Legge 30 e legge Bossi-Fini:

precarietà nella precarietà

 

Recenti indagini rilevano che i lavoratori immigrati sono in numero crescente "utenti" della "riforma Biagi". E poiché per ottenere il permesso di soggiorno e i rinnovi la Bossi-Fini pretende un contratto di lavoro subordinato di durata non inferiore a un anno, accade che le questure cominciano a mandare indietro gli immigrati che chiedono il rinnovo esibendo contratti lavoro "autonomo", come le collaborazioni continuate, i contratti a progetto, quelli di socio lavoratore di una cooperativa, così come tutti i contratti di durata inferiore a 12 mesi, si tratti di lavoro "a chiamata", job sharing o lavoro interinale. Le indagini mettono in rilievo l’aumento dei lavoratori immigrati in particolare nel lavoro interinale. Secondo la Manpower, una delle più grosse agenzie che affittano il lavoro in Italia, nel 2003 16.400 immigrati, il 13,3% del totale, hanno lavorato con i contratti dell’agenzia. Secondo l’Istat gli immigrati svolgono il 20% delle "missioni" in affitto e rappresentano il 10% del totale dei lavoratori coinvolti. Per l’Ires costituiscono il 37,8% dell’offerta. Uno studio riferito all’Emilia Romagna evidenzia nel 2001 una percentuale del 16% sul totale, il che significa che gli immigrati vengono "affittati" in percentuale doppia rispetto agli italiani. Si pensi poi che i contratti offerti dalle agenzie interinali per il 42% durano meno di un mese, per il 50% da uno a sei mesi per il 50% e solo per il 7% durano più di sei mesi ….

(Vedi il documentato articolo di Cinzia Gubbini sul manifesto del 12 maggio 2004).