Quest’estate altri sbarchi di lavoratori immigrati si sono succeduti e ancora una volta sono suonate le sirene degli allarmi “all’invasione”. I giornali hanno sparato titoloni ad effetto sulle cifre degli sbarchi, mentre non si è detta una parola sulle migliaia di morti che il Mar Mediterraneo ha inghiottito a causa delle restrizioni di legge governative e di misure poliziesche che a considerarle assassine gli si farebbe un complimento.
Si è fatto e si fa di tutto per rafforzare i timori dei lavoratori italiani che spesso sono indotti a vedere in una maggiore presenza di immigrati un problema aggiuntivo nella difficoltà di trovare un lavoro o una casa. Questi timori vengono amplificati ed usati ad arte per diffondere sentimenti di razzismo e per poi mettere l’uno contro l’altro lavoratori immigrati e lavoratori italiani. La ricetta è semplice e sperimentata: la si adopera anche per dividere le giovani generazioni da quelle più anziane, i lavoratori del Sud da quelli del Nord, i precari dai “garantiti”. “Dividi e comanda”: dicevano gli antichi imperatori romani. “Dividi e comanda”: dicono i governi e i padroni.
L’afflusso di immigrati, che da circa quindici anni sta interessando anche l’Italia, in realtà è stato un vero e proprio affare per padroni e padroncini di ogni specie. I “nostri” imprenditori e le “nostre” aziende hanno visto infatti la possibilità di prendere “due piccioni con un fava”. Da un lato una vasta massa di manodopera immigrata da pagare a quattro soldi e da sfruttare bestialmente. Dall’altro lato la possibilità di utilizzare questa stessa manodopera come (incolpevole!) arma di ricatto contro i lavoratori ed i giovani italiani.
Le varie leggi sull’immigrazione (sia quelle varate dal centrosinistra, sia l’attuale Bossi-Fini), al di là di tutte le chiacchiere, sono servite e servono proprio a questo: mantenere ed aumentare lo stato di ricattabilità dei lavoratori immigrati per costringerli a crescenti livelli di sfruttamento utili anche a ricattare la manodopera di “qui”.
Quello dell’immigrazione è un fiume inarrestabile. Milioni di uomini e donne sono costretti ad abbandonare i loro cari ed i loro paesi per venire qui nel ricco Occidente a causa delle devastazioni, della fame e della miseria causati in tutto il Sud ed Est del mondo proprio dalle politiche economiche e militari delle “nostri” stati e governi.
Gli immigrati sono costretti loro malgrado a venire qui, non possono fare altrimenti. È bene che noi lavoratori italiani iniziamo a renderci conto di tutto ciò. Sperare che l’immigrazione possa essere bloccata o “regolata” dalle politiche governative e statali è una pura (e per niente bella) illusione. È un assurdo per due fondamentali motivi. Primo perché i “nostri” padroni vogliono gli immigrati, ma vogliono un’immigrazione a zero diritti (e le leggi restrittive e razziste servono proprio a questo). Secondo perché quando si scappa dalla fame, dalle bombe e dalla miseria più nera non ci sono eserciti o polizia alle frontiere che tengano, si entra lo stesso.
Gli immigrati dunque ci sono e continueranno a venire anche in numero crescente. Cosa fare allora per impedire che vengano utilizzati per abbassare anche le condizioni lavorative e di vita dei lavoratori italiani? Davanti a noi due strade. O quella di appoggiare (magari anche attraverso un atteggiamento di “indifferenza” verso la questione) le varie politiche restrittive e razziste dello stato e del governo, politiche che ci precipiteranno solo ed esclusivamente in una concorrenza spietata tra poveri. O quella di…
Non è un caso se padroni e governo fanno di tutto per ostacolare il contatto e l’unificazione tra lavoratori immigrati ed italiani mettendo mille ostacoli di fatto alla loro sindacalizzazione, alla loro possibilità di organizzarsi politicamente, alla loro possibilità di lottare. “Lor signori” temono l’unificazione di queste forze perché sanno che tale unità darebbe forza tanto agli immigrati, quanto ai lavoratori italiani.
Le continue campagne razziste (in primo luogo anti-islamiche) che stampa e televisione ci propinano a piene mani puntano proprio a contrapporci ai lavoratori cosiddetti “extra-comunitari” e a spingerci ad accodarci alle politiche di guerra e rapina dei nostri governi.
La lotta per i diritti degli immigrati, per la loro piena e completa libertà d’organizzazione e contro le leggi razziste come la Bossi-Fini invece è una lotta che ci deve riguardare direttamente.
Battersi per i pieni diritti degli immigrati infatti significa battersi anche per strappare una forte arma di ricatto e di pressione dalle mani del padronato e gettare le basi per unificare il fronte del lavoro.
Dobbiamo iniziare a vedere in questi lavoratori degli alleati, dei fratelli di lotta con cui difenderci insieme. Questo è l’unico modo per poter incidere su questa situazione. I lavoratori immigrati, infatti, possono portare forza e determinazione alle nostre necessarie battaglie. Se ne sono avuti già degli esempi nelle fabbriche del Nord e negli scioperi generali dove nuclei di lavoratori immigrati sono scesi in campo fianco a fianco con i lavoratori italiani.
Ma, inoltre, intraprendere questa strada significa anche cominciare a gettare un ponte di lotta e di fratellanza verso quei popoli e quelle masse lavoratrici del Sud e dell’Est del mondo (di cui gli immigrati rappresentano un avamposto in “casa nostra”) che dall’Iraq alla Palestina alla ex-Jugoslavia, dall’Africa al Sud America, subiscono quotidianamente le aggressioni militari ed economiche dei governi, delle aziende, delle banche del “nostro” ricco Occidente.
Significa iniziare a dare loro un concreto segnale di solidarietà, significa rafforzare la loro lotta di resistenza. E, tra l’altro, quanto più forte sarà tale resistenza, tanto meno i “nostri” padroni potranno ricattarci impunemente minacciando di spostare le produzioni all’estero nei paesi “poveri”.
È per tutti questi motivi che, in occasione della manifestazione che i lavoratori immigrati terranno a Roma il 26 settembre (ore 16,00 P.zza della Repubblica) “contro la legge Bossi-Fini e per il permesso di soggiorno per tutti e senza condizioni”, invitiamo i lavoratori italiani a scendere in campo al loro fianco.
[Home] [english version] [What's a new] [interventi]