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Libertà immediata per Roberto Badel
Abbiamo ricevuto una lettera datata 23 dicembre 2004 dal
compagno Roberto Badel detenuto nel carcere di Viterbo. Qui di seguito ne
riportiamo alcuni stralci.
Chi sia Roberto e di cosa venga accusato lo lasciamo dire a
lui stesso. Noi, che lo abbiamo conosciuto nelle occasioni di discussione
collettiva, anche in quelle da noi organizzate, e nelle manifestazioni di
piazza, vogliamo contribuire a denunciare l’evidente persecuzione di cui è
bersaglio, affinché sia al più presto smascherata la montatura che lo tiene in
carcere, denunciata e battuta la volontà politico-giudiziaria di colpirlo. Le
accuse contro Roberto vanno ben oltre il singolo caso, essendo parte dell’azione
incessante dello stato per colpire e reprimere in generale le lotte e
l’organizzazione degli sfruttati e quanti sono attivi e impegnati in esse. Una
persecuzione quella contro Roberto che non si ferma di fronte alla fantasiosa
inconsistenza degli indizi a suo carico, mentre Roberto racconta e rivendica con
chiarezza e semplicità la propria storia personale e politica e nega gli
addebiti e le appartenenze politiche che gli vengono macchinosamente attribuiti.
Un fraterno saluto a Roberto, che vogliamo al più presto
libero e nuovamente partecipe alla discussione e alla lotta contro questo
sistema di sfruttamento e oppressione.
"Nei giorni che hanno preceduto l’ultimo ferragosto il
Ministro degli Interni (...) ha invitato gli italiani a dormire "sonni
tranquilli".
Ma (...) il sottoscritto non riesce a "dormire tranquillo"
già da qualche tempo. Si tratta ormai di un’"insonnia cronica", che si protrae
infatti dal 16 luglio, giorno in cui sono stato tradotto presso il carcere di
Regina Coeli (successivamente, dal 17 settembre, sono stato trasferito presso
quello di Viterbo) a seguito di un’ordinanza di custodia cautelare che mi accusa
di fare parte dell’organizzazione BR-PCC.
(...) Ma prima che l’insonnia diventasse cronica, qualche
"brutto sogno" avevo cominciato a farlo in seguito ad un "episodio" verificatosi
alle 3 del mattino del 24 ottobre 2003, quando un nucleo armato agli ordini dei
P.M. del pool antiterrorismo della procura di Roma faceva irruzione in casa mia
per compiere una perquisizione personale e locale con contestuale deportazione
del sottoscritto presso una questura romana, dove venivo interrogato, mi si
diceva, in qualità di "persona informata dei fatti" (astuto stratagemma per non
consentire all’interrogato di avvalersi della presenza del difensore). Non si
trattava, in questo caso, di un’azione isolata. Erano infatti decine e decine le
persone oggetto dello stesso trattamento, che insieme a me condividevano due
particolarità: 1) quella di aver intrattenuto rapporti di amicizia e/o affetto
con altre persone in quel momento indagate per presunta appartenenza alle BR-PCC;
2) quella di far parte, chi più chi meno, di quell’ambito politico
extraparlamentare cosiddetto "di movimento".
Un’iniziativa, quella del pool, che ha dunque seminato
terrore diffuso. E questo tipo di pratica è proseguito nei mesi successivi, con
altre perquisizioni e deportazioni, producendo alla fine l’arresto del
sottoscritto, definito attraverso i mass-media come "il cervello informatico"
delle BR.
Un arresto motivato dal GIP per la presenza di una serie di
indizi "grave, precisa e concordante". (...)
Segue nella lettera di Roberto la confutazione, articolata
punto per punto, di ciascun singolo indizio:
"1) Nell’ambito dei suddetti rapporti amicali con due
indagati, sono accusato di aver utilizzato "metodologie di comunicazioni tipiche
degli appartenenti alle BR-PCC". Ma quali saranno mai queste metodologie così "
particolari"? Normali chiamate su utenze telefoniche fisse e di teledrin (...);
2) In occasione dell’interrogatorio subito dal sottoscritto a
seguito della suddetta deportazione del 24 ottobre sono accusato di aver
retrodatato i rapporti con uno degli indagati dall’anno 1999 al 1998. Ora dal
verbale attualmente agli atti la mia dichiarazione risulta essere "non vedo Caio
dal 1998 circa". Una risposta che definirei abbastanza precisa, tenendo conto
che è resa a seguito di una deportazione operata nel cuore della notte da un
nucleo armato. (...) Ma (...) nella richiesta di arresto (...) la parolina
magica (n.n. circa) scompare …;
3) In occasione della perquisizione (...) mi è stato
sequestrato tra le altre cose un floppy-disk sul quale è stato rinvenuto un
documento, "recuperato dallo spazio non allocato", cioè precedentemente
cancellato, (...) definito come "un elaborato che fa riferimento alla posizione
politica di un ‘compagno del collettivo’ che si rapporta in una ‘sede
collettiva’ sulla fase di transizione alla società comunista". Per quanto mi
riguarda il possesso di tale documento da parte mia è di tipo accidentale e
inconsapevole (ovvero sono entrato in possesso di un floppy "non vergine" e non
saprei proprio da chi visto che me ne hanno sequestrati più di 40!). Ma è
interessante sottolineare l’operazione (...) messa in atto da pool (...) che
(...) passa a definirlo come un documento "certamente riferibile al dibattito
interno alle Br-PCC". Sulla base di cosa? Di un’informativa Digos (...) che
raffronta il documento (...) con altri trovati nella cantina di via Montecuccoli
e vi rintraccia alcuni termini-espressioni comuni (collettivo, sede collettiva,
scopi generali, scopi particolari, metodo di lavoro) ovviamente considerati
tipici delle sole BR!
4) Sempre in occasione della perquisizione (...) sono stato
trovato in possesso di alcuni prodotti sw e relative istruzioni comunemente
utilizzati per la tutela della privacy. (...) Secondo una informativa Digos
(...) tale possesso "non può assolutamente ritenersi casuale", visto che "questa
tipologia di programmi informatici sono proprio gli stessi programmi
precipuamente utilizzati dai militanti delle BR-PCC". In realtà dai cosiddetti
"documenti di organizzazione" ritrovati a via Montecuccoli, ora agli atti,
risulta l’utilizzo di tutta una serie di programmi "altri". (...) Ma in
particolare è su uno di questi programmi che si sofferma l’attenzione (...) "una
sorta di dotazione informatica di ‘reparto’ per i militanti" (...) perché
"presenta caratteristiche tali da ritenerne il possesso ascrivibile
inequivocabilmente ad un militante dell’organizzazione". Ma a quale funzione
assolve un programma del genere? Quella (...) di ricercare tutti i files
temporanei creati in automatico dal sistema al fine di cancellarli. Una pratica
questa molto diffusa anche tra utenti non evoluti e consigliata addirittura sul
sito della Microsoft al fine di ottenere maggiore spazio di memoria e migliori
prestazioni del computer".
5) Infine (...) "un appunto manoscritto di eccezionale
rilevanza indiziaria" (...) che riporta l’indicazione Upim – largo Ravenna 5
(...) secondo gli inquirenti (...) luogo di incontro di alcuni altri presunti
militanti delle BR-PCC" (...) e "sicuro indice di appartenenza alla formazione".
Nella realtà "luogo dove, pochi giorni prima della perquisizione a mio carico
del 24 ottobre, mia madre era caduta fratturandosi il femore" e dunque
annotazione necessaria quella sul foglietto "per avviare la pratica del
sinistro".
"(...) Ma il capolavoro il gip lo compie nel momento in cui
deve giustificare le esigenze che rendono necessario applicare la misura della
custodia cautelare in carcere (...). La giustificazione è basata (...) sul
concetto che il militante BR oggetto di "attenzione giudiziaria" ha l’obbligo
statutario di entrare in clandestinità. Ora, come si è visto, il sottoscritto è
dal 24 ottobre 2003 che è oggetto di "attenzione giudiziaria". In tale data,
secondo il P.M. e il gip, mi sono stati sequestrati "documenti di
organizzazione", prodotti sw che costituiscono "dotazione informativa di
reparto" dei militanti delle BR, un appunto manoscritto relativo "all’ultima
attività operativa posta in essere dalle BR-PCC". E naturalmente, per poter
sostenere l’accusa di banda armata contro di me, il possesso di tutto questo
materiale "di organizzazione" deve essere giudicato dagli inquirenti come di
tipo consapevole, e quindi dovevo evidentemente essere a conoscenza della
gravità della mia situazione. Eppure dal 24 ottobre 2003 al 16 luglio 2004,
quindi per circa 9 mesi, sono rimasto a casa mia continuando a condurre le mie
normali attività quotidiane e inoltre, al momento dell’arresto, sono stato
trovato in una fase di intenso impegno di studio per la preparazione delle prove
scritte per un concorso di ruolo presso l’Istat, l’Istituto presso il quale già
da circa 4 anni lavoravo con contratto a tempo determinato. Quindi ero intento
ad impegnarmi per una "scadenza" fondamentale per il mio consolidamento
professionale e quindi per il miglioramento delle mie condizioni di vita. E
l’"obbligo statutario" di entrare in clandestinità allora? A quanto pare non è
scattato, e quindi la motivazione addotta dal GIP per sottopormi alla custodia
cautelare in carcere è completamente incongruente con il mio comportamento. Anzi
proprio la centralità assegnata dal Gip al concetto del cosiddetto "obbligo
statutario" diventa a questo punto una importante prova della mia estraneità ai
fatti contestatimi.
(...) A questo punto di "grave, preciso e concordante" mi
pare rimangano solo una serie di pratiche che non possono non indurre a pensare
ad una strategia tipica dei Tribunali dell’Inquisizione (...). Una strategia
(...) attuata attraverso: 1) mandati di perquisizione che autorizzano alla
deportazione notturna ed alla sottomissione a interrogatori privi di ogni
garanzia ai danni di persone definite "informate dei fatti"; 2) "offensive
mediatiche" (...) basate su informazioni false e menzognere (...); 3) utilizzo
della carcerazione preventiva come strumento di pressione finalizzato, in una
situazione di chiara mancanza di indizi, ad estorcere eventuali confessioni.
Sottolineo, inoltre, che nei miei confronti, l’utilizzo terroristico della
carcerazione preventiva è avvenuto con una "precisione" quanto mai chirurgica.
Gli arresti sono scattati, infatti, proprio due giorni prima delle prove scritte
dell’ormai famoso concorso all’Istat, alle quali ho potuto poi partecipare solo
con una nutrita scorta di circa 20 agenti della polizia penitenziaria ed isolato
dagli altri concorrenti all’interno di una specie di sgabuzzino. Ora, come
risulta dagli atti, il mio telefono era sottoposto già da mesi ad
intercettazione, e proprio l’"argomento" del concorso era ormai uno dei più
frequenti nelle mie conversazioni con amici e familiari (...). Quindi, tale
circostanza, oltre a demolire la motivazione addotta per la custodia cautelare
in carcere (quella riferita ad un imminente pericolo di fuga), dimostra che la
tempestività degli arresti proprio nei giorni immediatamente precedenti il
concorso è avvenuta per farmi sostenere lo stesso in condizioni particolarmente
disagiate e quindi è stato un vile espediente per accrescere il ricatto
psicologico nei mie confronti. Successivamente, come ormai è noto, con il
procedere della carcerazione preventiva (nonostante la già avvenuta
ridicolizzazione in varie sedi dei "gravi" indizi addotti dal pool), tra l’altro
per un lungo periodo in condizioni peggiori di quelle previste per i detenuti
sottoposti al regime disposto dall’art. 41 bis, gli inquirenti e i loro sodali
sono poi riusciti a impedirmi di prepararmi e quindi di partecipare alle
successive prove orali.
L’ipotesi più inquietante (...) è che ci troviamo in presenza
di una strategia che, utilizzando i suddetti metodi, è indirizzata ad annientare
ogni forma di quell’antagonismo che si oppone alla crescente deriva anti-sociale
che interessa la nostra società. (...) Una strategia attraverso la quale,
colpendo sia gruppi organizzati come quello di Iniziativa Comunista, sia
compagni e compagne "sciolti/e" come il sottoscritto, si vuole alla fine
"svuotare" le piazza, "ammorbidire" il conflitto sui luoghi di lavoro e di vita
impedendone la sua politicizzazione, "rompere" la catena della solidarietà tra i
comunisti (a tal proposito basti pensare che da quando mi trovo in carcere
nemmeno un messaggio di solidarietà mi è pervenuto dai tanti compagni/e
conosciuti da circa 15 anni a questa parte negli ambiti del movimento!).
Una strategia che fa il paio con quella ormai classica
condotta sul fronte mediatico, come da ultimo è dimostrato dalla dichiarazione
con cui ancora il ministro Pisanu ha avvertito che nelle prossime manifestazioni
sindacali ci sarebbe il rischio di infiltrazioni terroristiche (...) un monito
che, questa volta in maniera indiretta, sembra invitare ancora una volta a
restare a casa a dormire (i soliti "sonni tranquilli") e quindi a
disinteressarsi delle proprie condizioni di vita.
Un "invito" che però non può che suonare come estremamente
provocatorio per chi, la maggioranza ormai delle persone, di "dormire" non ne ha
ormai più né tempo né voglia, preso com’è dal perenne problema di "arrivare alla
fine del mese"! Un monito, dunque, da rimandare al mittente per fargli capire
che il "loro" beato sogno di una popolazione "anestetizzata" è destinato a
infrangersi contro il risorgere di un "incubo" che forse troppo presto avevano
rimosso dai loro pensieri: quello della "rabbia proletaria"! Questa sì che è una
ineluttabile "certezza storica", altro che le elucubrazioni sul mondo di
internet addotte dai giudici del Tribunale del Riesame!
Solidarietà con tutti/e coloro che si trovano privati/e della loro libertà per essersi scontrati/e contro l’attuale assetto di distribuzione della ricchezza."
Viterbo 23 dicembre 2004
Roberto Badel
Se volete contattare Roberto, questo è l’indirizzo:
ROBERTO BADEL
"MAMMAGIALLA"
STRADA S. SALVATORE, 14/4B