La lotta degli immigrati di fronte alla Bossi-Fini,
alla sanatoria
e all’autunno
La legge razzista Bossi-Fini è passata, e con essa l’obiettivo di padroni e governo di inasprire i ricatti agli immigrati già contenuti nella Turco-Napolitano per renderli qualcosa di prossimo a un moderno schiavo.
Alla legge si è opposta una crescente mobilitazione degli immigrati (con le punte più alte nella manifestazione di Roma del 19 gennaio e nello sciopero di 8 ore dei lavoratori immigrati di Vicenza), che ha trovato sostegno attivo in limitati settori dei social forum e dei sindacati (in particolare della Cgil). Questo sostegno è stato importante per aiutare gli immigrati nella loro mobilitazione, ma non è riuscito (né si è posto esplicitamente l’obiettivo) ad allargare il fronte di lotta a tutto il proletariato italiano. Mancando ciò, non era possibile bloccare la legge. Ciononostante la lotta è riuscita a strappare al governo un allargamento della sanatoria: inizialmente riservata alle "colf e badanti", è stata estesa ai lavoratori a nero con contratto subordinato. Alla prova dei fatti, però, l’estensione si è rivelata più ridotta delle attese e densa di veleno.
Anzitutto ne è escluso chi ha subìto un accompagnamento alla frontiera o un provvedimento d’espulsione dopo l’entrata in vigore della Bossi-Fini. La selezione degli immigrati avviene poi esclusivamente sulla base del gradimento del padrone e dello stato: il soggetto che decide se usufruire della regolarizzazione è il datore di lavoro e ciò ha avuto un’immediata conseguenza con migliaia di immigrati (solo a Roma circa mille) licenziati per aver chiesto di essere regolarizzati; gli immigrati che hanno subìto precedentemente un’espulsione amministrativa potranno regolarizzarsi solo se tale provvedimento viene annullato dai prefetti, i quali potranno ben utilizzare anche le informazioni sul grado di combattività degli immigrati, compresa l’eventuale reazione all’aggressione in preparazione contro l’Iraq.
Una parte dei lavoratori immigrati, consapevole del veleno contenuto nella sanatoria ha dato vita, a Roma a una manifestazione il 15 settembre, indetta dal Comitato Provvisorio degli immigrati in Italia (nato su iniziativa di alcuni immigrati all’interno del Migrant Social Forum, non solo per continuare la lotta contro la Bossi-Fini, ma per rafforzare, attraverso un vero coordinamento nazionale unitario degli immigrati, il protagonismo e l’organizzazione di tutti i proletari di "colore").
Oltre 5.000 lavoratori di diverse nazionalità, compatti e combattivi, hanno sfilato per richiedere la cancellazione dei decreti d’espulsione che impediscono l’accesso alla regolarizzazione. Una parte minoritaria, ma ugualmente numerosa, gridava anche "permesso di soggiorno senza condizioni", dando il segno di una volontà di lotta tesa non solo a correggere le condizioni, ma a rivendicare che siano abolite del tutto.
Molti dei numerosi interventi seguiti al corteo, e ascoltati con attenzione dalla piazza gremita, hanno battuto sull’importanza della lotta, dell’unità di tutti gli immigrati e della necessità di un orizzonte nazionale. Non sono mancati poi collegamenti tra la lotta degli immigrati di qui con la denuncia della nuova aggressione all’Iraq.
Le potenzialità di lotta e d’organizzazione viste in piazza devono fare i conti con la politica governativa tesa a divedere gli immigrati tra quelli regolarizzabili, quelli con il problema del licenziamento, quelli che intendono premere sulle prefetture con l’obiettivo di ottenere la revoca delle espulsioni pregresse, comunità per comunità. Segnali positivi di risposta a questa divisione si sono già visti a Roma con una riunione indetta dai moldavi, cui hanno partecipato rappresentanti di altre comunità, per una manifestazione unitaria per il 27 settembre per porre collettivamente la rivendicazione di togliere dalle mani della discrezionalità prefettizia l’annullamento dei provvedimenti di espulsione.
Altri segnali di ricomposizione vengono anche da realtà come Brescia, dove la discussione tra immigrati organizzati nelle comunità e nel sindacato sembra partire da un dato più arretrato (comprendere meglio i risvolti della legge e della sanatoria), ma si confronta, inevitabilmente, con la necessità di dover superare l’aspetto individuale e di comunità per poter rispondere ai ricatti posti dalla legge e dalla sanatoria.
È questa la strada giusta: riprendere la mobilitazione collettiva contro questi ricatti, ritessere i fili dell’unità di lotta tra tutti gli immigrati, tendere a rafforzare la propria organizzazione e darle una vera dimensione nazionale. La crescita del movimento e della sua organizzazione può rendere realistico arrivare a porre in modo serio l’obiettivo del permesso di soggiorno senza condizioni. La battaglia vincente per questo può essere data solo se alle forze organizzate degli immigrati si uniscono quelle del proletariato italiano. Ed è questo il vero punto dolente di questa lotta. Non è da parte degli immigrati che manchi la disponibilità a perseguirla fino in fondo, ma è che essi non vedono da parte del proletariato italiano la disponibilità a battersi per liberare dalla semi-schiavitù i suoi fratelli immigrati, non vede come sia del suo massimo interesse stringere a sé anche loro nello scontro che deve sostenere per difendersi dall’attacco del padronato e del governo.
Agli immigrati si può chiedere poco di più di quello che già fanno con straordinaria determinazione. Pure, nel dare pieno appoggio alla loro lotta e al loro processo di organizzazione, li invitiamo a portare la propria azione verso il proletariato italiano, sfruttando al massimo tutte le opportunità che sono date, a partire dalla mobilitazione per lo sciopero generale del 18 ottobre. E, ancor più, ci impegniamo noi, comunisti, (e ci battiamo affinché si impegnino tutti i militanti sindacali e politici del proletariato italiano) a svolgere un’iniziativa costante per denunciare tra i lavoratori italiani la vera essenza anti-immigrati e anti-proletaria della legge Bossi-Fini, perché si avvii una battaglia unitaria per il permesso di soggiorno per tutti e senza condizioni e contro l’intera politica sull’immigrazione del governo.