APPELLO DAL CARCERE DI OPERA-MILANO
Dal carcere di Opera-Milano riceviamo e volentieri pubblichiamo il comunicato seguente. Mentre la classe borghese (dal suo punto di vista perfettamente a ragione tratta i Sofri con i guanti bianchi e tesse le fila per la loro scarcerazione, si comporta in ben altro modo con i militanti proletari che non le si sono inginocchiati davanti. Ad essi, pur se attestati su posizioni distanti dalle nostre, la nostra piena e fraterna solidarietà di classe.
In questo carcere è in atto da alcuni anni una politica restrittiva degli spazi e della comunicazione tra i piani e le sezioni.
A questo si va a sommare un comportamento orientato alla punizione ed al relazionare ogni piccola cosa come rapporto disciplinare, che la gerarchia militare del carcere ha deciso di indirizzare i capiposto e gli agenti ai piani quale orientamento fondamentale del rapporto con i detenuti. L'opposizione, ora, di grate dalla maglia fittissima, alle finestre, costituisce un carattere afflittivo e maggiormente punitivo alla apena, e questo nel momento in cui il carcere di Opera è diventato l'esatto opposto dell'immagine giornalistica di carcere aperto" ("frigoriferi e aria condizionata in cella" recitava falsamente Il Giorno, lo scorso dicembre); i tentativi di suicidio e i suicidi aumentano nelle carceri soprattutto a causa di stati depressivi e ansiosi che questo tipo di misure accentuano.
Ora, chiediamo che sia rivista la decisione (certamente motivata da fumosi motivi di sicurezza; peraltro certamente assai costosa, di questa misura che in realtà costituisce un attentato alla sopravvivenza, già di per sé difficile, in questa struttura, e che conseguentemente ci siano decisioni di aperture e di possibili luoghi di spazio e di vivibilità maggiori, come era qualche anno fa in questo carcere, e che ci si lasci contemplare i nostri sogni e i nostri pensieri guardando un cielo (quasi) libero.
I DETENUTI DI OPERA