Dal manifesto 29 marzo 2006
Intervista a Nelson Lichtenstein, il
maggiore studioso del gigante americano
Modello Wal-Mart, la
dittatura del supermercato
La tirannia della
distribuzione sul lavoro vivo, la totale integrazione delle tecnologie
dell'informazione, la containerizzazione dei trasporti e, naturalmente,
niente sindacato. E' la ricetta del colosso di Bentonville
ANDREA ROCCO
SANTA BARBARA
(CALIFORNIA)
Guidando da Los
Angeles a Santa Barbara si incontrano almeno una mezza dozzina di punti
vendita Wal-Mart. Non nelle colline di Brentwood o a Santa Monica, ma nei
suburbs della San Fernando Valley, a Woodland Hills, Thousand Oaks, nelle
periferie di Oxnard e Ventura. Si diradano nuovamente avvicinandosi alla
"enclave" ricca di Santa Barbara. E sulle colline dove vive Nelson
Lichtenstein ti aspetti più negozi di verdure biologiche o di oggetti new
age che i «Big Box», i negozi a scatolone della mega-corporation che il
professor Lichtenstein, professore di storia alla University of California
Santa Barbara sta studiando da anni. Lichtenstein ha curato un recente
libro che è un po' la summa degli studi sulla più grande azienda del mondo:
Wal- Mart. The face of
Twenty-First Century Capitalism (The New Press, 2006, $21.95).
Nel suo bungalow sulle colline gli abbiamo
chiesto di spiegarci che faccia ha il capitalismo del XXI secolo.
Il libro cerca di mettere Wal-Mart in un contesto
più ampio rispetto alle notizie quotidiane...
Sì. Se ne parla nell'ambiente degli studi sulla
globalizzazione da una decina d'anni. Il centro della questione è quello
della supply chain, della catena distributiva. E' evidente che oggi i
punti vendita sono al vertice della catena distributiva. Un tempo il
dominio era dei produttori, dell'industria. Erano loro a controllare reti
distributive, agenti di vendita, suddivisioni territoriali. C'è stato
quindi un capovolgimento di poteri, e questo vale per tutti, da Carrefour
a Tesco.
Non è quindi specifico di Wal-Mart. Ma allora
quali sono le ragioni della crescita del colosso di Bentonville?
Wal-Mart è il più grande ed è all'avanguardia. E'
anche quello che fa funzionare più efficacemente il nuovo sistema. Faccio
un solo esempio: in Cina è stato il primo ad aprire un gigantesco ufficio
acquisti, a Shenzhen, con 500 dipendenti. Target l'ha imitato e poi sono
arrivati K-Mart e gli altri. Due credo che siano i fattori vincenti per
Wal-Mart. Il primo è la completa integrazione delle tecnologie
dell'informazione nella struttura dell'azienda. A Wal-Mart conoscono
esattamente quale è la domanda e che cosa acquistare per soddisfarla.
Nell'epoca del dominio della manifattura, c'era gente brillante e
intuitiva che cercava di interpretare e anticipare il mercato. Ora questo
lavoro di previsione intuitiva non esiste più, si hanno le informazioni
esatte e in tempo reale. Il secondo fattore, al quale si presta meno
attenzione, pur essendo vecchio di trent'anni è la containerizzazione dei
trasporti, diventata una forza dominante negli anni Ottanta. Con i
container cambiano i porti, si riducono drasticamente i costi di trasporto
e si può integrare trasporto e tecnologie dell'informazione. Ma per
Wal-Mart giocano altri fattori che ne spiegano la crescita esplosiva negli
anni Settanta. In quel periodo si verifica negli Usa un crollo dei salari
minimi, che per Wal-Mart significa l'accesso a forza lavoro a basso costo.
L'altro vantaggio competitivo è che Wal-Mart si trova allora ad operare in
un'area rurale, mentre i concorrenti, Sears e K-Mart sono in aree urbane e
la loro paura principale è quella dell'ingresso del sindacato in azienda.
K-Mart è a Troy, in Michigan proprio al centro dell'industria dell'auto e
delle roccaforti sindacali. Parallelamente si verifica la distruzione
completa delle leggi a tutela del lavoro. E per Wal-Mart questo significa
poter impedire l'ingresso del sindacato, non tanto a livello dei punti
vendita, quanto nel nodo ben più nevralgico dei depositi, dei magazzini e
dei centri di distribuzione. Tradizionalmente sono queste le aree di
sindacalizzazione: camionisti, lavoratori dei magazzini. E all'epoca forse
non sarebbe stato impossibile per il sindacato entrare in quei luoghi. Le
scelte su dove collocare i centri logistici si sono indirizzate in modo
preciso verso le aree meno sindacalizzate, ad esempio l'Arkansas invece
delMissouri, dove esistevano sindacati militanti. Sam Walton, fondatore di
Wal-Mart, assume come consulente John Tate, uno dei più famigerati
avvocati anti-sindacato e lo fa poi entrare nel suo consiglio di
amministrazione. Sono gli anni Settanta, non quelli di Reagan, la decade
cruciale per la distruzione del sindacato in Usa e per la svolta liberista.
Naturalmente, come ho detto, perché Wal-Mart diventi una forza a livello
globale bisogna aspettare il dispiegarsi della containerizzazione e della
rivoluzione informatica.
Wal-Mart è l'epitome della società postindustriale,
del dominio dei servizi sullamanifattura. Tuttavia, quelle caratteristiche
che comunemente si attribuiscono al postindustriale, la decentralizzazione
dei modelli organizzativi e produttivi, l'outsourcing, l'agilità
decisionale sono clamorosamente smentite dal modello Wal-Mart...
Non mi piace usare il termine post-industriale,
perché ci sono oggi al mondo ben più operai alle catene di montaggio di
quanti ce ne siano mai stati nella storia del mondo. Di fatto
l'integrazione tra le enormi aree industriali e proletarizzate del sud
della Cina e i giganti della distribuzione nell'Occidente funziona
esattamente come quella tra il cuore industriale del Mid- West Usa e i
mercati di consumo come New York. Ci vogliono solo 22 giorni per far
arrivare un container dalla Cina e il sistema è affidabile e pianificabile.
Ma è vero: Wal-Mart non fa uso di outsourcing per tutta la sua cruciale
area di information technology, gestisce in proprio tutti i trasporti e la
logistica. Ha scoperto che il gigantismo è profittevole e che le
innovazioni organizzative si gestiscono più rapidamente e più
efficientemente in maniera diretta. Si dice che persino i termostati dei
negozi siano controllati dal quartier generale in Arkansas. Sull'altro
versante, al contrario dei «vecchi » giganti della distribuzione, come
Sears e A&P, Wal-Mart non ha acquisito nessuno dei suoi fornitori. Sears
era proprietario delle fabbriche delle lavatrici che arrivavano nei suoi
grandi magazzini, Wal-Mart no. Non ne ha bisogno, perché di fatto, grazie
alla sua stessa dimensione, esercita un controllo assoluto su tutte le
decisioni vitali che questi fornitori prendono. E senza assumersene i
rischi finanziari.
Nonostante tutte le critiche a Wal-Mart e al suo
modello, sembra resistere una sorta di fedeltà all'azienda, sia da parte
dei clienti che dei dipendenti. Come lo spiega? E' solo una questione
economica o ci sono motivi «culturali»?
Credo soprattutto culturali. La regione dove è nato
Wal-Mart, chiamata gli Ozarks (Oklahoma orientale, Nord Arkansas e Sud
Missouri), era una regione agricola in piena decadenza, con molta gente
che cercava disperatamente lavoro. Regione assolutamente bianca, la più
bianca degli Stati Uniti e questo è un fatto non trascurabile. Quando Sam
Walton creò la sua azienda a Bentonville capì presto, consciamente o no,
che in quest'area rurale, povera e bianca si poteva creare un rapporto di
strettissima lealtà con l'azienda. Non dava solo lavoro alla gente, ma
creava una sorta di famiglia, un radicamento. La tipica storia che
raccontano i lavoratori Wal-Mart è: «Sono andato a lavorare a Wal- Mart
così non dovevo vendere la mia fattoria». Certo, Wal-Mart ha violato le
leggi sul lavoro e quelle sui diritti civili. Lo ha fatto in un'area dove
queste conquiste non erano arrivate e dove le leggi federali, anche quelle
del New Deal, non venivano fatte rispettare.
Ma con l'espansione nelle metropoli, come ha
funzionato ilmodello?
Ne ho parlato con molti manager locali di Wal-Mart.
Le metropoli per loro sono una zona di guerra, paragonate al sud rurale.
Hanno difficoltà a trattenere i dipendenti, che hanno altre scelte in
posti di lavoro con maggiori protezioni e paghe più alte, la forza lavoro
è multirazziale, i negozi devono stare aperti 24 ore al giorno, sette
giorni alla settimana. Hanno dovuto compiere degli aggiustamenti: non
possono più discriminare contro le coppie gay, hanno dovuto promuovere più
donne, e in molti casi hanno dovuto alzare le paghe.
Come gioca Wal-Mart nell'arena della politica Usa?
Wal-Mart è diventato un nodo centrale del dibattito
politico americano. Un po' perché l'ala progressista dei Democratici, dopo
la sconfitta del 2004, lo ha scelto come «causa celebre» per riprendere
l'iniziativa su vari terreni, ad iniziare dalla sanità. La strategia è
quella di costringere Wal-Mart a fornire assistenza medica, a far cambiare
idea a tutta la potentissima Associazione dei Mass Merchandisers (che
riunisce catene di supermercati, di grandi magazzini, di discount, ndr), e
da qui, sperando in un esito elettorale favorevole ai Democratici nel
prossimo futuro, forzare una vera riforma sanitaria che istituisca un
servizio nazionale. Ci sono segni di cambiamento in questo senso, ma la
battaglia è in corso.
Naturalmente il punto cruciale resta quello della
sindacalizzazione, della possibilità, per ora remota, per i lavoratori Wal-
Mart di organizzarsi sindacalmente.
Il tentativo è stato fatto in Canada, dove la legge
sul lavoro è molto migliore che negli Usa. Il sindacato USCW sta cercando
di entrare in almeno due grandi magazzini, sarebbe un segno che lì è
possibile sindacalizzare Wal- Mart. Negli Stati Uniti la campagna per
sindacalizzare Wal-Mart è stata per ora abbandonata. Credo che sia
impossibile in questo momento far entrare il sindacato in Wal-Mart. In
teoria, si potrebbe sindacalizzare un grande magazzino in California, uno
in Nord-Carolina e così via. Ma non ha senso. Wal-Mart ogni anno chiude
200 punti vendita per i motivi più vari e ha detto chiaramente che
chiuderebbe quelli dove dovesse entrare il sindacato. Credo che la strada
per sindacalizzare Wal-Mart richieda due passaggi. Il primo è una crescita
dei salari e dei benefit reali. In questo modo una grossa parte dei
lavoratori avrebbe il senso di poter avere una carriera in Wal-Mart, che
ci potranno stare a lungo. Solo allora si potrà rilanciare la
sindacalizzazione. E' una prospettiva a lungo termine, ma nel frattempo un
aumento salariale avrebbe l'effetto di togliere la pressione da quelle
catene di supermercati dove ci sono paghe sindacali e dove ci sono le
«unions». E ci sono altre forme di organizzazione intermedie, come la
Wal-Mart Workers Association che fa contro-informazione, azione politica,
testimonia in cause contro Wal-Mart e spinge per una riforma della legge
sul lavoro. Ma il punto resta quello. La legislazione sul lavoro in Usa è
marcia, va riformata non solo da un punto di vista sindacale, ma
semplicemente morale.
Il titolo originale del libro che ha curato
parlava di Wal-Mart come «modello» o «template» per il capitalismo del XXI
secolo. Questo vuol dire che altre corporations stanno cercando di imitare
Wal-Mart?
E' questo. Il modello organizzativo di cui abbiamo
parlato, quello di un lavoro basato su un turnover rapido e costante e
paghe basse, senza contributi sociali è quello che sta passando. Incontra
opposizione, ma è il modello. Lo è certamente per tutto il gigantesco
settore del dettaglio, per le decine di nuove compagnie che nascono.
Carrefour, Target, Tesco, Home Depot non sono diverse da Wal-Mart, sono
solo meno visibili e perciòmeno sottoposte ad attacchi.
C'è un altro aspetto del modello Wal- Mart. Per
tutti, ma per gli americani in modo particolare, lo shopping non è solo un
gesto di necessità,ma un passatempo, un piacere, un'esperienza. Sembra che
nei supermercati Wal-Mart di piacere ce ne sia poco...
E' vero. Anche se con l'espansione a New York e in
California la tipologia di prodotti e l'«estetica» dei negozi viene un po'
elevata. Ma c'è da considerare che al contrario della vecchia manifattura,
il settore del dettaglio è estremamente fragile. Sono molto frequenti i
casi di mega-dettaglianti che falliscono. Un caso è quello di KMart.
Perché strutture con mille punti vendita e miliardi di dollari di
fatturato vanno in bancarotta? E' una questione di «formula», di sbagliare
a giudicare i propri clienti e quello che vogliono. Quindi anche per
Wal-Mart, non è impossibile che arrivi un periodo di stagnazione. Già il
valore delle azioni Wal-Mart è stato stagnante per 5-6 anni ed è questo il
motivo che li costringe ad espandersi in California. Questo è davvero un
punto delicato per l'azienda, non tanto per la fiducia di Wall Street, ma
perché l'intera struttura aziendale è basata su stock options persino a
livello di quadri dei negozi. Qui Wal-Mart ha davvero una struttura da
partito politico, quasi da vecchio Partito comunista che ha bisogno della
fedeltà dei quadri, della loro dedizione, dell'adesione ideologica. Ma
questo ha bisogno anche di una base materiale che sono le azioni Wal-Mart
possedute dai dipendenti e la crescita continua del loro valore.