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Anti-war Tel Aviv rally draws Jewish
(da Haaretz, 6 agosto 2006)
More than 2,500 people on
Saturday attended a demonstration against the war in Lebanon, marching
from Tel Aviv's Rabin Square to a rally at the Cinemateque plaza.
The rally was the first of its kind protesting against the IDF's offensive
in Lebanon. Unlike previous anti-war protests in israel, major Arab
organizations in Israel - among them Hadash and Balad -participated in
the event in large numbers.
They were joined by the left flank of the Zionist Left -former Meretz
leader Shulamit Aloni and Prof. Galia Golan, alongside the radical left of
Gush Shalom, the refusal to serve movement Yesh Gvul, Anarchists Against
the Wall, Coalition of Women for Peace, Taayush and others.
These
Jewish and Arab groups ordinarily shy away from joint activity. They
couldn't come up with a unifying slogan this time either, except for the
call to stop the war and start talking. However, protest veterans noted
that in the Lebanon War of 1982 it took more than 10 days of warfare to
bring out this many protesters, marking the first crack in the consensus.
The protest drew some new faces, like Tehiya Regev of Carmiel, whose two
neighbors were killed in a Katyusha attack on the city. "This war is not
headed in the right direction," she told Haaretz; "the captured soldiers
have long since been forgotten, so I came to call for an immediate stop to
this foolish and cruel war."
The rally, which received wide international press coverage, had a theme
unfamiliar from previous demonstrations here. Beside the usual calls for
the prime minister and defense minister to resign, this was a distinctly
anti-American protest. Alongside chants of "We will not kill, we will not
die in the name of Zionism" there were chants of "We will not die and
ill not kill in the service of the United States," and slogans condemning
President George W. Bush.
Tel Aviv, 7mila «no» a Olmert (da il
manifesto, 6 agosto 2006)
Sono arrivati in Viale Ben Zion alla spicciolata, da ogni parte di Israele,
immergendosi nell'afa asfissiante di Tel Aviv mentre il sole scendeva
verso la linea dell'orizzonte, per affermare che la guerra deve finire
subito, che il massacro quotidiano di civili deve terminare, che uno
scambio di prigionieri tra Libano e Israele è legittimo e, soprattutto,
per chiedere che Israele non si opponga ulteriormente a riprendere i
negoziati con la Siria, il Libano e l'Autorità nazionale palestinese.
Prima poche centinaia giunti da vari punti della città, poi, quando sono
arrivati gli autobus da Gerusalemme, da Bersheva, dalla Galilea, dal
Neghev, e quelli dei partiti Hadash e Tajammo, sono diventati 6-7mila.
Eppure quella di ieri sera è stata la manifestazione più ampia organizzata
dai movimenti pacifisti israeliani da quando il governo Olmert ha lanciato
la sua offensiva militare contro il Libano. Senza dimenticare il coraggio
umano e politico di chi ha scelto di scendere in piazza ad urlare il no ad
una guerra che è appoggiata massicciamente dall'opinione pubblica.
Tanti volti conosciuti tra i manifestanti, quelli dei politici e degli
attivisti più noti, ma anche di tante persone qualsiasi che non accettano
la logica dell'uso della forza come soluzione dei conflitti. Davanti a
tutti Uri Avnery, Mohammed Barakeh e personaggi che non partecipavano da
lungo tempo alle dimostrazioni pacifiste - come le ex parlamentari Naomi
Khazan e Yael Dayan - seguiti da militanti e simpatizzanti del movimento
arabo-ebraico Taayush, di Gush Shalom, di Yesh Guvul, dell'Alternative
Information Center e tanti altri. Gruppi e associazioni piccole ma da
sempre in prima linea nella difesa dei diritti. Tra i pacifisti un
abitante della periferia di Haifa, al quale i katiusha hanno danneggiato
l'abitazione, che ha preso la parola per condannare l'attacco al Libano.
Bandiere e striscioni contro i massacri in Libano e il lancio dei katiusha,
sono avanzati da King George fino a Piazza Magen David. Tra i vessilli
mancavano quelli di Peace Now. Il movimento che 24 anni fa seppe portare a
Tel Aviv oltre 400 mila israeliani, a quel tempo il 10% della popolazione
del paese, per chiedere la fine immediata dell'invasione del Libano, ha
proclamato nei giorni scorsi la sua adesione alla linea di Olmert e del
ministro della difesa (laburista) Amir Peretz. Per Peace Now il massacro
al quale stiamo assistendo è una «guerra giusta». Una posizione che
sorprende solo in parte perché Peace Now in passato aveva giustificato le
guerre americane all'Iraq del 1991 e del 2003 ma che fa male lo stesso
perché esclude la partecipazione alle proteste contro l'offensiva in
Libano di decine di migliaia d'israeliani non legati alla sinistra più
radicale. «L'atteggiamento di Peace Now e dei laburisti di Peretz, spiega
fin troppo bene il malessere di questa società che si nutre della
propaganda del governo. Le migliaia di persone che abbiamo qui a Tel Aviv
comunque ci dicono che non tutto è perduto e che si può ancora lavorare
per fare chiarezza su ciò che sta accadendo», ha detto con la consueta
irruenza lo scrittore Yitzhak Laor, che alla manifestazione ieri è andato
con il figlio di 11 anni, Yossef. Laor fu tra i promotori 24 anni fa della
enorme manifestazione di Tel Aviv contro l'invasione del Libano. «Il punto
è che questo attacco (israeliano) al Libano non è sproporzionato come
affermano molti, qui e in Europa, ma un crimine di guerra orrendo che deve
essere denunciato e condannato. Non vedo in quale altro modo si potrebbero
definire le distruzioni sistematiche delle infrastrutture libanesi e le
stragi quotidiane di civili». D'altronde anche la storica manifestazione
di Tel Aviv fu possibile solo perché i laburisti a quel tempo non erano al
governo e cavalcarono l'onda dello sdegno popolare per attaccare il
governo. «La crisi della sinistra sionista è cominciata molto tempo fa e
si è risolta con la morte di buona parte di questo schieramento politico
che oggi ondeggia tra centro e destra, approva la guerra e scelte di
Peretz e considera Olmert un buon primo ministro», ha aggiunto lo
scrittore. Importante la presenza ieri di decine di abitanti di Shefhamer,
dove esattamente un anno fa un estremista israeliano, vestito da soldato
sparò in un autobus facendo morti e feriti. «I morti libanesi di Qana,
quelli di arabi a Tarshiha e Majdal Krum e quelli ebrei ad Haifa e
Nahariya sono vittime innocenti della escalation che ha voluto a tutti i
costi il governo Olmert», ha detto Maher Kias, della delegazione di
Shefhamer. In serata la tensione si è fatta più alta in Piazza Magen
David, troppo piccola per poter contenere migliaia di manifestanti e
presidiata da ingenti forze di polizia. A poche decine di metri, un
centinaio di persone che sventolavano bandiere di Israele, rivolgendosi ai
pacifisti ha scandito: «Traditori, servi degli arabi, meritate il carcere».
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