Nella "ex" Jugoslavia pacificata dall'Italia
Nel giugno 1998 la Fiom organizzò un seminario internazionale con i sindacati metalmeccanici dei paesi della "ex"-Jugoslavia. Gli atti del seminario sono stati pubblicati in un istruttivo opuscolo dal titolo "La pace al lavoro" da Meta-Edizioni. Riproduciamo due passaggi degli interventi di Ismet Bajramovic, presidente del sindacato metalmeccanico della Bosnia-Erzegovina, e di Dragan Milovanovic, presidente del sindacato indipendente metalmeccanici della Serbia.
Ismet Bajramovic
Ora sta iniziando la nostra lotta per il lavoro in Bosnia ed Erzegovina, perché il risultato di questa guerra è il seguente: ci troviamo in questo momento in una situazione forse ancor più difficile di quella durante la guerra in Bosnia ed Erzegovina, la differenza è che ora non si muore più di proiettili. Ora siamo, così dicono, in una fase di ricostruzione, però una ricostruzione fatta sotto dettatura. Il risultato è che il sindacato non può influire sulla linea della ricostruzione cioè dare dei posti di lavoro all’esercito dei disoccupati, i poveretti, mi viene di chiamarli così che si trovano adesso in Bosnia ed Erzegovina; questo perché non siamo affiliati a nessuna associazione nonostante il nostro appello sia stato inviato da molto tempo; non possiamo dialogare in nessun modo con i rappresentanti della Comunità Internazionale, dell’Unione europea, della Banca mondiale. In questo momento ci aiuterebbe molto essere affiliati, anche perché in Bosnia ed Erzegovina la legislazione sul lavoro è ad un livello molto basso, e anche in questi casi per fortuna qualcuno lavora, in quei casi è uno schiavo con il più basso costo del lavoro in questo momento in Europa, forse addirittura nel mondo. Non esiste un altro paese con un costo del lavoro così basso, soprattutto nell’industria metalmeccanica che io rappresento. […] Sono d’accordo con l’affermazione che anche il sindacato fa politica, però dovrebbe fare la propria politica, allontanarsi un po’ dalla politica dell’Unione europea, da quella delle Nazioni unite e della comunità internazionale in generale. Qui ha fallito il movimento sindacale e ve lo posso dire perché l’abbiamo sentito sulla nostra pelle.
Dragan Milovanovic
Anche se non ci sarà la guerra ci sarà una privatizzazione catastrofica, un vero e proprio saccheggio dal quale ai lavoratori non rimarrà nulla. Sicuramente più del 50% dei lavoratori rimarrà senza lavoro, i datori di lavoro cacceranno il sindacato dalle fabbriche e cercheranno in tutti i modi di diminuire la forza del sindacato, che chiede l’aumento del salario, il miglioramento delle condizioni di vita se loro possono guadagnarci sopra. La classe operaia della Serbia è educata e formata all’apertura dei confini, che per noi ora sono chiusi, verrà sicuramente nell’Europa occidentale a cercare lavoro e lavorerà a prezzi molto più bassi che i lavoratori tedeschi, italiani, francesi o altri. Perciò l’interesse anche dei sindacati europei è nell’aiutarci affinché questi lavoratori rimangano in Serbia.