il manifesto - 24 Luglio 2005
 

ATESIA
Quattro licenziamenti all'antica
 


Quattro licenziamenti, infine, ad Atesia. E 800 «sospensioni dal servizio» per altrettanti lavoratori del call center, invitati a «farsi risentire» a settembre presso un numero telefonico che darà loro ragguagli su eventuali rimesse al lavoro oppure no. Ma mentre per questi ultimi si può parlare di decisione motivata da ragioni «commerciali» (gli 800 erano addetti alla campagna «Tim out», attualmente finita), anche se il loro contratto era ancora in corso, per i quattro licenziati si tratta invece chiaramente di una ritorsione da parte dell'azienda. I quattro sono infatti membri del «Collettivo precari Atesia», vicino ai Cobas, che negli ultimi mesi hanno promosso scioperi - anche riusciti, con molto seguito tra i lavoratori - contro l'attuazione dell'accordo firmato tra azienda e sindacati confederali. In quell'accordo, infatti, non c'era traccia della «stabilizzazione» richiesta da lavoratori che sono precari in azienda ormai da anni, ma spuntavano invece «i contratti di apprendistato e d'inserimento». Un'accettazione piena di quella «legge 30», che la stessa Cgil - in altre categorie, come i metalmeccanici o gli alimentaristi - rifiuta e cerca di eliminare.

Sull'opinione prevalente tra i lavoratori Atesia, insomma, non c'era molto da discutere: lo sciopero «autorganizzato» andato peggio ha ricevuto intorno al 50% di adesioni. Stupisce perciò il volantino affisso ieri in bacheca da Nidil-Cgil, Cisl e Uil che parla di «alcuni `prezzolati' da Atesia, infiltrati con lo scopo di creare caos e darle la scusa per non trattare con le OO.SS». Una «voce» oltretutto attribuita a non meglio specificati «collaboratori», nel peggior stile tardo-stalinista. Tra i lavoratori licenziati e non, lo «stupore» è certamente minore, visto che le polemiche tra organizzazioni sindacali in Atesia hanno ormai una lunga storia. E certo non aiuta il «dialogo» il fatto che il volantino sia comparso proprio la mattina che l'azienda provvedeva ai licenziamenti dei quattro «avversari».

I quattro, venerdì mattina, hanno promosso un'agitazione contro gli 800 «allontanamenti», così come era avvenuto molte altre volte. Trattandosi formalmente di «collaboratori» (una delle tante ipocrisie che servono a mascherare la natura del rapporto di lavoro precario), la sospensione del lavoro avviene tramite la «messa in pausa» individuale. E in questo senso stavano sollecitando gli altri lavoratori. La lettera di licenziamento immediatamente inviata ai quattro «cattivi» non brilla davvero per chiarezza. «Ella è stata notata dagli assistenti di sala (altra ipocrisia per «controllori») mentre disturbava i suoi colleghi» e «li esortava ripetutamente a sospendere l'attività lavorativa per partecipare a un'assemblea non autorizzata». Chiunque abbia la minima esperienza di lavoro sindacale sa che questa è l'assoluta normalità. Misure come il licenziamento, per fatti del genere, venivano prese dai «padroni delle ferriere» all'alba del movimento operaio. E in posti come Atesia sembra proprio che lì si sia tornati.

 



 

 


Organizzazione Comunista Internazionalista