Dalla desistenza italiana
Lo ammettiamo senza arrossire: il nostro cuore non è in ansia per la sorte di Giuliana Sgrena. E tuttavia abbiamo preso parte alla manifestazione del 19 febbraio per la sua liberazione perché avrebbe potuto essere, almeno in parte, un momento di ripresa o di ricomparsa in campo di un movimento no war da mesi di fatto scomparso.
Così non è stato. Infatti i cinquantamila (non cinquecentomila) partecipanti presenti erano in grandissima maggioranza assenti.
Assenti dalla lotta contro la guerra. Nel corteo non c’erano slogan contro il governo Berlusconi e neppure contro Bush. Non c’era la richiesta militante del ritiro incondizionato delle truppe. Non ne parliamo poi della solidarietà con i resistenti iracheni: per certi "pacifisti" era già una cosa dilettuosa mesi addietro, tanto più lo è oggi. Di più, Prodi ha dichiarato presenti in spirito alla manifestazione anche gli appartenenti al centro-sinistra (leggi Rutelli e simili) o addirittura gli appartententi alla maggioranza di governo che se ne erano tenuti alla larga temendo qualche gridolino anti-governativo.
E neppure basta: il marito della Sgrena, e non solo lui, si è sentito in dovere di ringraziare il governo Berlusconi che "sta operando bene"...
Tutto ciò dà il quadro di una precipitosa e smaccata desistenza anche da quel tanto di timida opposizione all’aggressione all’Iraq manifestatasi nell’imminenza della guerra. Avevamo messo in guardia da subito contro questo rischio. Tra i veri militanti anti-guerra c’è ancora chi può dubitare che il movimento spontaneo, se non vuole affondare, deve darsi una prospettiva e un’organizzazione all’altezza dello scontro anche a costo di calpestare il galateo così tanto di moda dell’inclusività?
La nostra piccola pattuglia di compagni era ugualmente presente alla manifestazione e gridava i suoi slogan di sempre. Figuriamoci se gente come noi si fa condizionare dagli ordini di scuderia del signor Romano Prodi!