Il testo del volantino diffusodalla nostra organizzazione sabato 27 gennaio 2007al mercato di via Papiniano a Milano

La strage di Erba: dove nasce tanta mostruosità?

Brescia ed Erba. Due delitti compiuti da proletari. Pachistani in un caso, italiani nell’altro. A morire, in entrambi i casi, sono state anzitutto donne. Per vie diverse, essi rimandano alle miserie e alle contraddizioni che i proletari vivono nella società contemporanea. Al cruciale rapporto tra le popolazioni immigrate e le popolazioni autoctone. All’esigenza di trovare una comune via d’uscita dal tunnel in cui siamo.

La strage di Erba suscita orrore, rabbia e stupore. Ci si chiede come sia possibile una manifestazione di tale violenza e furia. Che cosa ha fatto crescere quell’odio contro "un’altra" famiglia percepita come estranea, diversa e addirittura come una minaccia da allontanare con qualsiasi mezzo?

È comodo liquidare la faccenda attribuendo la responsabilità, che ovviamente c’è, esclusivamente ai coniugi Romano. Ma in questo modo si continua solo a nascondere la testa sotto la sabbia, con il risultato di proseguire a contare le "vittime-vittime" e le "vittime-carnefici".

Sicuramente l’isolamento di questa famiglia, priva di rapporti sociali allargati, ne ha amplificato le difficoltà. Ma da dove derivano queste difficoltà e questo isolamento? Sono il frutto di una "libera scelta" dei coniugi Romano oppure di una loro "patologia" individuale?

Le difficoltà e l’isolamento vissuti dai coniugi Romano sono comuni ad un numero crescente di persone e di lavoratori. Hanno cause ben precise. Che vanno ricercate, al fondo, nel meccanismo di funzionamento di questa società interamente basato sulla competitività e totalmente finalizzato alla ricerca del profitto. Un meccanismo che spinge alla rincorsa maniacale dell’efficientismo lavorativo ed alla concorrenza di tutti contro tutti, tra aziende e tra lavoratori. Viene fuori un contesto in cui chi vive soltanto del proprio lavoro riesce sempre meno ad avere tempo per sé e per i propri cari, per curare dei rapporti umani e sociali degni di questo nome.

Cresce così la solitudine. Con essa le persone diventano più vulnerabili e in balia degli input più reazionari, irradiati tutti i santissimi giorni dalle televisioni, dai giornali e, soprattutto, dalle democratiche istituzioni statali.

É vero o no che da anni siamo in presenza di una propaganda che ha fatto dell’arabo e dell’islamico un nemico giurato di "tutti gli occidentali"? Non stiamo vivendo vere e proprie campagne di indottrinamento finalizzate ad una guerra contro i popoli del Sud del mondo in cui tutti "noi" siamo chiamati a rivestire -in nome della civiltà "superiore"- i panni della famiglia Romano di Erba?

"Noi padroni in casa nostra minacciati dall’invasione degli extracomunitari", chiosa la Lega Nord. La stessa logica si ritrova nel commento di chi ritiene inaccettabile che "addirittura" la famiglia di un "extracomunitario" (così si esprimeva Olindo Romano) possa far citare per danni da un giudice degli italiani. Una xenofobia e un’istigazione all’odio razziale a cui abbiamo assistito anche alcune ore dopo la strage di Erba, quando il mostro per eccellenza non poteva che essere l’arabo, il tunisino "venuto da fuori", il quale, con la sua barbarie iscritta nel DNA, si era portato via la vita di sua moglie, del piccolo Youssef e dei vicini di casa. E invece no! Gli assassini hanno il marchio doc laborioso della Brianza, uno dei luoghi più produttivi della cosiddetta Padania.

Adesso la campagna razzista prosegue, nonostante tutto, gridando all’arabo "sciacallo" per la decisione di Azouz Marzouk –dicono alcuni mezzi di informazione– di lucrare sulla tragedia con la vendita dell’esclusiva delle immagini del funerale. Questo fatto, se dimostra qualcosa, conferma soltanto quanto sia profondo il potere corruttore dei valori del denaro e della corsa al successo su cui si fonda "orgogliosamente" la "superiore civiltà dell’Occidente capitalistico". Eccola la vera responsabile della mostruosità entrata in azione ad Erba.

Pensiamo che questa affermazione sia esagerata? Pensiamo che il meccanismo di funzionamento della società capitalistica abbia solo marginalmente a che fare con la strage?

Riflettiamo su un altro fatto di "cronaca".

Qualche settimana fa, trecento "cittadini" di Opera sono andati in una vicina tendopoli in allestimento che ospitava una settantina di nomadi (tra cui 38 bambini) e lo hanno dato alle fiamme sotto la "direzione", parrebbe, di alcuni esponenti della Lega Nord e di AN. Questo episodio è passato sotto silenzio. Forse è stato anche condiviso da molte persone "perbene" che ovviamente mai e poi mai legherebbero i fatti di Erba e di Opera. Ci sono, invece, due elementi velenosi che accomunano i due episodi.

Il primo è la campagna d’odio fomentata ad arte dalla classe dominante e possidente contro lo "straniero". Il secondo è costituito dalla rassegnazione della gente comune ad una società come la "nostra", che produce rapporti antisociali e isolamento patologico, e nella quale l’unico valore che conta è quello del denaro. Ebbene, in una società in cui tutto è contabilizzato, il campo rom troppo vicino alle case riduce il valore dell’immobile e già questo di per sé diventa un crimine… E invece di maledire questa società che ci fa correre sempre senza fiato, che ci rende vulnerabili perché basta una malattia, una ristrutturazione aziendale o un imprevisto per finire in mezzo ad una strada, si maledicono gli immigrati, i rom e tutti quelli che "non ce la fanno". Si maledicono quelli insieme ai quali si dovrebbe organizzare la lotta contro il meccanismo di sfruttamento e di oppressione che schiaccia gli uni e gli altri e che mette gli uni contro gli altri.

Possiamo sorprenderci se, davanti ad una campagna d’odio così capillare e di fronte ad una "sinistra" che ha abbandonato qualsiasi riferimento alla lotta ed all’antagonismo di classe e che, anzi, ha rafforzato l’illusione tra i lavoratori che "ce la si può fare" accettando la guerra di tutti contro tutti e il vangelo della competitità, possiamo sorprenderci se di fronte a tutto ciò, vi sia poi qualcuno che faccia "sul serio" andando sino "in fondo"?

D’altronde, non fanno sul serio i "nostri" governi con le loro azioni militari in tutti gli angoli del mondo, in Iraq o in Somalia? Non pianificano la morte di migliaia di donne e bambini? E non fanno questo per rafforzare ed imporre il proprio dominio contro i popoli e i lavoratori di tutto il Sud del mondo che non accettano di farsi schiacciare?

L’efferatezza della strage di Erba ha suscitato in molti lavoratori immigrati una rabbia incontenibile, rievocando il senso di rivalsa dell’occhio per occhio e dente per dente. Ciò può farci comprendere i sentimenti di odio che provano quei popoli che giorno per giorno vedono sotto i loro occhi sterminare la propria famiglia dall’azione di "pace" e di guerra portata avanti quotidianamente dai "nostri" governi dall’ Iraq alla Somalia all’Afghanistan al Libano…

Eppure, un via d’uscita c’è.

L’alternativa sta nel rigettare e nel combattere l’illusione che si possa avere una vita decente solo al prezzo di sgomitare e di scorticare gli altri. L’alternativa è quella di riprendere nelle nostre mani di proletari e lavoratori l’arma della mobilitazione di classe, incominciando sin da subito a contrastare i quotidiani attacchi padronali e governativi. Questa ripresa della lotta e dell’organizzazione di massa non è solo l’unica strada che permetta di difendere le condizioni di esistenza dei lavoratori. È anche la sola via per ricostruire un autentico tessuto di solidarietà sociale tra lavoratori che sappia e possa diventare un potente argine contro il dilagare della solitudine, dell’individualismo e delle mille patologie sociali che a tali fenomeni si accompagnano. È il terreno sul quale far crescere la coscienza e l’organizzazione per battersi per una nuova società, una società del tutto antitetica a quella capitalistica, una società fondata sulla cooperazione mondiale delle forze del lavoro e sulla fratellanza tra gli esseri umani, una società che può essere solo quella del comunismo internazionale.