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Il ministro della Difesa Parisi all’Unità del 23 giugno 2006 Devo dire che benché l’attenzione sia concentrata su alcuni teatri (Iraq, Afghnistan, Balcani), noi partecipiamo a ben 28 missioni in 19 paesi. Ciò dà la misura del coinvolgimento italiano in quello che chiamerei il governo del mondo. In questo ambito abbiamo fatto e stiamo facendo la nostra parte. Dire questo non significa identificare il governo del mondo con i problemi della sicurezza, ma certo la sicurezza è una dimensione di rilievo, che non può essere delegata. (...) L’Italia si gloria essere nel G-8, ma fatica a rendersi conto di ciò che ne deriva, cioè stenta ad accollarsi gli oneri che discendono da quell’importante riconoscimento. Dobbiamo lavorare affinché questo senso di responsabilità si diffonda. Altri paesi ne sono dotati, come residuo di una stagione passata, il colonialismo, quando singoli paesi pretendevano però di dirigere il mondo con arroganza. Noi fortunatamente non abbiamo questa abitudine. Rischiamo però a volte di praticare il valore dell’art. 11 della Costituzione non come scelta positiva di impegno per la pace ma in una valenza negativa, nel senso del disimpegno, dell’appartarsi. (...) Per definire il nostro impegno in Afghanistan ho usato e riusato due sostantivi: continuità e condivisione. Rispetto a cosa? Rispetto agli impegni assunti all’interno di un sistema di alleanze, che va ridefinendosi e che trova espressione nella Nata, attraverso il quale tutta l’Europa si fa carico della stabilità e della sicurezza in parti del mondo che un tempo immaginavamo lontane da noi. Una presenza sollecitata dall’esigenza della lotta al terrorismo, ma giustificata dalla necessità di favorire la costruzione di un ordine stabile basato sulla legalità e sulla democrazia e di constrastare la regressione a un sistema sociale di tipo medioevale. L’instabilità di quella regione non è compatibile con l’indifferenza.”
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Organizzazione Comunista Internazionalista |
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