6 settembre 2011
Il nostro volantino alle manifestazioni dello sciopero generale del 6 settembre 2011
Contro la manovra governativa!
Via il governo Berlusconi-Bossi !
Contro ogni patto di salvezza nazionale!
La manovra del governo Berlusconi costituisce un nuovo pesante attacco politico ed economico contro i lavoratori. I suoi assi portanti sono:
Non potremo fermare questo uragano e gli altri che si annunciano se non con la lotta e la mobilitazione generale del mondo del lavoro. Lo sciopero di oggi sia un passo in questa direzione. Sia un momento per denunciare la portata dell’attacco lanciato contro i lavoratori in Italia e nel resto dell’Europa e far chiarezza sulla politica da portare avanti per arginarlo con un’efficace linea difensiva.
L’azione del governo Berlusconi, per quanto possa apparire ed essere “confusa” e “pasticciata”, è il frutto della volontà delle imprese e della finanza italiane ed europee di difendere la propria posizione sul mercato mondiale di fronte alla concorrenza degli Usa e dell’emergente Cina nell’unico modo possibile: mettendo sotto scacco il mondo del lavoro salariato.
Questa è la posta in gioco. A questo compito la Banca Centrale Europea ha richiamato il governo italiano.
A metterci nel mirino non è, quindi, solo il governo Berlusconi ma un’intera classe sociale, un sistema sociale, quello capitalistico, fondato sullo sfruttamento e sulla concorrenza tra i lavoratori dei diversi continenti. Riflettiamo sulle “critiche” della Confindustria al governo Berlusconi-Bossi: oggi il padronato è critico nei confronti del governo perché lo giudica “debole”, cioè privo di quel consenso sociale che gli potrebbe consentire, in nome del cosiddetto “interesse nazionale”, di chiedere ed imporre maggiori sacrifici al lavoro salariato e di andare a fondo nella ristrutturazione complessiva della società finalizzata ad imporre maggiore sfruttamento nei luoghi di lavoro (secondo il vangelo di Marchionne) e la riduzione netta della spesa sociale.
Il PD e gli stessi vertici della Cgil puntano su un patto tra aziende e lavoratori per sostituire Berlusconi e “rilanciare l’Italia”. Una simile prospettiva può sembrare “realistica ed allettante”, ma cosa offrirebbe nei fatti ai lavoratori? Un governo di “salvezza e coesione nazionale” (o un qualcosa di simile) non potrebbe che farsi portavoce ed esecutore delle richieste dei mercati e delle borse. Non potrebbe che proseguire, sia pure in forme diverse da quelle berlusconiane, l’opera di indebolimento politico e di erosione delle condizioni materiali della classe lavoratrice sotto il vortice stritolatore della rincorsa della competitività.
Nessuna difesa per gli interessi dei lavoratori si può costruire su simili prospettive. Esagerazioni? Proviamo a riflettere anche su una singola questione. Giustamente si richiede un fisco “più equo”. Ma a trarre vantaggio dall’attuale sistema fiscale non sono solo gli evasori, ma anche e soprattutto (quand’anche queste fossero “oneste”) le grandi aziende e le grandi banche. Un fisco realmente “più equo” potrebbe essere imposto solo attraverso una durissima lotta di piazza contro e non a fianco di questi strati sociali. Per non parlare di quello che il padronato chiede sulle pensioni e sulla eliminazione della tutela del contratto nazionale di lavoro.
La strada per costruire una reale difesa del mondo del lavoro è completamente diversa. È quella di batterci per rispondere con la ripresa della mobilitazione e della lotta di classe ai provvedimenti del governo e all’esca avvelenata lanciata verso i lavoratori dalla Confindustria. È quella di cercare di separare, in questa lotta, i destini della classe lavoratrice da quelli delle “proprie” aziende e della “propria” nazione. È quella di costruire le condizioni per cercare gli alleati laddove realmente sono, nei lavoratori degli altri paesi e non nelle Marcegaglia, nei Monti, nei Casini e nelle loro borghesi basi sociali. A sollecitarci a guardare a questo orizzonte planetario sono proprio le lettere della Banca Centrale Europea, i diktat di Marchionne, gli appelli di Marcegaglia, Montezemolo e Napolitano al rilancio della competitività dell’Europa sul mercato mondiale.
I capitalisti ed i loro governi operano a scala mondiale mettendo i lavoratori dei vari paesi in concorrenza l’uno contro l’altro. I lavoratori si possono difendere puntando ad agire alla stessa scala, ma in direzione opposta. In Cina, in Asia e negli altri continenti emergenti vi sono centinaia di milioni di proletari che stanno iniziando a rivendicare maggiori diritti e maggiori salari e che, in tal modo, stanno di fatto ponendo un freno alla concorrenza al ribasso tra operai scatenata dal capitalismo mondiale. Con questi lavoratori, per quanto oggi appaia e sia difficile, bisogna puntare a stringere legami politici, sindacali ed organizzativi. Questo lavoro sindacale e politico di tessitura delle fila dei lavoratori dei cinque continenti ha tra i suoi pilastri la lotta contro le aggressioni neo-coloniali portate avanti dall’Occidente (ultima quella in corso contro Tripoli e la Libia) e il sostegno incondizionato alla resistenza dei popoli colpiti da queste aggressioni. La storia, anche quella di questi giorni, dimostra, tra l’altro, che se i nostri capitalisti ed i nostri governi vengono lasciati liberi di aggredire impunemente altri popoli, questo permette loro di acquisire una forza che, prima o poi, essi rivolgono all’interno, contro i lavoratori d’Italia e d’Europa.
6 settembre 2011
ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA