No alla nuova base militare di Vicenza!

Il “sì” di Prodi si può piegare! Con lo sviluppo della mobilitazione di massa e un indirizzo politico di coerente lotta contro il governo italiano. 

La manifestazione di Vicenza del 2 dicembre e la mobilitazione che l’ha preparata hanno messo all’ordine del giorno il “no” alla costruzione della nuova base militare Usa a Vicenza. Questo “no” si trova ora davanti un “si”: il “si” definitivo del governo Prodi alla realizzazione della struttura militare. La rassicurazione del governo che le attività della base non interferiranno con la vita della città è risibile. È risibile perché tali attività sono un tassello di una politica planetaria ed i loro effetti si risentiranno, eccome!, a Vicenza e ben al di là di Vicenza. Ci vuole davvero la faccia tosta di un Prodi ad affermare che la nuova base Dal Molin sia una questione locale.

Il progetto della nuova base vicentina si inserisce, invece, nella politica della “guerra infinita” della Casa Bianca. Essa serve come retrovia per portare avanti l’aggressione e le guerre di rapina contro i popoli e le masse oppresse dei Balcani, del Medioriente e dell’intero Sud del mondo. Per fermare l’effetto “vicentino” di questo mostruoso apparato planetario e della sua “guerra infinita” occorre legare lo sviluppo della mobilitazione a Vicenza con la lotta contro gli altri anelli della catena in cui si inserisce la base Dal Molin, mettere da parte l’indifferenza davanti alla continuazione dell’aggressione imperialista all’Afghanistan, all’Iraq e alla Somalia, prendere in carico la lotta contro l’intero meccanismo della “guerra infinita”, metterne a fuoco le cause e riprendere il percorso iniziato negli anni scorsi con il movimento no war e poi lasciato cadere o “consegnato” al governo di centro-sinistra.

Il “sì” del governo Prodi mostra la reale “politica internazionale” portata avanti dal centro-sinistra.

Alcuni dirigenti della “sinistra radicale” affermano che la decisione annunciata dal presidente del consiglio è un tradimento del programma dell’Unione, è un atto di servilismo nei confronti degli Usa, è una regressione dalla politica di smarcamento dall’“unilateralismo” statunitense portata avanti nei mesi scorsi con la missione in Libano, con il ritiro dall’Iraq e con le dichiarazioni di D’Alema sulla Palestina.

Non è così. Il programma dell’Ulivo non prevede di intervenire contro lo scopo della “guerra infinita”, cioè lo schiacciamento dei popoli del Sud e dell’Est del mondo, ma solo di perseguire questo stesso scopo con una politica parzialmente diversa da quella di Bush e di Berlusconi. Sulla base della conservazione e del rafforzamento della “copertura” offerta all’imperialismo italiano dalle strutture militari della Nato e degli Stati Uniti, il programma dell’Ulivo intende solo riservare all’Italia margini di autonomia più ampi entro questa alleanza. Intende, cioè, riservare all’Italia qualche possibilità in più di arraffamento del bottino ammassato dal capitale finanziario internazionale sulla pelle degli sfruttati mediorientali e del Sud del mondo, sulla scia di quanto fatto nei decenni scorsi Andreotti e Craxi. L’invio della missione in Libano e la decisione del governo Prodi su Vicenza non sono atti contraddittori tra loro ma la coerente realizzazione di uno stesso programma.

L’alternativa alla politica guerrafondaia del governo Prodi può, allora, essere quella di una politica estera conseguentemente europeista, come sostiene Bertinotti e come sostengono altri dirigenti delle associazioni pacifiste? Nientaffatto. Pur se nel nome della pace e dell’opposizione alla potenza statunitense, un indirizzo del genere servirebbe solo ai capitalisti europei per contendere agli Usa il dominio sul mondo, sarebbe un altro modo per mandare avanti l’aggressione ai popoli e ai diseredati del Sud del mondo e la corsa verso una nuova carneficina planetaria, richiederebbe un incremento delle spese militari da parte dei paesi europei almeno altrettanto consistente di quelli in corso, una non meno spinta militarizzazione del territorio e un non minore disciplinamento del lavoro e della vita sociale in Europa.

Moderata o “radicale” che sia, la politica della sinistra ci conduce, pur se con modalità in parte diverse da quelle di Berlusconi, verso un’intensificazione della competizione tra i lavoratori dei diversi continenti non inferiore a quella impulsata dal governo Berlusconi e da Bush e ci trascina nella stessa spirale bellica. Per spezzare questa spirale, abbiamo bisogno di una piattaforma politica radicalmente diversa da quella che ha portato a sostenere, più o meno criticamente, il governo Prodi come forza “anti-war” o che, durante la campagna elettorale, ha spinto alcune forze politiche dell’estrema sinistra a fare anti-camera negli uffici dell’Unione per chiedere una politica estera in discontinuità con quella berlusconiana: per lottare contro gli effetti della catena della “guerra infinita” tenuta in mano dagli Usa, occorre puntare ad indebolire e battere l’anello di questa catena che ci chiama direttamente in causa, quello costituito dalla potenza capitalistica italiana, dal suo militarismo, dal suo governo, dalla fame di profitti dei suoi imprenditori, dalle volpine modalità specifiche con cui essa partecipa al saccheggio dei popoli del Sud e dell’Est del mondo e alla spremitura del lavoro salariato mondiale. E poiché le scelte del governo Prodi in politica estera sono collegate ai provvedimenti presi o in programma sul versante della politica interna, la mobilitazione contro la nuova base a Vicenza, contro la missione in Libano e in Afghanistan, contro la “guerra infinita” va ampliata alla denuncia e alla lotta contro la politica interna del governo Prodi. Non facciamoci paralizzare dalla paura di far cadere il governo di “centro-sinistra” per timore di riaprire le porte a Berlusconi! È proprio la paralisi della mobilitazione dei lavoratori a ridare fiato alla Casa della Libertà, nella società prima che nelle istituzioni, e a lasciare che il governo Prodi attui il suo programma anti-proletario.

Va consolidata la prima rete di comitati costituita nei mesi scorsi per portare avanti un’attività capillare di denuncia e per mettere in campo il movimento di lotta di cui c’è bisogno. Contiamo solo su chi è realmente interessato, per il suo posto di sfruttato nella società, a contrapporsi ai vari tasselli della “guerra infinita”: i lavoratori e la gente comune. A Vicenza e nel Veneto. Al di fuori del Veneto e dell’Italia. Verso i movimenti contro la guerra in campo in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Verso i proletari in divisa statunitensi, che stanno sperimentando, lo mostra la loro embrionale partecipazione allo stesso movimento no war negli Usa, di essere semplice carne da macello per i piani di saccheggio dei re del capitalismo internazionale. Verso i movimenti di resistenza che in Medioriente stanno combattendo contro la “guerra infinita”, di cui va appoggiata incondizionatamente la resistenza e con cui vanno stabiliti dei ponti di collegamento per arrivare a costituire un fronte unitario di lotta. Verso le associazioni e le mobilitazioni dei lavoratori immigrati che in Italia (e nel resto dell’Occidente) si stanno battendo contro un altro aspetto della “guerra infinita”: l’attacco razzista contro i lavoratori immigrati, innanzitutto quelli di fede islamica, finalizzato a mantenerli in una condizione di ricatto per super-sfruttarli e usarli come (involontaria) arma di ricatto contro i lavoratori italiani.

La forza potenziale per fermare il “sì” di Prodi non manca. Si tratta “solo” di mobilitarla, di ricongiungerne le iniziative al momento separate e di farvi crescere in modo organizzato la chiarezza sulle ragioni profonde della “guerra infinita” e sull’indirizzo politico richiesto per un’opposizione coerente contro di essa.

19 gennaio 2007

 


Organizzazione Comunista Internazionalista