Scheda: un anno di lotte proletarie in Europa

 

Le lotte contro le politiche di tutti i Berlusconi europei:

terreno fertile per unire e organizzare

la resistenza dei lavoratori

L’attacco del governo Berlusconi contro i lavoratori non è un’eccezione italiana. Provvedimenti simili a quelli del governo italiano sono stati presi o sono progettati dagli altri governi europei. L’effetto di tali politiche è di accentuare la concorrenza tra i lavoratori dei paesi europei e tra loro e i lavoratori del resto del mondo. Le notizie della scheda mostrano questa dinamica e la resistenza che incontra nei vari paesi europei. Si va facendo strada la consapevolezza che non ci si può difendere nel "proprio" paese senza preoccuparsi di ciò che accade nel resto d’Europa. Siamo solo agli albori. Queste spinte vanno raccolte e incoraggiate con una consapevole politica di fraternizzazione delle lotte che rifiuti di difendere il "proprio" sistema-paese contro gli altri, ma anche di difendere il sistema-Europa contro gli altri.

Il 6 maggio comincia in Germania, nelle regioni del Baden-Wuettemberg e di Berlino-Brandeburgo, lo sciopero dei metalmeccanici per il rinnovo del contratto. La piattaforma dell’Ig-metall si pone l’obiettivo di recuperare il potere d’acquisto perso dai salari negli ultimi anni. La direzione dell’Ig-metall e dell’intera Dgb aveva stretto un patto di concertazione con il governo Schroeder: moderazione salariale per incoraggiare le aziende ad allargare l’occupazione in Germania. La promessa, com’era inevitabile, non si è realizzata. E non s’è realizzata neanche l’altra promessa di Schroeder, che l’introduzione dell’euro non avrebbe comportato un rincaro dei beni di consumo e dei servizi. La piattaforma dei metalmeccanici chiede un aumento del 6,5% nei successivi 12 mesi. Il padronato offre molto meno.

Tom Adler, membro del consiglio d’azienda della Daimler-Chrysler a Stoccarda: "Flessibilità, peggioramento delle condizioni di lavoro, moltiplicazione dei soprusi da parte della gerarchia aziendale: i lavoratori ne hanno le scatole piene. Dire sì allo sciopero, è anche un modo per fare i conti con la propria azienda" (dalla rivista à l’encontre, n. 7 del 2002). Per quel 60-70% di lavoratori entrati nelle aziende medio-grandi dopo la lotta del 1984, è il primo sciopero. Per i lavoratori del Baden-Wuertemberg, spesso impiegati in piccole-medie imprese, è addirittura il primo sciopero da diverse generazioni. L’opinione pubblica, inoltre, a differenza dei decenni scorsi, non percepisce lo sciopero dei metalmeccanici come qualcosa di dannoso.

Il 10 maggio si riunisce a Francoforte un’assemblea dei rappresentanti dei sindacati metalmeccanici europei. L’incontro è stato convocato dall’Ig-metall e dalla Federazione europea metalmeccanici per esaminare la situazione contrattuale in Europa e per cercare il sostegno alla lotta in corso in Germania da parte dei sindacati degli altri paesi. Nella dichiarazione finale (Notizie Internazionali, n. 78, giugno 2002) i sindacati metalmeccanici d’Europa si impegnano a rifiutare di eseguire qualsiasi lavoro proveniente da aziende in sciopero in altri paesi europei. Da parte del sindacato tedesco non vi è semplice richiesta di solidarietà alla propria lotta, ma (è il presidente Ig-Metall, Zwickel, a parlare) di agire uniti "contro il dumping salariale e la concorrenza al ribasso della politica dei negoziati collettivi in Europa. Poiché se uno dei nostri paesi vicini non applicasse il margine di ripartizione risultante dalla crescita di produttività e dal tasso di inflazione, ne trarrebbe certo dei vantaggi concorrenziali a breve termine. Ma a medio e lungo termine le conseguenze di una tale politica sarebbero fatali per tutte le parti coinvolte. Porterebbero a uno smantellamento progressivo delle norme salariali in tutti i paesi. La politica della contrattazione collettiva e la politica salariale dei sindacati europei devono quindi mirare a impedire il taglio sistematico dei salari." "A partire dall’entrata in vigore dell’euro -conclude la dichiazione di Francoforte-, non ci sono più contrattazioni collettive nazionali."

Lo sciopero, che ha visto una partecipazione crescente, viene bruscamente interrotto dall’accordo al ribasso firmato il 15 maggio. Esso prevede un aumento medio del 3,1% nel 2002 e un ulteriore 2,5% nel 2003 e una clausola di eccezione che permette alle imprese in difficoltà di derogare dall’applicazione del contratto. Una clausola che si aggiunge a quelle già esistenti riguardo il diverso trattamento dei lavoratori dell’Est e dell’Ovest.

La firma, dal punto di vista di una coerente difesa degli interessi proletari, è insensata. Per la forza espansiva che stava mostrando lo sciopero. Per le altre lotte contrattuali, prima fra tutte quella degli edili, già pronte a partire. Per il programma presentato nelle settimane precedenti dall’associazione degli industriali (attacco allo stato sociale, sostituzione dei contratti di categoria con contratti aziendali, riduzione da 15 a 5 del numero di dipendenti delle aziende in cui vale una tutela contro i licenziamenti simile all’art. 18 dello statuto dei lavoratori in Italia). Per il concomitante svolgimento di lotte simili in altri paesi europei e il peso ricoperto nel panorama europeo, come è scritto nella stessa dichiarazione di Francoforte, dalle vicende tedesche.

È che la direzione dell’Ig-metall non rimane sorda alle sirene della campagna elettorale di Schroeder, ai suoi appelli di non superare il tetto del 4% negli aumenti salariali e di moderare le richieste proletarie per non spingere a destra l’elettorato di centro.

 

Il 17 giugno oltre diecimila lavoratori edili scioperano in Germania a sostegno della vertenza contrattuale. È la prima mobilitazione federale dell’intero dopoguerra. La protesta ha riguardato soprattutto le regioni di Berlino, Amburgo, Brema e Dortmund, per estendersi nei giorni successivi nel resto del paese. Dopo il fallimento del negoziato che va avanti da febbraio, le posizioni delle parti restano contrapposte: il sindacato IG Bau (340mila iscritti su 900mila edili) chiede aumenti salariali del 4,5%, i datori di lavoro offrono aumenti molto inferiori. Altro punto controverso della trattativa è la parificazione dei salari minimi all’est e all’ovest del paese.

 

Il 18 giugno lo sciopero generale blocca la Grecia. L’iniziativa è stata convocata dalla Confederazione dei lavoratori (Gsee) e dalla Adeby (confederazione del settore pubblico) per protestare contro il taglio delle pensioni e il congelamento dei salari.

 

Il 19 giugno sciopera contro il progetto europeo del "cielo unico" oltre il 60% dei controllori di volo di tutti i paesi Cee. "Noi non siamo contro il concetto in sé di cielo unico -spiega un esponente di uno dei sindacati italiani, la Licta-. Il problema sorge per il metodo che l’Ue vuole applicare. Viene proposta una nuova divisione del cielo in blocchi, non più coincidenti con i confini nazionali: per ciascuno di questi blocchi verrà bandita una gara d’appalto e i criteri di selezione proposti sono quelli del rapporto costi-benefit. Insomma, la sicurezza viene sottoposta ai principi della competitività. Se si parla di competizione anche per quanto riguarda la sicurezza, il risultato è quello di abbassare sempre di più gli standard. Bisogna invece puntare su un’armonizzazione degli standard verso l’alto, facendo in modo che la Ue si faccia promotrice di un miglioramento dei sistemi dell’Est. I paesi balcanici hanno poco denaro da investire, e se passa la riforma così come è stata disegnata è chiaro che saranno più ‘competitivi’. Ma chi garantirà poi la qualità e la sicurezza dei voli?" (dal manifesto del 20 giugno). Allo sciopero partecipano anche i controllori di volo dei paesi dell’Est, aderenti pure loro all’Atceuc, la sigla europea che raccoglie circa l’80% degli addetti al servizio.

 

Il 20 giugno è la volta della Spagna. Sciopero generale indetto dalla Ugt (Unione generale dei lavoratori) e dalle CC.OO. (Commissioni operaie) contro il decreto del governo Aznar del 24 maggio nel quale è prevista l’eliminazione di una serie di tutele per i lavoratori licenziati e per i disoccupati. Per un’intera giornata la Spagna è completamente paralizzata. L’enorme partecipazione dei lavoratori è la reazione ad anni di arretramenti, accelerati dalla batosta subita nello scontro con il "socialista" Gonzales nel 1994, in conseguenza della quale è passato un aumento e un forte appesantimento dell’orario di lavoro, la diffusione del lavoro precario, la riduzione delle tutele contro i licenziamenti. Il conservatore Aznar ha ripreso l’opera laddove l’aveva interrotta Gonzales, con in più il "favore" di un movimento sindacale disorganizzato per effetto della diffusione della precarietà e dell’introduzione (altro regalo "socialista") di una serie di norme anti-sciopero. A Siviglia, in occasione dello sciopero, prende la parola il presidente della Confederazione sindacati europei, che riporta la conclusione cui è giunto l’esecutivo Ces nella riunione del 6 giugno: "Diversi governi nei paesi dell’Unione, ma anche in altri paesi europei, attaccano i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici con la revisione verso il basso delle legislazioni e delle protezioni esistenti. Il padronato continua a fare pressione per la destrutturazione della contrattazione collettiva. Per questo la Ces dichiara il suo sostegno alle lotte nei differenti paesi così come allo sciopero generale in Spagna, e annuncia una risposta coordinata a livello europeo in difesa dei diritti dei lavoratori, del modello sociale europeo e dei servizi pubblici." Tra i manifestanti di Siviglia è presente anche Cofferati: nello stesso giorno inizia in Italia la tornata di scioperi regionali indetti dalla sola Cgil contro la politica del governo Berlusconi.

 

Il 25 giugno il congresso nazionale dei ferrovieri inglesi approva una mozione per tagliare il tradizionale annuale finanziamento al Labour Party. Il neo-segretario nazionale, Bob Crow, accusa il new Labour di "aver tradito la classe operaia. La pazienza di tanti nostri iscritti ha raggiunto davvero il limite." All’origine della decisione il rifiuto del Labour e del governo della richiesta sindacale di ri-nazionalizzare i trasporti ferroviari (per cui c’erano stati, a gennaio, scioperi dei ferrovieri e persino degli utenti), riformare la legislazione anti-sciopero introdotta dalla Thatcher e fermare l’emorragia di posti di lavoro dal settore portuale. Un’analoga sospensione dei finanziamenti al Labour era stata votata a marzo dal sindacato delle poste per i prossimi tre anni.

 

Dopo più di venti anni, il 17 luglio entrano in sciopero per 24 ore in tutto il Regno Unito i lavoratori degli enti locali. La fermata è stata indetta dai tre sindacati vicini al partito laburista (Unison, T&G e Gmb) per ottenere un aumento salariale del 6% per i salari più bassi contro l’offerta del 3% da parte dei datori di lavoro. Un’offerta che i sindacati hanno giudicato "offensiva". "Solo ieri - dichiara il segretario generale di Unison, Dave Prentis- il sindaco di Birmingham si è concesso un aumento del 148%. È solo un altro esempio di come i datori di lavoro degli enti locali trattano se stessi mentre disprezzano il resto dei lavoratori." I dipendenti coinvolti nello sciopero sono occupati nei settori della scuola, della sanità, dei trasporti locali, della nettezza urbana e dell’amministrazione locale. In tutto 1,3 milioni di lavoratori. Ben un milione di essi, secondo la Bbc, partecipa allo sciopero. Le strade di Londra e di altre città sono invase da centinaia di dipendenti pubblici, numerosi i picchetti davanti alle sedi delle varie amministrazioni. Un sondaggio pubblicato dal Guardian mostra che il 75% dei cittadini britannici sostiene lo sciopero dei lavoratori degli enti locali.

Nella serata dello stesso giorno, comincia lo sciopero di 24 ore dei lavoratori della metropolitana di Londra contro il piano di parziale privatizzazione del governo Blair e le conseguenze deleterie di esso sulla sicurezza dei dipendenti e dei passeggeri. "L’esperienza disastrosa dei trasporti ferroviari dimostra che se la rete metropolitana venisse divisa allo stesso modo, le conseguenze in fatto di sicurezza potrebbero essere terribili", afferma Bob Crow. Lo sciopero paralizza di fatto l’intera città metro-dipendente di Londra.

 

Il nuovo sciopero dei lavoratori degli enti locali (indetto per il 14 agosto) viene revocato per l’accordo raggiunto. Esso prevede aumenti medi del 7% per due anni (11% per le paghe più basse). I sindacati preparano per l’aumento lo sciopero dei 160mila addetti dei servizi locali già privatizzati, che hanno paghe ben più basse.

 

Agosto. Di fronte alla sordità del governo di Aznar, le direzioni dell’Ugt e delle CC.OO. cominciano a preparare per il 5 ottobre una grande manifestazione nazionale a Madrid in parallelo con la discussione parlamentare del decretazo. "Se il dibattito parlamentare -annunciano i dirigenti sindacali- non rivedrà totalmente il decreto, la mobilitazione continuerà nei mesi che verrano."

 

Agosto. Le Trade Unions pubblicano un rapporto sullo stato del sistema pensionistico nel Regno Unito. Disastroso per i lavoratori. La pensione statale è minima e la percepiscono solo in 5 milioni. Ora va in crisi anche il sistema integrativo basato sullo "schema aziendale", che riguarda, comunque, solo una minoranza dei lavoratori (nel caso delle donne, solo il 28%, percentuale che scende al 15% se si tratta di lavoratrici senza particolare professionalità). Le aziende cominciano a non pagare le loro quote, e in alcune di esse ci sono già stati scioperi dei lavoratori. Le Trade Unions richiedono che le aziende siano obbligate a versare i contributi.

 

Agosto. Sciopero di 48 ore dei macchinisti della First North Western. L’azienda ha accettato gli aumenti salariali richiesti, ma in cambio vuole introdurre nuove mansioni. Scioperi per motivi salariali anche alla Arrival Trains Northern, ma cresce anche l’opposizione all’ulteriore privatizzazione del settore che vuole fare il governo.

 

Settembre. Il governo francese annuncia di mandare in soffitta la legge sulle 35 ore, rendendo "normale" un orario di 39 ore settimanali. I padroni vogliono di più, i sindacati protestano poco. La maggioranza dei lavoratori le 35 ore le ha solo sognate, o le ha ricevute in cambio di un’accresciuta flessibilità che di tempo di vita ne ruba più di quanto formalmente ne restituisca.

 

Settembre. 3 Sciopero dei consumatori in Grecia contro l’aumento dei prezzi, legato anche al cambio della dracma in euro. Ben riuscito a giudicare dai dati forniti (85%) dagli organizzatori e dalla rabbia degli industriali.

 

Settembre. Al congresso delle Trade Unions viene bocciato con la differenza di pochissimi voti un emendamento che chiedeva al Tuc di opporsi in ogni caso alla guerra all’Iraq. I sindacalisti che lo sostengono denunciano che il vero obiettivo è di insediare a Baghdad un governo fantoccio e di appropriarsi del suo petrolio. Ne viene approvato un altro che chiede di usare la guerra come extrema ratio. Dal congresso emerge la necessità di dare nuova linfa all’azione sindacale per migliorare la vita nel mondo del lavoro, avviare una battaglia per conquistare delle pensioni decenti a tutti i lavoratori e opporsi alle privatizzazioni del governo.