Quindici
lavoratori processati
per aver manifestato contro la guerra
Pubblichiamo
un volantino del sindacalismo di base (a firma Confederazione
Cobas-Cub-Rdb-Slai/Cobas)
contro un fatto solo apparentemente “minore” tra quelli che hanno fatto seguito alla "guerra umanitaria”
dell’Occidente
ai popoli
dei Balcani. Esso dimostra che lo stato, nel riservare le sue "attenzioni”
verso 1 lavoratori, non separa "interno ed esterno ",
usa le aggressioni
esterne per irreggimentare il proletariato e piegarlo alle esigenze della nazione e insieme usa questa
irreggimentazione per procedere più indisturbato nelle sue aggressioni
militari. Così come
del resto
il capitale non separa la
sottomissione
dei popoli ribelli dall’ attacco al proletariato qui. I lavoratori
-se vogliono difendersi efficacemente da questo attacco- sono dunque chiamati a farsi
carico in prima persona di una risposta alla repressione congiunta alla denuncia
e mobilitazione contro le aggressioni
dell’imperialismo.
Proprio
per questo chiediamo ai compagni, cui va la nostra piena solidarietà di lotta:
il giusto lavoro di
denuncia che
si fa
con questo volantino
non risulta
indebolito dal richiamo
a quelle carte e a quegli accordi, nazionali e
internazionali, che hanno la sola funzione di vestire,
agli occhi dei lavoratori, i crimini dell’imperialismo coi panni del "diritto
internazionale”?
Il
10 maggio è fissata l'udienza preliminare,
nell'aula bunker del Tribunale di Firenze, contro 15 partecipanti allo
sciopero generale indetto il 13 maggio
1999 dal sindacalismo di base contro la guerra.
Fermiamo
la guerra, su questa parola
d'ordine venne organizzato lo sciopero generale dalle organizzazioni sindacali
di base con manifestazioni in oltre
40 centri cittadini. Questo accadeva dopo
50 giorni di bombardamenti, che
avevano trasformato l'Italia in
avamposto dell'offensiva Nato contro la
Repubblica Jugoslava -per responsabilità del governo D'Alema che
autorizzò l'uso delle basi militari.
Il
governo italiano, centrosinistra e centrodestra insieme, agì nella più grande illegalità, violando la Carta delle
Nazioni Unite, la costituzione, gli accordi internazionali e le stesse Convenzioni che dovrebbero tutelare le popolazioni
civili in caso di conflitto.
Cgil-Cisl-Uil
definirono la guerra una
"contingente necessità", sostenendo tutte le frottole raccontate sulla "guerra
umanitaria" (che bombardava fabbriche,
scuole, ospedali, dighe, ferrovie e
centrali elettriche, tutte le infrastrutture
della vita civile).
La
"missione Arcobaleno" raccoglieva i soldi per convincere della natura pacifica dell'intervento italiano; puntualmente
gli aiuti sono finiti nelle mani delle grosse organizzazioni criminali. A due anni di distanza i fatti ci hanno
dato pienamente ragione: nei Balcani
continuano a divampare conflitti, con l'aggravante del disastro ambientale
generato dalle armi di distruzione (vedi uranio impoverito).
A Firenze erano scese in piazza 3000
persone, con la partecipazione allo sciopero di lavoratrici e lavoratori, e di RSU, anche aderenti a CgilCisl-Uil,
che ritennero importante manifestare
contro la guerra. A corteo concluso, davanti al Consolato americano,
la polizia caricò SENZA RAGIONE
i manifestanti, ferendone gravemente 5. Dopo le bastonate si scatenò una veemente
campagna stampa e l'iniziativa
della Magistratura: oltre 40 inquisiti, la
cui scrematura ha portato agli attuali 15 processati. Contestualmente
sono state archiviate tutte le denunce
presentate contro le violenze delle
forze di polizia.
Il
vero obiettivo di questo processo è quello di allontanare lavoratori, lavoratrici, disoccupate/i dalle esperienze di base,
dalla partecipazione diretta alle mobilitazioni - ieri contro la guerra, oggi
contro la globalizzazione capitalistica
ed i suoi devastanti effetti politici,
sociali ed ambientali. La migliore risposta
a tutto questo, in continuità con le
lotte che conduciamo quotidianamente
contro i processi di privatizzazione
e liberalizzazione economica, saranno
le grandi manifestazioni di luglio
contro il G8 a Genova.
La
scelta dell’aula bunker è una vera provocazione. L'udienza preliminare è, per sua propria natura, chiusa al pubblico.
E' quindi evidente che l'utilizzo della
aula bunker non ha nessuna motivazione
oggettiva (di spazio), ma solo la
volontà, anche simbolica, di criminalizzazione.