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In margine alla "dis-occupazione" del liceo Mamiani di Roma

 

La "dis-occupazione" del liceo classico Mamiani di Roma (istituto della borghesia "bene" capitolina) ha attirato l'attenzione dei media italiani, accendendo il dibattito intorno alla riforma Berlinguer e alle agitazioni studentesche dell'autunno. Il governo dell'Ulivo ha colto l'occasione per rilanciare l'annuncio dei "cambiamenti radicali" che intende introdurre nel mondo della scuola. Contrastanti le reazioni suscitate tra gli studenti, gli insegnanti e le famiglie proletarie. Impegnandoci a ritornare in modo più organico su questa questione in un prossimo numero, ci limitiamo qui ad alcune brevi osservazioni.

La riforma Berlinguer intende modernizzare la scuola italiana e adeguarla alle necessità imposte al capitalismo italiano dalla mondializzazione e dalla crisi del sistema capitalistico. Questa modernizzazione contribuirà a ridurre la garanzia avuta finora dai giovani appartenenti a certi strati sociali intermedi di approdare (senza troppi sbattimenti) a un comodo e sicuro impiego, nel settore delle professioni e dell'apparato statale. Non è un caso che la "protesta" degli studenti ha assunto la forma "dura" dell'occupazione, per la gran parte, negli istituti con caratteristiche simili a quelle del Mamiani.

La "dis-occupazione" di questo liceo ha voluto essere un segnale rivolto dal governo a questi giovani affinché si rendano conto che un'epoca è finita e che essi possono continuare a godere di una posizione di privilegio solo se accettaranno di "sbattersi" a sostegno dell'efficienza e del rilancio dell'Azienda-Italia. Solo se assumeranno comportamenti diversi da quelli del passato, prima in campo scolastico e poi nel mondo del lavoro.

Ma l'intervento del governo al Mamiani ha voluto anche mandare un segnale alla massa di studenti che guarda con speranza alla riforma Berlinguer: sono soprattutto gli studenti delle scuole tecniche o di "periferia", quelli che nelle proteste dell'autunno hanno assunto un atteggiamento dialogativo con il governo, soprattutto sul punto fondamentale dell' "autonomia". Vi 

guardano con speranza perché credono alla promessa ulivista di poter trovare più facilmente lavoro se la scuola, vincendo il parassitismo il lassismo e il conservatorismo che si annidano al suo interno, si ristruttura, diventa più vicina al mondo del lavoro e si lega di più ai dettati del mercato.

Con la "dis-occupazione" del Mamiani e quel che ne è seguito, il governo ha cercato di mostrare a questa estesa fascia giovanile che esso intende fare sul serio, che non guarderà in faccia a nessuno, che il futuro di ogni giovane dipenderà solo dai suoi meriti e dalla sua preparazione in relazione a quello che chiedono le imprese. E stato quindi un invito a guardare con fiducia alle istituzioni italiane e al mare tempestoso del mercato del lavoro del domani: se vi darete da fare, avrete una vita dignitosa!

Una speranza vana? Sicuramente. Anche con la scuola di Berlinguer (ammesso che la riforma venga effettivamente realizzata), il domani della massa dei giovani senza riserve sarà sempre più incerto e precario. Anzi la stessa scuola rinnovata contribuirà a un tale esito. Sarà più facile allora che emerga il fatto che la condizione sempre più difficile in cui si vengono a trovare le nuove generazioni non dipende dall'arretratezza scolastica, o dalla presenza di corporativismi al suo interno, ma da quello a cui tutto è stato adeguato: il mercato capitalistico, l'organizzazione sociale capitalistica. Un problema che non potrà certo essere affrontato con l'invocazione (sentita a "Moby Dick") dell'ala protettiva della mamma o del papà.

È sulla base di questa valutazione e nell'ambito di questa prospettiva che abbiamo denunciato la "dis-occupazione" berlingueriana del Mamiani, quale anello della più complessiva politica del governo Prodi. Ed è per questo che ai giovani, come quelli del Mamiani, che cominciano a sentire l'incertezza e la durezza del futuro, noi diciamo che contro l'una e l'altra essi non possono difendersi tentando di ripristinare ciò che la realtà sta mandando a gambe all'aria, ma solo mettendosi su un terreno di complessiva battaglia anticapitalistica.

 

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