Vincere contro Berlusconi è possibile,

rafforzando il movimento di lotta,

rafforzando l’organizzazione comunista.

Tiriamo le fila.

Con l’attacco all’art. 18 il governo Berlusconi-Bossi-Fini ha dato il via ad una aggressione a tutto campo all’organizzazione collettiva di resistenza e di azione del proletariato. La risposta di lotta dei lavoratori non si è fatta attendere: è stata ampia, molto ampia. Milioni di proletari, tra cui molti, davvero molti, giovani della new economy, si sono messi in marcia per sbarrare la strada al governo (e alla Confindustria). Il movimento di scioperi e di manifestazioni con fulcro sulla classe operaia, un movimento quale non si vedeva da tanti anni!, non è rimasto isolato, come abbiamo visto, né sul piano interno, né su quello internazionale. Non ha ottenuto finora quello che voleva, ma non è stato battuto e si avvia anzi verso un nuovo sciopero generale.

Per battere in piazza il governo Berlusconi, come è possibile, sarebbe necessario estendere e radicalizzare la lotta nata intorno all’art. 18 e lavorare ad unificarla con gli altri movimenti di lotta in corso contro gli effetti della globalizzazione del capitale. Ma per Cofferati e la Cgil il governo non va, al momento, cacciato; va soltanto bloccato, con un’azione organizzata ma moderata (altri scioperi generali, dopo quello del 18 ottobre, sono esclusi) e pienamente rispettosa delle regole elettorali democratiche. Per vedere Berlusconi fuori da palazzo Chigi bisognerebbe attendere le elezioni del 2006. Tra oggi e il fatidico 2006, nessuna intensificazione della lotta, bensì soltanto un referendum per cercare di riprenderci, ancora una volta sul piano elettorale, quello che Berlusconi&C. ci avranno nel frattempo tolto.

Questa impostazione sta pesando e ancor più peserà in negativo sullo sviluppo delle grandi potenzialità del movimento di lotta. Perché gli impone di auto-moderare le rivendicazioni, di auto-moderare le forme di lotta, di frenare l’intensificazione dello scontro, di tener conto dell’esigenze di competitività delle imprese; la forza della lotta ne è come bloccata dall’interno, imprigionata da lacci e lacciuoli, mentre quella dell’avversario di classe è tutta protesa a spezzare ogni vincolo al proprio scatenamento. Alla base di questo moderatismo delle forme e dei contenuti c’è la convinzione che tanto la democrazia quanto il capitalismo sono intoccabili. Si può e si deve essere contro certi determinati effetti di certe determinate politiche neo-liberiste, ma per Cofferati e la Cgil l’insieme del quadro politico ed economico, del sistema attuale non può essere toccato. Ciò significa che per vivere i lavoratori dovranno continuare a vendere la propria forza-lavoro, magari in condizioni meno oppressive, ma sempre, e per sempre, da salariati assoggettati alla dittatura del profitto. E significa anche che un qualsiasi futuro governo, fosse pure a guida Cofferati annata-2002, dovrà farsi carico delle necessità complessive del sistema capitalistico.

Buttare giù Berlusconi è l’unico modo per fermarne la politica in campo sindacale, sociale, dell’informazione, della giustizia, della guerra!

Abbiamo la forza per farlo con una battaglia aperta di piazza e di scioperi che unifichi tutti i movimenti d’opposizione alla sua politica! La classe lavoratrice manda avanti, con il suo lavoro, l’intera società, e ha, con ciò, il potere di bloccarla completamente.

Puntare sulle elezioni e su un Ulivo "rigenerato" significa arretrare rispetto alle nostre rivendicazioni e consegnarci nelle mani di "amici" come Prodi, Amato, D’Alema.

Non ripetiamo l’esperienza del ’94! Contrastiamo con la nostra forza e la nostra lotta le politiche anti-proletarie anche degli eventuali futuri governi "amici"!

 

Per sconfiggere Berlusconi ed essere pronti a batterci contro ogni governo che persegua politiche di peggioramento delle condizioni proletarie:

 

Unifichiamo in un unico programma le rivendicazioni di tutti i lavoratori, tutelati, precari, giovani, pensionati, immigrati, donne! Cementiamo l’unità nella lotta contro il governo!

Organizziamo le nostre forze sul piano sindacale e politico sulla base di una reale autonomia di classe dal capitalismo!

Contro il governo Berlusconi e l’attacco alle condizioni dei lavoratori in Europa e in tutto il mondo!

Contro la globalizzazione capitalista e le sue aggressione di pace e di guerra ai popoli che resistono al suo ordine!

Per un fronte internazionale di lotta del proletariato occidentale e dei popoli oppressi dall’imperialismo!

PER IL COMUNISMO!

 

Questa linea difensiva che Cofferati, Cgil e Ulivo (con o senza Bertinotti, cambia ben poco) ci propongono, è assolutamente inadeguata ad opporsi all’aggressione al proletariato che i Berlusconi, i Bush, i Blair stanno mettendo in atto. È una linea foriera di sconfitte. Non ci sfugge che pure la grandissima maggioranza dei lavoratori in lotta è portata a pensarla -all’oggi- come Cofferati. Ma questo non ci impedisce di parlare loro con una fraterna chiarezza dei pericoli a cui stiamo andando incontro proprio mentre ci sarebbero tutte le condizioni per avanzare.

Ad essi, e in particolare ai più combattivi tra di essi, diciamo: noi dell’OCI e del Che fare ci sentiamo parte fino in fondo di questa battaglia contro Berlusconi. Dentro e fuori i posti di lavoro i nostri compagni sono in prima fila, accanto a voi, perché gli scioperi riescano in pieno. Il dissenso profondo dalla linea-Cofferati non ci impedisce in nulla di farlo, perché ciò che vogliamo non è un altro movimento uscito fuori per miracolo dalla nostra testa e dai nostri volantini a nostra immagine e somiglianza. Ciò che vogliamo è che questo movimento finisca di auto-limitarsi nelle sue rivendicazioni, nei suoi spazi e nei suoi tempi di lotta ed esprima fino in fondo tutte le sue potenzialità. Ciò che vogliamo è vincere la battaglia contro il governo che ci attacca, abbattere in piazza e dalla piazza Berlusconi e soci, e questo è possibile solo se sapremo metterci come movimento di classe, come classe, alla altezza della sfida che ci è stata lanciata.

A partire dall’imminente sciopero generale, la lotta va intensificata e allargata con il ricorso a forme di lotta più incisive, capaci di esaltare l’iniziativa diretta e l’auto-organizzazione dei lavoratori. Questa estensione e radicalizzazione del movimento si deve poggiare con nettezza su di un programma rivendicativo e politico pienamente coerente con le necessità dei lavoratori. Bisogna percorrere con la massima decisione la via del collegamento organico e di massa della battaglia sindacale in atto in Italia con quelle in atto (almeno) alla scala europea e integrare appieno nella stessa piattaforma dello sciopero generale la lotta all’informazione di classe e alla giustizia di classe ed il no deciso alla guerra all’Iraq. Su questa via, e solo su questa via, il movimento anti-Berlusconi si rafforzerà sia sul piano della qualità che su quello della quantità e potrà vincere sul governo e contro il governo.

Non facciamoci troppe illusioni, compagni. Quand’anche ci dovessero essere piccoli compromessi parziali con lo stesso Berlusconi (per costui lo sarebbe la stessa finanziaria varata che egli osa vendere come "equa e solidale"…) o con altri, il percorso di fondo del capitalismo italiano e del capitalismo mondiale è tracciato. Voi stessi, reagendo con tanta ampiezza e partecipazione all’attacco sull’art. 18, ritrovando o scoprendo il gusto della discussione politica, date prova di avere intuito che la posta in gioco è grande, molto grande. Ed è così! Anche se all’immediato questo può apparire incredibile, poiché siamo stati martellati per anni ed anni con la colossale menzogna della "morte del comunismo", la posta in gioco è addirittura storica, poiché quello che sta ri-cominciando alla scala mondiale è lo scontro tra capitalismo e comunismo. Il capitalismo mondiale, a partire dal suo centro statunitense, è entrato in una spirale di crisi sempre più incontrollabile e nel tentativo di uscirne prepara per tutti i popoli del mondo un inferno di guerre infinite (Bush, del resto lo ha proclamato), sacrifici infiniti, repressione infinita, superiore in bestialità a quello che le nostre parole riuscirebbero a dire.

A questa drammatica prospettiva non potremo certo opporci con le schede, le mozioni parlamentari, le petizioni e i referendum. Saremmo travolti come dei fuscelli. Potremo opporci solo potenziando e meglio organizzando la nostra lotta di massa e di piazza. Solo dotandoci di un programma politico che si fondi esclusivamente sulle necessità dell’umanità lavoratrice, che si contrapponga non questa o quella politica di stampo capitalistico, a questo o a quell’effetto selvaggio dell’economia di mercato, ma al mercato stesso, in quanto istituzione che ci succhia e ci rovina la vita. Solo ritornando (poiché non è certo la prima volta che il movimento proletario lo fa) a proclamare ed attuare la lotta radicale contro il sistema capitalistico e le sue regole, tutte, comprese quelle elettorali, contrarie agli interessi e ai bisogni dei lavoratori. E per condurre una simile lotta, a cui ci chiama, e vieppiù ci chiamerà con i suoi provvedimenti, il capitalismo stesso, noi abbiamo bisogno di un’organizzazione sindacale e politica delle forze del proletariato e degli sfruttati che si batta per trasformare le mobilitazioni che in tutto il mondo avanzano contro gli effetti della globalizzazione capitalistica e contro l’oppressione imperialista delle potenze occidentali, in un movimento generale, internazionale di lotta per un nuovo sistema sociale. Un sistema sociale, a cui i proletari più coscienti già aspirano da tempo, che non abbia più a proprio fondamento lo scambio mediato dal denaro, la concorrenza, lo sfruttamento, le mille forme di oppressione di classe, di sesso, di razza che oggi ci affliggono, ma la cooperazione sociale universale, la condivisione da parte dell’intera umanità di tutto ciò che essa ha prodotto in un rapporto con l’ambiente naturale orientato non al cieco sfruttamento a fini di profitto ma a uno scambio veramente umano e veramente naturale che rigeneri la vita senza distruggere la natura. Ciò che ha un solo nome: comunismo.

L’Oci, il Che fare non nascondono di lavorare per questo grande obiettivo futuro all’interno del movimento di lotta, dei movimenti di lotta del presente. Non pretendiamo certo di esaurire nella nostra organizzazione e con il nostro giornale l’azione politica dei comunisti. Contiamo anzi, non poco, sul fatto che lo scatenamento del conflitto tra capitale e lavoro, tra capitalismo e comunismo porterà, sta già portando alla ribalta delle forze fresche, non provate da una lunga resistenza controcorrente, che sapranno bruciare le tappe. E ad esse ci rivolgiamo con grande fiducia già ora perché si uniscano al nostro lavoro, perché mettano sulla propria agenda non solo la partecipazione al movimento, non solo il potenziamento del movimento, ma anche quello -altrettanto indispensabile- dell’organizzazione comunista, dell’azione dei comunisti.

Che ci sia un bisogno impellente di rafforzare un coerente polo organizzato di classe, lo avvertono, a modo loro, anche quei lavoratori, da noi molto lontani come ideologia, che preconizzano un "partito del lavoro". Ad essi, come a quanti già militano in altre organizzazioni riformistiche operanti nel movimento, non ci contrapporremo in nome della nostra ideologia rivoluzionaria e dell’appartenenza all’Oci, ma li inviteremo a svolgere fino in fondo le proprie aspettative di tutela e di riscatto che essi oggi ripongono nel laburismo. Poiché, se così avverrà, nel corso della lotta che faremo insieme, fianco a fianco, la distanza tra loro e noi non farà che diminuire fino, nel punto culminante, ad azzerarsi del tutto. Dal momento che un autentico "partito del lavoro" che questi compagni cercano non può che essere un partito contro il capitale, un partito comunista, il partito -appunto- del comunismo.