Per il rilancio del movimento di lotta delle donne!

 

La manifestazioni di oggi è un primo passo per "uscire dal silenzio" e reagire alla campagna del governo e della Chiesa sulla legge 194. Una crociata anti-abortista che, al pari di quelle in corso in Europa e negli Usa, è parte di un attacco che colpisce le donne nei posti di lavoro, in famiglia e nella società, che riguarda innanzitutto le donne lavoratrici, le casalinghe, le giovani, le immigrate e di cui è anche espressione il vertiginoso aumento della violenza e degli stupri contro le donne (prima causa di morte, in Europa, per le donne fra i 16 ed i 44 anni).

Un primo passo, dunque. Nel quale proseguire e con il quale dare continuità alla discussione avviata nelle scorse settimane sulle radici profonde di questo attacco e sulla prospettiva di lotta più adeguata per fronteggiarlo.

La riproduzione della specie e la maternità nel "migliore dei mondi possibili"

Nessuna donna sceglie "liberamente" l’aborto. L’interruzione di gravidanza è un’esperienza dolorosa, resa ancora più sofferta dalle procedure burocratiche della 194 e da un ingranaggio che non ha riguardi per la salute e per il corpo delle donne. A questa triste "scelta" la donna è spinta dalla precaria condizione in cui si trova nella attuale società capitalistica divisa in classi, dove la riproduzione della specie è scaricata sulla donna, snaturata della sua valenza sociale, trasformata per le giovani generazioni in una morsa stretta dalla precarietà del lavoro e dal ricatto "o il lavoro o i figli".

Le esigenze connesse alla maternità sono sempre più in contrasto con gli imperativi e i ritmi di questa società. Il "migliore dei mondi possibili", il capitalismo, non ha soluzioni a questo "contrasto". Alle donne può offrire solo una doppia schiavitù, tra le pareti domestiche e sul mercato del lavoro, pretendendo che nell’uno e nell’altro campo siano vere e proprie maghe della flessibilità totale e senza difese. La situazione è ancora più gravosa per le tante donne che vivono sole con i figli o per le donne immigrate, sulle quali, lontane spesso dai loro affetti, viene scaricato in parte il lavoro domestico e di cura nelle famiglie occidentali.

Contro questo schiacciamento nei decenni scorsi è stato eretto un piccolo argine: la legge 194 per non morire di aborto, una serie di servizi per sgravare in parte le donne delle responsabilità famigliari, ecc. Questo argine è stato conquistato contro gli interessi dei grandi poteri capitalistici e dei loro governi. Solo e soltanto grazie alle lotte del movimento delle donne e del movimento operaio.

Da alcuni anni i governi (di centro-destra e... di centro-sinistra!), le direzioni aziendali, i centri finanziari hanno proceduto a sbriciolare questo argine: tagli delle spese destinate agli asili, alla sanità, all’assistenza agli anziani, considerate spese improduttive per la tutela del profitto e della competitività delle aziende; precarizzazione dei contratti di lavoro; reintroduzione del turno di notte per le donne... Per non parlare della campagna sessista (con la televisione pubblica e privata a dare il "la") mirante a ricacciara la donna indietro, alla sua millenaria schiavitù...

Oggi, dopo il varco aperto con la legge sulla procreazioni assistita, si arriva alla 194.

Vi si arriva:

• per privare le donne di questa minima barriera protettiva dalla e nella giungla capitalistica, in modo che siano ancor più spinte ad accettare di essere sottomesse e flessibili sul mercato del lavoro, nel lavoro domestico e nella società;

per rilanciare la funzione conservatrice della famiglia, prima cellula dello stato e della sua organizzazione sociale, dove si ripropongono i rapporti gerarchici e di coercizione che vigono nella società, dove la donna è chiamata a "stare al suo posto", ad avvilirsi in un lavoro snervante che non le riserva riconoscimenti e la rende più sola e passiva verso gli ambiti sociali e politici;

per incrementare la procreazione in un’Europa e in un’Italia sempre più sterili, affinché non ne risultino indeboliti il dominio neo-coloniale dell’Occidente bianco e la carne da cannone per le sue guerre in corso e quelle in preparazione (a partire da quella contro l’Iran).

Vi si arriva, dunque, per difendere le ragioni delle imprese e dell’impalcatura sociale e politica fondata sul profitto. Vi si arriva per le stesse ragioni che conducono le direzioni aziendali, i governi occidentali e i centri finanziari ad attaccare i proletari e, con moltiplicata violenza, i popoli dell’Est e del Sud del mondo. Vi si arriva perché queste ragioni oggi possono essere tutelate in un solo modo: con lo schiacciamento delle donne, dei proletari e dei popoli dei paesi dominati e controllati dall’Occidente capitalistico. È qui la radice profonda dell’attacco sulla 194. Il governo Berlusconi e le gerarchie ecclesiastiche sono le forze che se ne fanno al momento alfieri. Ma a spingerle avanti sono le laiche leggi del sistema capitalistico, sono le esigenze dettate dalla crisi storica in cui esso si va impantanando, sono le istituzioni dello stato laico, che, lungi dal poter essere un alleato delle donne, è il tutore armato degli interessi di sfruttamento e di profitto delle classi dominanti. Prova ne è la politica del laico stato francese, il quale sta portando avanti l’attacco a tutte le donne di Francia attraverso l’attacco contro le donne immigrate in nome della laicità anti-velo e anti-islamica.

Quale difesa?

Di fronte a questo attacco non è possibile trovare una soluzione o una sponda nelle prossime elezioni e in un futuro governo Prodi. Non è che la coalizione di centro-sinistra debba ancora elaborare il suo programma sulle politiche riguardanti la condizione femminile. A parole essa ha respinto la proposta di Casini e Storace. Ma quali politiche reali sarà in grado di portare avanti se i dirigenti del centro-sinistra hanno già detto in mille modi di voler mettere al primo posto le esigenze di competizione dell’azienda Italia? Non sono queste esigenze, come abbiamo visto, a richiedere un ulteriore giro di vite contro le donne, le lavoratrici e gli sfruttati? Qualche dirigente della "sinistra" non ha forse già proposto un assegno una tantum alle donne che non interrompono la gravidanza? Non meno rivelatore il fatto che i dirigenti della "sinistra" si fanno sempre più ossequiosi verso l’"autorità morale" delle gerarchie cattoliche: lo fanno perché i programmi delle forze politiche della "sinistra" sono sempre più ossequiosi verso le compatibilità di quel capitalismo (nazionale, europeo e mondiale) che ci attacca.

Le nostre ragioni potremo farle valere solo imponendole al governo in carica e a quello futuro attraverso lo sviluppo di un ampio, organizzato e indipendente movimento di lotta nelle piazze, nei posti di lavoro, nei quartieri e in tutti gli ambiti della vita sociale. Come è accaduto in passato, quando le donne hanno potuto conquistare i propri diritti legando la propria lotta a quella del movimento operaio, così anche oggi la difesa dall’attacco alla 194 non può essere separata dal ritorno al protagonismo della massa delle donne, dalla ripresa della lotta dei lavoratori, dall’intreccio e dall’aiuto reciproco tra l’una e l’altra iniziativa di lotta contro l’attacco allo stato sociale, contro la precarietà del lavoro, contro l’oppressione differenziale della donna, contro le "guerre umanitarie" condotte contro i popoli dell’Est e del Sud del mondo. È solo nella mobilitazione di piazza e nell’unificazione delle lotte dell’insieme degli sfruttati che noi potremo trovare un reale argine di difesa contro le politiche capitalistiche, in tutte le loro sfaccettature. È alla preparazione di questa mobilitazione generale che siamo chiamate e chiamati a lavorare.

Con la costituzione di organismi stabili nei quali ragionare sugli interessi di classe sottostanti l’attacco in corso, sul futuro che l’attuale sistema sociale prospetta alle donne e agli sfruttati, sulla necessità di difendere gli interessi degli oppressi senza subordinarli alle ragioni della competitività delle imprese e al rilancio dell’azienda-Italia o Europa.

Con l’organizzazione, attorno a questi temi, di una capillare propaganda e denuncia, rivolta alla massa delle donne e delle lavoratrici.

Con la messa in campo di una incondizionata solidarietà con le donne immigrate, che sono parte integrante della mobilitazione da costruire e alla quale esse non faranno mancare le loro energie se sapremo prendere in carico le loro rivendicazioni, se sapremo opporci alla crociata anti-islamica, se sapremo demistificare la falsità della propaganda imperialista che si presenta come tutrice della donna del mondo islamico per "giustificare" l’aggressione ai popoli, agli sfruttati e alle donne del mondo musulmano, come sta accadendo per oliare la macchina da guerra contro l’Iran.

Con un’iniziativa rivolta ai proletari-maschi affinché si sentano parte in causa di questo attacco rivolto alla donna, affinché percepiscano che i privilegi (apparenti) di cui godono verso la propria compagna, le compagne di lavoro, le donne tutte sono in realtà una misera riserva coloniale che serve per rinsaldare, con quelle femminili, le sue stesse catene, per renderlo più docile sul posto di lavoro e nella società di fronte al potere del capitale e alle sue istituzioni.

Con l’impegno a ricostituire un partito politico in grado di farsi carico e animatore di una simile iniziativa, in grado di prospettare l’unica soluzione attraverso cui conquistare la liberazione della donna: la socializzazione dell’economia domestica con la distruzione del capitalismo e il passaggio ad un nuova organizzazione sociale, il comunismo, che assuma la riproduzione della specie come responsabilità collettiva di uomini e di donne e, su questa base, cancelli la paura di diventare madri.

13 gennaio 2006

 

 


Organizzazione Comunista Internazionalista