Dossier: "La crisi dell'Est"

IN URSS ANCHE LA CLASSE OPERAIA HA COMINCIATO 
A SCENDERE IN CAMPO. SCUSATE SE È POCO

CRONOLOGIA DI UNA LOTTA

15/7 - La stampa riporta le prime notizie sullo sciopero dei minatori in Siberia, che si allarga a macchia d'olio in tutto il bacino del Kuzbass. I1 ministro del carbone Shadov accoglie integralmente le richieste dei minatori, ma questi rilanciano la sfida avanzando rivendicazioni politiche tese a strappare all'amministrazione centrale la gestione delle miniere, eliminando ogni privilegio della burocrazia. Gli operai chiedono di parlare direttamente con i dirigenti del paese e del partito.

16/7 - Tutto il Kuzbass è paralizzato dallo sciopero; accanto ai minatori scendono in piazza gli edili e gli altri lavoratori. Nonostante che l'accordo firmato il 13/7 tra Shadov e il comitato di sciopero accolga tutte le rivendicazioni sia economiche che politiche avanzate dai minatori, la lotta non si placa. Le piazze sono in mano ai minatori, le assemblee discutono e decidono la conduzione della lotta. "Gruppi di persone fanno irruzione in modo spontaneo nelle case di diversi dirigenti cittadini e danno il via a perquisizioni non autorizzate". I1 Pcus non può far altro che riconoscere la legittimità delle rivendicazioni, limitandosi a criticare il metodo scelto per esprimere il malcontento, cioè lo sciopero. A sua volta il sindacato ufficiale, completamente spiazzato, si limita a fornire tre pasti al giorno agli scioperanti, ai quali viene garantito il pagamento delle giornate di sciopero.

18/7- L'appello di Gorbacev per la ripresa del lavoro è respinto dal Comitato regionale di sciopero che esige garanzie e non più promesse. L'agitazione si estende al principale bacino carbonifero del paese, il Donbass, in Ucraina, dove sono segnalati 2.000 minatori in sciopero con richieste analoghe a quelle siberiane: migliori condizioni di vita e autonomia economica delle imprese. La piattaforma degli ucraini è, anzi, più radicale di quella dei compagni siberiani, poiché vi si chiede esplicitamente l'aumento del prezzo del carbone, la riduzione degli apparati burocratici, 40 giorni di ferie assicurate, etc. Ryžkov, primo ministro, esclude il ricorso alla forza per spezzare lo sciopero. Il ministro del carbone, però. "non ce la fa a riportare gli uomini in miniera anche se la piattaforma rivendicativa degli scioperanti è stata già accolta quasi per intero". Il "Trud" riporta questa lamentela operaia: "A che ci serve la valuta pregiata che lo Stato ricava dalla vendita del nostro carbone? Noi non ne abbiamo nessun giovamento". Un'altra richiesta è quella di poter gestire autonomamente i conti in valuta pregiata derivati dalla vendita all'estero del carbone. Alcuni minatori nelle piazze (sempre dal "Trud"): "Vogliamo mangiare come chi non lavora sottoterra". Nicolaj Šljunkov è inviato da Gorbacev per risolvere la questione; egli parla nelle piazze occupate dai minatori e spiega "i danni dello sciopero alla perestrojka". Danno economico: sono andate perdute 25.000 tonnellate di carbone al giorno, ovvero oltre 31 milioni di dollari in 7 giorni.

19/7 - Gorbacev annuncia la spesa di 7 miliardi di rubli (circa 16 miliardi di dollari) per importare urgentemente prodotti di prima necessità (ogni dollaro investito in beni di importazione si traduce al cambio reale in circa 20 rubli rastrellati ad una popolazione affamata). Il Comitato regionale di sciopero del Kuzbass ha invitato i minatori a riprendere il lavoro dopo che con Šljunkov sono stati raggiunti i primi accordi economici. Le rivendicazioni: ancora una volta aumento del salario, riduzione del personale amministrativo, giornata di riposo obbligatoria, aumento del prezzo del carbone. Viene inoltre richiesta una modifica della Costituzione.

20/7 - "Seconda ribellione dei minatori siberiani": l'intesa tra il capo del comitato operaio e Šljunkov, raggiunta dopo ore di discussione a porte chiuse, viene clamorosamente respinta dalle piazze occupate dai minatori: "i minatori erano tutti in piedi e avevano già deciso, la piazza ondeggiava come un corpo solo, gigantesco, urlava e subito taceva seguendo la spinta di una propria tensione interna, compatta e comunque fortissima, tanto che ha fatto saltare l'accordo, ha rilanciato lo sciopero e ha sbarrato la porta delle miniere. Così ieri sera i minatori sono rimasti padroni della piazza ma anche più soli, con un comitato di lotta quasi dissolto, la controparte assente, Mosca più lontana... ".

Gorbacev interviene minaccioso dalla tribuna del Soviet supremo: "Abbiamo avuta notizia che appelli insistenti invitano i ferrovieri ad unirsi allo sciopero a partire dal primo agosto prossimo. Se ciò dovesse avvenire, il paese potrebbe trovarsi nella situazione di dover cercare nuovi metodi per impedire che il controllo ci sfugga dl mano". E ancora: "La destabilizzazione dell'economia paralizza i processi della perestrojka e il CC del partito, il Soviet supremo e il governo del paese potrebbero essere costretti ad affrontare i problemi in altro modo. (...) Spero che gli operai ascoltino e comprendano i1 senso dell'allarme ".

L'appello è trasmesso nelle piazze del Kuzbass: "La gente lo ha ascoltato in silenzio senza un fischio e senza un applauso". La pressione sui minatori si fa pesantissima: gli operai siderurgici sono preoccupati dall'esaurirsi delle scorte di carbone che minaccia lo spegnimento degli altiforni; la radio interrompe un programma per annunciare la fine dello sciopero (falso); nella piazza di Prokopjevsk "di colpo si spengono i microfoni e per comunicare tra la folla ed il quartier generale bisogna urlare. Intanto il telefono verde che cinque giorni fa è stato portato in piazza come emblema della onnipotenza operaia, è diventato muto. La gente delle miniere si sente improvvisamente isolata, non può più ricevere notizie dalle fabbriche di Kemerovo e dai consorzi di Novokuznek"; gli altoparlanti di stato diffondono a getto continuo appelli a sospendere la lotta. Rižkov: "Preghiamo i miratori di dar prova di alta coscienza". Altro appello: "Come moglie, madre e comunista, vi chiedo compagni dov'è finito il vostro orgoglio. Una volta andavamo fieri di voi e adesso siete ridotti ad aspettare che la "Voice of America" vi aiuti. Uomini, ricordatevi che il cibo non scende dal cielo come la manna. Donne, fermate questa follia".

"I minatori capiscono che devono fare da soli. Chiedono ai corrispondenti stranieri come funzionano queste cose in Occidente: chi dirige le lotte? il vertice sindacate o la base? Chi insegna l'economia agli operai? E i comitati di fabbrica devono avere un riconoscimento di legge?".

Šljunkov: Al 95% gli obiettivi degli operai coincidono con i nostri. Gli operai sono per la perestrojka, per almeno 1/3 le questioni sollevate dai minatori sono contro il vecchio meccanismo burocratico a favore della riforma ".

Nella piazza il corrispondente raccoglie gli umori dei lavoratori. "Bisogna rifare la rivoluzione"; "Con il capitalismo le cose vanno meglio".

21/7 - Nel Kuzbass 9 centri minerari su 11 riprendono il lavoro accettando l'accordo del 13/7, ma nel Donbass, dove sono forni 70 pozzi su 120, l'agitazione rimane forte. "I minatori hanno giudicato troppo vago il telegramma del ministro del carbone che promette di estendere anche a loro gli accordi del Kuzbass" Intanto gli scioperi coinvolgono anche i pozzi siberiani del "grande nord" e del Kazakistan dove sono 16.000 gli scioperanti che denunciano "la scarsa informazione dei giornali sulle richieste dei colleghi siberiani. La "Prava" pubblica un appello dei colcosiani di Donetsk in cui si chiedono "misure decise per rimettere ordine nel paese". "Che cosa sarebbe della nostra patria - dice il telegramma - se tutto u popolo cercasse di ottenere la soluzione dei propri problemi per mezzo degli scioperi?".

Cronaca dell'assemblea che ha deciso la sospensione dello sciopero nel Kuzbass: il centro della piazza è in mano ai "duri", quelli che non vogliono mollare fino a che tutte le rivendicazioni non saranno state accolte, mentre gli uomini del comitato che hanno siglato l'intesa con Šljunkov "cominciano a lavorarsi i bordi della piazza, evitano il centro", ripetono che è stato ottenuto il 70% di quello che si chiedeva e che è giusto dare un po' di tempo a Mosca. Lo sciopero non è finito, è sospeso; se Mosca contravverrà agli impegni, la lotta ripartirà. Intanto il Comitato operaio rimane in piedi, non si scioglie.

Distintivi di Solidarność circolano nella piazza.

"Ma nelle stanze del Comitato operaio qualcuno per ordine di Volodja Makhanov (leader del Comitato, "moderato") ha già telefonato a Mosca per chiedere un conto in valuta, dove le miniere potranno depositare i soldi della vendita del carbone all'estero, teoricamente permessa dai nuovi accordi".

22/7 - I "duri" del Pcus seguaci di Ligaciov escono allo scoperto: chiedono un "secondo segretario generale", constatano che "l'autorità ed il ruolo del partito sono in pericolo"; che "si infanga il sacro onore dell'esercito". Gorbacev replica che il Pcus è "in ritardo sulla società" e "se qualcuno pensa di controllare la crisi tornando ai vecchi metodi ed alle vecchie strade, avrà una grande delusione".

Boris El'tzin apre con un'intervista il telegiornale Vremja, dicendo ai minatori: "Vi prego personalmente e a nome di molti altri deputati e del gruppo interregionale che abbiamo creato (si è formata l'opposizione in Parlamento proprio in questo giorno - n.n.) di dare prova di responsabilità in questo momento difficilissimo. Ve lo chiedo anche se i dirigenti del paese e quelli locali sono colpevoli per quanto sta accadendo".

L'autonomia economica totale e legale prenderà il via con l'inizio dell'anno prossimo: questa l'intesa raggiunto nel Kuzbass, informa "Vremja". Ma nel Donbass 112 miniere su 121 sono ferme e si riprenderà il lavoro solo se il testo dell'eventuale intesa verrà pubblicato integralmente dalla stampa.

Il commentatore di "Vremja" dedica l'editoriale agli scioperi in corso: anche in URSS esiste la lotta di classe, dice, ma mentre in Occidente essa è rivolta contro la logica del profitto. qui è contro gli apparati burocratici.

23/7 - Gorbacev interviene di nuovo direttamente in TV per invitare i minatori del Donbass a cessare la lotta. Il suo inviato Šljunkov non è riuscito a "riportare alla ragione" i minatori ucraini; in una assemblea in piazza è stato quasi malmenato e costretto a darsela a gambe. Una rappresentanza dei minatori ucraini è invitata a Mosca dove si discuterà della questione. Dopo il Kuzbass, anche i minatori del Kazakistan hanno ripreso il lavoro. L'agitazione prosegue in molte altre zone dell'URSS e interessa ancora alcune centinaia di migliaia di operai.