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La morte di Slobodan Milosevic si iscrive nell’attacco pluridecennale condotto dai governi europei e statunitense contro le popolazioni della “ex”-Jugoslavia. Un attacco approfonditosi negli anni ’80 con le pressioni sulla Repubblica Federativa perché aprisse i suoi territori al libero corso dei capitali e degli interessi occidentali, lanciati nella marcia di penetrazione verso l’Est e la Russia. Proseguito, poi, con le cure di austerità imposte dal Fondo Monetario Internazionale, che stesero al tappeto la fragile e disequilibrata economia della “ex”-Jugoslavia, spargendo i semi della divisione. Che ha completato la sua”opera umanitaria” fomentando la disintegrazione dell’unità statuale con le secessioni a catena di Slovenia, Croazia, Bosnia, Macedonia e Kossovo e con i bombardamenti su Belgrado e la Serbia. Sono state queste secessioni, subito riconosciute dai governi occidentali e dal Vaticano, a dare il “la” alle pulizie etniche, che hanno fatto le prime vittime nelle popolazioni serbe cacciate dai territori contesi dai nascenti mini-stati. I quali, mentre si liberavano dal “centralismo” di Belgrado, andavano a sottomettersi al centralismo, vero e realmente dittatoriale, dei capitali e delle cancellerie tedeschi, italiani, americani, etc... In questa aggressione un ruolo di primo piano ha avuto (ed ha) l’imperialismo italiano, con il governo di centro-sinistra retto da D’Alema a dirigere spalla a spalla con Clinton-Albright i bombardamenti all’uranio impoverito su Belgrado, Kragujevac e Pancevo e ad inviare i “contingenti di pace” di cui oggi nella sinistra ufficiale nessuna parla. Se le parole hanno il loro significato, non si può che concordare con quanto detto da Diliberto sul sangue grondante dalle mani di Bush: ma il suo partito non sedeva nel governo di centro-sinistra che bombardò la “mini-Jugoslavia”? Non è Milosevic il primo rappresentante serbo a morire nelle carceri del cosiddetto tribunale internazionale dell’Aja. Che i “giustizieri” imperialisti lo abbiano o meno “aiutato” materialmente a morire conta poco. Ci sono molti modi per uccidere un uomo. Quello che balza agli occhi dai commenti dei giustizieri è il dispetto per l’andamento di un processo che per loro è stato un boomerang. Se avessero diffuso i resoconti degli interrogatori, tutti avrebbero visto che il processo a Milosevic si è trasformato nel processo ai suoi accusatori. Ne sono risultate spiattellate non le colpe dell’accusato, ma le vere colpe degli inquisitori, le loro dirette responsabilità nella pianificazione del macello jugoslavo e nell’appiccarvi il fuoco dello scontro fratricida per abbattere ogni ostacolo allo spadroneggiare dei propri interessi di profitto e di rapina. La colpa di Milosevic, per quanto ci riguarda, è stata quella di aver opposto alla criminale aggressione occidentale una politica di impotente nazionalismo alla scala serba, essendo incapace, non in quanto singolo ma in quanto rappresentante della classe borghese, di concepire -figuriamoci poi di praticare- una vera politica di classe, l’unica che avrebbe potuto affratellare e unire i lavoratori e gli sfruttati dell’intera Jugoslavia contro l’imperialismo e contro le stesse micro-borghesie locali, trepidanti di potersi affittare ai padroni d’Occidente. Ma il tribunale dell’Aja non sta in piedi per contestare colpe di questo genere. L’attacco non è finito. Esso procede anche attraverso i processi-farsa che si celebrano all’Aja. Perfino verso quel poco che attualmente rimane della “ex”-Jugoslavia si vuole alzare il prezzo dell’umiliazione. Alle popolazioni colpite dai micidiali bombardamenti, dalle devastazioni della guerra e da anni e anni di embargo si manda a dire che, se si aspira a un minimo di trattativa con l’Europa, occorre intanto consegnare Mladic e Karadzic. Mentre anche il presidente Kostunica, quello che consegnò Milosevic ai giustizieri, viene visto dalle cancellerie occidentali come troppo riottoso e poco prono ai loro voleri. La morte di Milosevic e i processi dell’Aja si iscrivono quindi in questo attacco alle popolazioni della “ex”-Jugoslavia e della Serbia. Noi continuiamo a condannare l’ultimo atto di un macello i cui prossimi appuntamenti già messi in calendario sono la separazione del Montenegro e poi del Kossovo. Contro questo attacco noi vediamo oggi, nelle membra sparse nei mini-stati e nella massa degli sfruttati della “ex”-Jugoslavia, iniziali elementi di ricomposizione della cosiddetta guerra “inter-etnica”. Una ricomposizione che muove dalla verifica generale del peggioramento delle condizioni di vita, da un sentire comune su quel che si è guadagnato e quel che si è perso, da una ripresa di contatti e di sentimenti a partire da una condizione che unifica ben oltre i confini artificiali imposti con la guerra. Perché questi primi segnali possano consolidarsi nella ripresa effettiva di collegamenti, contribuendo nella massa dei proletari della “ex”-Jugoslavia a un bilancio di classe del macello che è stato, in direzione di una comune iniziativa contro l’intromissione dell’imperialismo e le sue pesanti conseguenze sulle popolazioni colpite, occorre -oggi come ieri- che i lavoratori europei, italiani, occidentali, gli sfruttati dei paesi i cui governi hanno scatenato l’incendio e l’aggressione, facciano anch’essi un proprio bilancio di classe della tragedia jugoslava, non affidandolo alle ricostruzioni di comodo -e di classe nel senso opposto- che i tribunali dell’Aja vorrebbero conservare ai posteri. Non sarà mai troppo tardi per i proletari d’Occidente avvedersi che, se vogliono sottrarsi a un comune destino di generalizzata barbarie che certo non li risparmierà, non possono restare inerti di fronte alla catena di criminali aggressioni condotte dai “propri” governi contro i paesi del Sud e dell’Est del mondo -dalla Jugoslavia, alla Somalia, all’Iraq- e sono invece chiamati a prendere in carico la lotta per fermarle e per imporre il ritiro dei contingenti di “pace” inviati nei Balcani, in Medioriente, in Afghanistan, ecc., a solidarizzare con le masse aggredite dal “proprio” imperialismo e con la loro resistenza, a riprendere il cammino, impervio ma necessario, dell’internazionalismo di classe.
Sull'aggressione imperialista alla Jugoslavia e sulla lotta contro di essa si vedano nell'archivio del nostro sito i numeri speciali del "che fare" dell'aprile-maggio 1999 (n. 49) e del giugno-luglio 1999 (n. 50) ed, inoltre, il nostro libro "Jugoslavia: una guerra del capitale".
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Organizzazione Comunista Internazionalista |
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