di Chicago (e di altre cittò degli Stati Uniti) ne è una testimonianza come sottoprodotto della opposizione di massa crescente di cui si è costretti a prendere nota "in alto". L’internazionalismo vero è sempre questo: non una "precondizione", non l’ideale, mai raggiungibile, di vedere le forze del nostro campo muoversi simultaneamente ed allo stesso grado dappertutto, ma la scesa in campo di forze spaiate, che tendono a fondersi secondo un metodo ed un programma.

Londra, 
28 settembre 2002

 Lo avrete capito: l’Europa ufficiale per cui smaniano in tanti, non fa per noi. Ma c’è un’altra Europa che ci piace, eccome! Ad esempio, quella che ha sfilato a Londra il 28 settembre, e a decine e decine di migliaia ha fatto incontrare, confondere e in certa misura fondere due cortei inizialmente separati.

L’uno contro la guerra, l’altro per la Palestina. L’uno prevalentemente composto di "bianchi" di sinistra e, in un settore, "anti-capitalista". L’altro fitto di popolazioni arabe ed islamiche immigrate. Che spettacolo! E che anticipo dei tempi che verranno!

Benvenuto, a questa stregua, un movimento talmente combattivo e determinato da costringere l’Europa ufficiale a darsi una calmata. Benvenuto, anche alla "sola" scala italiana, uno stop alla guerra cui il governaccio Berlusconi fosse vincolato da, tanto per dire, uno sciopero generale e generalizzato che fosse in grado di metterlo in ginocchio e, se non di rovesciarlo dalle piazze, per lo meno di imporgli una "clamorosa" revoca delle basi concesse agli Usa. Dubitiamo fortemente, però, che a questo utile, benché parziale, risultato si possa realmente arrivare con le marce (funebri) silenziose che ha in mente un Epifani, o, più in generale, continuando a cullarsi nell’illusione di potere "capitalizzare" a pro del movimento anti-guerra una sordida "opposizione" al conflitto da parte di una "sinistra" borghese con cui fare fronte istituzionale. Ricordiamo che nell’Italia del 1914 la guerra fu provvisoriamente fermata dall’insorgenza proletaria, per poi scoppiare nel 1915 grazie proprio alla smobilitazione di essa in favore dell’orientamento "non partecipazionista" di parte borghese; e ciò in virtù dell’"equivoco" riformista del "né aderire, né sabotare", conclusosi con l’adesione alla guerra previo sabotaggio della mobilitazione di classe.

Ma è davvero questo il senso di certe petizioni europeiste? Proviamo a leggere con attenzione e "serenità" cosa scrive, ad esempio, Pintor -persona di tutto rispetto- sul manifesto del 19 gennaio: "Che occasione di protagonismo politico avrebbe un’Europa politica, se esistesse, in una circostanza come questa. Non necessariamente in nome di un ideale civile, che è una pretesa eccessiva, ma più semplicemente in nome di se stessa, delle proprie convenienze in un’area geografica che la riguarda e la comprende fisicamente. Come si permette un esercito anglo-americano, sia pure alleato, di occupare l’intero Medio Oriente e di prospettare un’azione in proprio al di fuori del diritto internazionale?". Come direbbe Dante: e se di questo non piangi, di che pianger suoli? Un comunista che invoca gli interessi dell’Europa in un’area che la riguarda! Che grida contro l’azione in proprio Usa che ci toglie uno spazio "nostro" (come da diritto imperialista internazionale)! Persino i neo-"rivoluzionari" della destra "sociale" arrivano a parlare di un’altra Europa (non propriamente equa e solidale) determinata dai rispettivi popoli. Qui anche questo dato viene obnubilato. Ci sta bene, o ci starebbe bene se ci fosse, un’Europa dei briganti purché slegati dagli Usa, purché agenti "in proprio". Con tanti applausi esplicitati, anche in questo caso, alla destra di Chirac che svolge questo compito meglio della nostra sinistra imbelle.

Se questo non è autentico veleno, fosse pure in nome di un anti-americanismo spinto (che non ci commuove proprio), non vediamo dove possano stare di casa i veleni da evitare. Non sono bastate tutte le precedenti chiacchiere sul ruolo dell’Onu (il famoso "covo di briganti" di Lenin!) per far trangugiare al movimento le peggiori illusioni sulle pretese garanzie del "diritto internazionale". Oggi, sputtanatosi da sé l’Onu per quel che realmente è, un fantoccio tenuto sotto grilletto dagli USA, si compie un altro passo verso un (involontario?, poco ci importa) allineamento sotto le bandiere dello sciovinismo borghese. Solo da parte di un Pintor? Risparmiamoci la rassegna di simili brutture.

Sia detto chiaro e forte: noi non crediamo che queste contraddizioni siano destinate ad uccidere il movimento, perché lo vediamo tuttora proiettato in avanti, e contiamo molto sulla manifestazione del 15 febbraio e su tutto ciò che dovrà seguire ad essa. Ma sicuramente si tratta di ipoteche da denunziare e da respingere ai mittenti. Possiamo essere e siamo perfettamente ottimisti in quanto vediamo una massa crescente di persone che prende coscienza della posta in gioco e si attivizza (la evocavamo, da "illusi", quando ancora non era in campo, e la vediamo ora là dove molti non la vedono, nel profondo di realtà diffuse "elementari", se si vuole, ma determinate e, grazie a dio, libere dai condizionamenti preventivi di certi "realismi politichesi"). Questa massa, per quanto confuse possano essere le sue idee in fatto di Europa, si interroga meno sulle ragioni del macello annunciato, su cui ha istintivamente delle idee abbastanza chiare, e più sul che fare per impedirlo in prima persona.