Gli immigrati chiamano
alla lotta
l'intero proletariato
Con queste pagine, che pubblichiamo come supplemento al n. 53 del che fare, ci rivolgiamo in particolare a voi, lavoratori immigrati che nell'ultimo anno vi siete coraggiosamente mobilitati per ottenere il rilascio dei permessi di soggiorno. Il nostro intervento si rivolge a voi e al tempo stesso a tutti i proletari, oltre ogni distinzione di razza, religione e nazione, e contro gli innaturali steccati che il capitalismo imperialista frappone tra voi e i proletari bianchi, tra la vostra lotta e la necessità per il proletariato italiano e occidentale di rispondere all'offensiva che gli viene portata e di riconquistare una linea di riscatto di classe, necessariamente comune all'insieme unito di tutto il proletariato. In esse pubblichiamo il testo di una discussione collettiva, sotto forma di intervista, realizzata insieme ad alcuni lavoratori immigrati di Roma in lotta per il rilascio dei permessi di soggiorno. In questo modo vogliamo cercare di fare, insieme a voi che ne siete i protagonisti, un primo bilancio, sia pure ancora limitato, di questa splendida esperienza di lotta. Esperienza che, per noi, è una prima parte di un percorso di mobilitazione e dì lavoro che devono proseguire. Riteniamo utile e necessario farlo, perché la vostra lotta è ricca di insegnamenti generali, non solo per voi, lavoratori immigrati, ma per tutto il proletariato. Noi vi invitiamo a proseguire avanti lungo quel percorso di coscienza di classe che avete avviato, scontrandovi con la politica del governo sulla questione permessi e con le politiche che vi dipingono come criminali. Sono politiche che hanno come unico scopo quelli di costringervi in condizioni di precarietà e di ricatto, per trasformarvi in schiavi di quella classe di veri parassiti (assistita dallo stato) che comprano per quattro soldi il vostro lavoro e per qualche soldo in più quello dei lavoratori bianchi. Vi invitiamo a ragionare insieme su quali sono gli ulteriori passi da compiere, su cosa occorre fare per consolidare questi primi elementi positivi, per poter proseguire e spingere più avanti la lotta. Allo stesso tempo vogliamo discutere con voi anche dei limiti e delle difficoltà che avete incontrato in questo vostro percorso di lotta e di mobilitazione. Non sono problemi solo vostri ma anche nostri, del proletariato, della classe operaia, dei lavoratori, dei comunisti. E' con questo spirito di fraterna e comune appartenenza che vogliamo dare il giusto seguito alla nostra discussione, auspicando che l'intervista qui riprodotta sia solo un primo momento di riflessione e bilancio a cui possano seguire altri su tutto ciò che riterremo, insieme, utile e giusto affrontare in modo costruttivo e collettivo. |
Lavoratori immigrati,
dalla primavera di quest'anno avete occupato alcune piazze italiane (in particolare a Roma e a Brescia) con presidi e manifestazioni per rivendicare il diritto a ottenere il permesso di soggiorno. Oltre 50.000 domande presentate per la legge Turco-Napolitano non avevano avuto risposta o erano state respinte. Stanchi per le attese, le promesse e i ricatti del governo e delle forze di polizia, stanchi dei palleggiamenti dell'ottusa burocrazia italica, vi siete infine determinati a sostenere con una mobilitazione collettiva il vostro diritto a un pezzo di carta che per voi significa uscire dall'infame ricatto di poter essere espulsi in qualsiasi momento.
La protervia di un intero apparato di oppressione di classe vi ha costretti alla lotta e voi avete dato una grande prova di coraggio e resistenza. Avete iniziato a muovervi in modo autonomo, a diventare protagonisti del vostro destino, a svincolarvi dalla solidarietà pelosa dei finti amici e tutori. Siete diventati "di colpo" un punto di riferimento per tutti gli sfruttati. Con la vostra lotta avete espresso una ferma convinzione e lanciato un messaggio semplice e diretto, che ribaltava l'assunto principale di tutte le campagne sul binomio immigrazione-criminalità, scatenate contro di voi dalla destra e condivise sempre di più anche dalla "sinistra".
"Siamo lavoratori e vogliamo essere trattati come tali. Non siamo criminali, come ci gridano contro in tanti. Non siamo clandestini. Siete voi che ci costringete a vivere nella clandestinità. Siete voi, padroni grandi e piccoli, voi stato, voi forze di governo e opposizione, che avete tutto l'interesse a dipingerci come criminali e parassiti, per negarci ogni elementare diritto e poterci sfruttare e opprimere meglio nei luoghi di lavoro, nella società, ovunque. Noi non vi chiediamo la carta di soggiorno, la pretendiamo! Quella che vi presentiamo non è una petizione caritatevole, ma una nostra pretesa, resa legittima dal "semplice" fatto che siamo lavoratori. Per questo ve la presentiamo non in forma di supplica, ma in forza di una mobilitazione, di una lotta collettiva. Noi vogliamo uscire dalla clandestinità, da voi imposta, e vedere riconosciuti tutti i nostri sacrosanti diritti! Senza il permesso di soggiorno, infatti, chiunque può fare di noi tutto ciò che vuole: può comprare il nostro lavoro a salari bassissimi, imporci orari interminabili, costringerci a non poter dichiarare gli incidenti sul lavoro, taglieggiarci con affitti da strozzini; per non dire poi delle vessazioni che subiamo dai "tutori dell'ordine". Lavoratori bianchi: noi siamo come voi, siamo semplici lavoratori. Se usciamo da questa condizione di perenne ricatto, anche voi avrete da guadagnarci, perché non avrete più la concorrenza di forza-lavoro a basso costo. La nostra lotta è anche vostra!".
Chi poteva intendere questo vostro messaggio? Lo stato, il governo, le loro burocrazie, le forze politiche? No, da questo versante avete ricevuto soltanto porte chiuse in faccia.
Solo i lavoratori italiani lo potevano intendere e noi vi diciamo, come primo decisivo elemento di bilancio, che, grazie alla vostra mobilitazione, lo hanno inteso.
Certo i lavoratori italiani non sono scesi in piazza al vostro fianco. Certo la richiesta che avete avanzato a Brescia per uno sciopero di tutti i lavoratori in appoggio alle vostre rivendicazioni non è stata raccolta, né dal sindacato né dai lavoratori. Tutto questo, lo sappiamo, non è accaduto. E noi siamo consapevoli che la vostra chiamata e i ripetuti tentativi vostri -e nostri- di aprire un varco nella massa del proletariato bianco per la necessaria assunzione di una linea di riscatto di classe, e, dunque, di una lotta comune, non hanno ricevuto a tutt'oggi una risposta minimamente adeguata.
Inoltre, voi fate bene a guardare senza eccessivi entusiasmi alla solidarietà che la vostra lotta ha ottenuto da alcuni pezzi del sindacato. Dietro di essa, infatti, vi è una precisa politica dei sindacato, che, se oggi inizia a raccogliere la richiesta di organizzazione e di tutela collettive che viene dai lavoratori immigrati, sempre più presenti -soprattutto nelle fabbriche del Nord- al fianco dei lavoratori italiani, al tempo stesso vuole evitare una profonda saldatura tra lavoratori bianchi e immigrati, perché questa saldatura avverrebbe solo sulla base di un riconoscimento di interessi comuni, di classe, e, di conseguenza, della aperta rottura con gli interessi delle aziende e dello stato italiano. Interessi che i vertici del sindacato hanno, invece, sposato e fatto propri da molto tempo, inducendo nei lavoratori italiani sfiducia nella lotta, sottomissione alle richieste del padronato, allentamento dei vincoli dell'organizzazione di classe. È a causa del pluridecennale avvelenamento di questa politica di arretramenti, rinunce e accettazione delle compatibilità del capitale che oggi i lavoratori italiani si attardano in un pericoloso letargo, senza organizzarsi effettivamente per rispondere a un'offensiva padronale che pur li colpisce sempre più a fondo e rimanendo sordi, oggi, alla vostra chiamata.
Ma, nonostante questa realtà -che noi non ci stancheremo mai di denunciare e combattere- noi vi diciamo che il vostro messaggio è giunto a destinazione. Che i lavoratori italiani lo hanno inteso. È un risultato tra i più importanti della vostra lotta e voi lo dovete valorizzare e capitalizzare nella prosecuzione della vostra iniziativa e nell'assunzione dei compiti che avete -che abbiamo- davanti. I lavoratori italiani, infatti, condividono, attivamente o passivamente (i più), un atteggiamento non favorevole nei vostri confronti, condividono la necessità di por fine all'invasione" e di mettere sotto stretto controllo poliziesco gli extra-comunitari, "fonte di criminalità". Però, verso la rivendicazione dei permessi di soggiorno, il sentimento più diffuso è stato di comprensione. di non ostilità. Essi hanno percepito come giusta la richiesta di altri lavoratori di uscire dalla clandestinità forzata. Lo si è visto più da segnali indiretti che diretti, ma lo si è visto. Il fatto stesso che il sindacato a Brescia si sia speso (con molta parsimonia) a favore di alcune vostre richieste è anche sintomo di questo. Ed è stato significativo anche che le due manifestazioni indette dalla Lega Nord, proprio a Brescia contro il vostro presidio a Piazza della Loggia, siano andate deserte. Benché nello stesso periodo la base leghista fosse mobilitata a Pontida e benché il partito avesse condotto una intensa campagna per la sottoscrizione di massa della proposta di legge Bossi-Berlusconi "contro i clandestini", i lavoratori leghisti hanno lasciato cadere, in questo caso, l'appello del partito a manifestare contro il vostro presidio. Noi riteniamo che la percezione di questo umore diffuso di comprensione nei confronti della vostra richiesta abbia condizionato la stessa risposta del governo, il quale, pur attaccando in molti modi la vostra mobilitazione, ha però evitato la repressione dura e frontale delle vostre iniziative. E' un dato minimo, lo sappiamo. Ma è un dato sul quale diamo e daremo battaglia verso i lavoratori italiani per trasformare questo sentimento iniziale in una vera alleanza di lotta; ciò che è indispensabile sia per la prosecuzione della lotta degli immigrati che per la stessa ripresa di antagonismo di classe da parte del proletariato bianco. Un sentimento iniziale di non ostilità che, sappiamo bene, è limitato alla vostra richiesta dei permesso di soggiorno, ma non è garantito in una lotta per tutti gli ulteriori diritti degli immigrati, a cominciare dalla piena parità di condizioni nei luoghi di lavoro e nella società in generale. Un sentimento -minimo e iniziale- che i nostri comuni nemici di classe si industriano, comunque, di cancellare, cercando di creare barriere insormontabili tra lavoratori immigrati e italiani: si vedano le recenti iniziative della Lega e di Forza Italia contro la moschea a Lodi o le dichiarazioni dei vari Biffi e Baget-Bozzo. Iniziative favorite dalla politica del governo, che noi chiamiamo i lavoratori immigrati e italiani a contrastare insieme attivamente.
La vostra lotta ha segnato una quantità di elementi positivi.
Avete verificato che solo l'organizzazione e la lotta possono darvi quello che lo stato vi nega. Avete iniziato a darvi organizzazioni vostre, a dotarvi di vostre sedi, ad autofinanziarvi. Avete sperimentato come per pesare davvero si debbano superare le divisioni in comunità di origine per formare un'unica comunità di lotta. Avete dovuto iniziare a fare i conti con la politica del governo e degli apparati di "pubblica sicurezza" verso gli immigrati e sull'immigrazione in generale, dando una risposta collettiva che si è tramutata in un'iniziativa politica diretta e organizzata. In questo modo vi siete rivolti ai lavoratori italiani e avete lanciato loro un diretto richiamo. E, in questo contesto, avete attinto dalla lotta e dalla discussione collettiva sui nodi politici con i quali essa è impattata i primi elementi di coscienza di classe. Come il passaggio sulla criminalità. Infatti il governo ha rilanciato la linea dura contro la "criminalità" degli immigrati (un marocchino di 17 anni sospettato di furto di un telefonino è stato ammazzato a Roma da un poliziotto), utilizzandola, insieme alle altre minacce, intimidazioni e repressioni, per additarvi tutti come criminali e isolare e attaccare anche così la vostra mobilitazione. Voi avete respinto questa identificazione e vi siete dichiarati disponibili a lottare contro la criminalità, iniziando a prendere in carico i nodi politici che questa questione comporta. Tutti questi elementi sono ora messi immediatamente alla prova dalle nuove necessità. Il governo infatti ha sbloccato solo pochi permessi. Non vuole cedere al "ricatto della piazza", non vuole sancire che la lotta paga per gli immigrati, non vuole che si rafforzi la convinzione che, per riscattarsi da una condizione di schiavitù, bisogna unire le proprie forze, organizzarle e dare battaglia collettiva. La politica del governo tenta, perciò, di logorarvi, di introdurre elementi di divisione, di disegnare linee di frattura tra le varie comunità e tra gli immigrati delle varie città, di costringervi a tornare alla dimensione individuale dello scontro, alle file interminabili e al confronto individuale con la propria burocrazia.
Ecco perché la lotta deve continuare e deve rinnovarsi lo sforzo per uscire ancora di più dall'isolamento.
Cosa occorre dunque per poter proseguire la mobilitazione?
E' indispensabile, innanzitutto, coinvolgere nel fronte di lotta l'intera massa degli immigrati, anche quelli che non hanno lottato e anche quelli che già possiedono il permesso di soggiorno, ma ben sanno di non essere affatto usciti dalla condizione di ricatto permanente.
Altrettanto indispensabile è promuovere una partecipazione più attiva dei lavoratori bianchi. Occorre convincere i lavoratori bianchi e ottenere da essi una più attiva partecipazione alla vostra lotta.
Ma, per convincere i lavoratori bianchi, perché si possa andare oltre l'iniziale sentimento di comprensione, non si può evitare di affrontare tutti i nodi politici sul tappeto, non si può evitare di denunciare una linea sindacale compromessa pienamente con le esigenze dei capitale, non si può fare a meno di lanciare una iniziativa che aggredisca tutte le motivazioni che tengono, al momento, i lavoratori italiani estranei dalla lotta presente e restii a tentare anche una qualche attivizzazione che più direttamente li riguardi. C'è bisogno, di conseguenza, di un'attività che sappia andare fino in fondo nella denuncia del capitalismo e che sappia perciò indicare perché rimanere succube del capitalismo sia suicida per il proletariato e cosa e come bisogna fare per disfarsene. C'e bisogno, in una parola, di un'attività di partito, che, a sua volta, indichi all'insieme del proletariato come sia indispensabile per se stesso darsi un proprio autonomo partito, il partito dei suoi interessi, della lotta a fondo al capitalismo, del riscatto vero da esso, del comunismo internazionale.
Noi vi diciamo, lavoratori immigrati, che la mancanza di una tale iniziativa pesa sullo sviluppo della lotta attualmente in corso e, ancor più, pesa su quella diretta a rivendicare ulteriori diritti.
Può sembrare eccessivo chiedere a voi lavoratori immigrati, che avete iniziato a organizzarvi e lottare per i vostri interessi nella metropoli imperialista, di farvi carico dell'enorme problema di smuovere il proletariato bianco dal sonno nel quale si conserva. Ma non è così. Innanzitutto, infatti, questo problema vi riguarda direttamente, per il semplice motivo che in esso impatta la vostra lotta nel momento in cui vi preoccupate di come consolidare quanto è stato raggiunto e come metterlo a frutto per fare ulteriori passi in avanti. Se, infatti, le scintille sprigionate dalla vostra lotta avranno difficoltà a diventare una vera fiamma ciò dipende esclusivamente dalla reazione dei proletariato bianco. In secondo luogo, poi, noi non chiediamo soltanto a voi di assumere questo compito, né pensiamo che esso debba gravare solo sulle vostre forze. E' un compito dal quale noi non ci sottraiamo, come comunisti, e al quale chiamiamo innanzitutto i proletari bianchi per rispondere come classe all'intera offensiva del capitale e dello stato.
Se noi vi chiediamo di farvi carico di tutti i problemi incontrati nel vostro percorso di riscatto, non è per caricarvi di una responsabilità che voi non avete. È qui, nella metropoli, che sta l'origine dei problemi. È qui che va affrontata e sconfitta la bestia. È il proletariato occidentale che deve riprendere con decisione la strada dei proprio riscatto, che deve esprimere una vera forza e un vero programma di classe in grado di dare prospettiva concreta all'abbattimento del mostro che opprime il pianeta. È lui che deve sanare alcuni secoli di partecipazione all'oppressione imperialista dei popoli del resto del mondo, cominciando a denunciare e lottare contro il proprio imperialismo e la sua politica di rapina, sfruttamento e aggressione a danno dei popoli del Sud e dell'Est del mondo (dall'Irak alla Somalia, da Panama all'Albania, dalla Jugoslavia alla Palestina). È lui per primo che deve riprendere il cammino di una vera lotta per il comunismo. Questo cammino, questa lotta richiedono programmi, teoria, organizzazione, partito. Questo, in sintesi, è il senso dell'appello che noi rivolgiamo a voi lavoratori immigrati in lotta: tutti i proletari bianchi o immigrati che già raccolgono l'esigenza di questa lotta, scendendo in campo e organizzandosi contro l'oppressione che li schiaccia, non devono esitare a contribuire in prima persona a realizzare e mettere in pratica tutti questi compiti.
E dunque diventa un punto decisivo rafforzare i primi elementi di coscienza emersi nella vostra mobilitazione, spingendo perché si affrontino tutti i nodi politici sul tappeto. Diventa decisivo insistere e lavorare sul canale di comunicazione con i lavoratori bianchi che avete costruito con la vostra lotta, per indicare loro l'esigenza di una risposta attiva ai segnali che voi avete lanciato e per contrastare l'offensiva velenosa promossa in particolare da questa schifosa destra leghista e polista, con in testa prelati e monsignori e tutti insieme favoriti dalla politica del governo, che punta a separare in campi divisi e contrapposti i fratelli di una stessa classe. Per fare ciò è indispensabile che un'avanguardia inter-etnica si organizzi da subito per dare battaglia, con un lavoro di partito, su tutti i piani richiamati da questa mobilitazione.
Per parte nostra, noi saremo sempre, incondizionatamente, al vostro fianco. Le nostre sedi saranno sempre aperte alle vostre necessità. Le nostre energie saranno sempre disponibili alle vostre lotte, che sappiamo e viviamo come nostre. Saremo al vostro fianco anche se i vostri e nostri ripetuti tentativi di aprirci un varco nella massa del proletariato bianco non dovessero sortire effetti all'immediato. Siamo pronti a questa evenienza e pronti a non abbandonare mai la battaglia tra i lavoratori bianchi perché sia dismessa ogni separatezza nei confronti degli immigrati e dei popoli oppressi e per costruire con loro una mondiale comunità di lotta contro il capitalismo e l'imperialismo.