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Lettere

Riceviamo e pubblichiamo volentieri queste corrispondenze da Torino e da Milano, e rinnoviamo l’invito rivolto a tutti lettori a inviarci informazioni, considerazioni e critiche. Elementi, questi, estremamente preziosi per il nostro lavoro politico e per quello in cui sono impegnati tutti i militanti proletari.

 

Siamo un gruppo di compagni postelegrafonici di Torino, iscritti e non al circolo P.T. di Rifondazione Comunista. Alcuni di noi leggono con interesse il vostro giornale, in maniera sistematica ormai da alcuni anni; spesso con i vostri compagni ci troviamo fianco a fianco nelle lotte generali che riguardano la classe operaia e spesso ne condividiamo le analisi, il vostro giornale diventa per noi spunto per riflessioni e approfondimenti. Ed è per questo che in questa fase di lotta che ci ha impegnati sentiamo la necessità di comunicarvi i passaggi della nostra lotta ed alcune riflessioni in merito.

Brevemente i fatti:

1) alle poste si è passati a un contratto di tipo privatistico (al quale, da subito, abbiamo dato una valutazione negativa) che prevede due momenti contrattuali: uno per il riallineamento dell’inflazione e l’altro integrativo (dove gli eventuali aumenti contrattuali sono sempre più legati a efficienza e a parametri aziendali). Il primo di questi due momenti prevedeva, a dicembre ‘96 e a marzo ‘97, le ultime due tranches contrattuali, gli aumenti salariali legati al secondo momento contrattuale sono stati dati solo in parte in busta paga, il rimanente doveva essere corrisposto a fine ‘96 in quanto legato al raggiungimento di obiettivi nazionali e regionali sulla qualità del servizio.

2) A dicembre non si vedono in busta né gli uni né gli altri, l’azienda firma i contratti ma non li ratifica perché non vi è copertura finanziaria, e intanto i lavoratori si trovano, oltre ai mancati aumenti salariali, un taglio occupazionale che nel triennio ha portato da 220mila a 180mila unità!

3) Avvengono poi ulteriori passaggi legati alla legge finanziaria che prevedono tagli alle spese e all’occupazione in una logica di "ristrutturazione" da ente a s.p.a. per finire alla pura e semplice privatizzazione.

Tutto questo fa sì che la categoria entri in lotta, lotta che è sfociata nella grande manifestazione nazionale a Roma del 17.3. Non ci ricordavamo da almeno 20 anni lotte di questa portata nella nostra categoria, i 50mila di Roma (un lavoratore su quattro!) erano uniti e compatti al di là delle sigle sindacali che li rappresentavano; a dimostrazione del fatto che la frammentazione a cui siamo quotidianamente sottoposti (luoghi e condizioni di lavoro diversificati, integrativo, c.f.l., precari, nord-sud, etc.) può essere combattuta solo con un percorso di lotta unificante.

Se giudichiamo positivamente la presenza di migliaia di lavoratori in piazza, non riteniamo sufficienti, ed anzi in alcuni passaggi decisamente sbagliati, i contenuti che i vertici sindacali hanno dato a quella manifestazione.

Il 17.3 non è sorto dal nulla, i lavoratori sono arrivati a quella scadenza con alle spalle un pacchetto di scioperi di ben 18 ore, con il blocco dello straordinario e di tutte le varie forme di cottimo. Se si escludono alcune realtà a macchia di leopardo, la categoria è riuscita a mantenere complessivamente queste forme di lotta fino al 16.4, data stabilita per l’incontro triangolare fra governo-ente-organizzazioni sindacali.

Nell’analisi che nel nostro circolo stiamo facendo su questa esperienza di lotta, sono emerse alcune considerazioni:

1)la mancanza di assemblee nei luoghi di lavoro in cui le organizzazioni sindacali mettessero al corrente i lavoratori e ne indirizzassero le lotte, per questo ci sentiamo di fare nostra l’affermazione di un nostro compagno "ci hanno creduto di più i lavoratori che il sindacato";

2)i sindacati spingono perché avvenga in tempi rapidi la trasformazione in s.p.a., mentre i lavoratori si sono espressi contro la privatizzazione (questo è ciò che risulta evidente dai volantini distribuiti durante la manifestazione);

3)quanto il mutare delle condizioni oggettive abbia fatto sì che categorie ferme da molto tempo siano oggi costrette a muoversi. Nemmeno quegli accordi capestro del 23 luglio (da noi allora aspramente combattuti) sono stati sufficienti! Il salario dei lavoratori deve continuare ad essere tagliato, e questa realtà mette in moto anche settori come il nostro "tenuto buono" per molto tempo mediante forme clientelari;

4)come non disperdere questo potenziale di lotta?

Per queste analisi non ci sentiamo di dare immediatamente un parere positivo all’incontro avvenuto ieri tra le parti, perché sappiamo che per le cose che ci sono concesse la contropartita potrebbe essere molto alta, non vorremmo per l’ennesima volta vedere sancire uno scambio tra aumenti salariali e perdita occupazionale, e noi vorremmo poter dire da oggi "non siamo più disposti a concedere contropartite in cambio!"

lettera firmata

 

* * *

 

Cari compagni, vi scrivo per segnalare una serie di episodi accaduti a Milano nelle ultime settimane. Si tratta di fatti gravi, che però non hanno suscitato (e questo è il vero fattaccio!) alcuna reazione militante nella stragrande maggioranza delle organizzazioni della "sinistra".

Al grido di "comunisti di merda, vi massacriamo!", nella notte del 13 aprile otto giovani vestiti elegantemente e armati di coltelli e catene hanno assalito e colpito ripetutamente un militante di Rifondazione che attacchinava con due compagni lungo le vie affollate dei Navigli.

Cinque giorni dopo, alle tre di notte, davanti alla sede provinciale della Quercia, mani "ignote" hanno fatto saltare in aria un furgone del Pds adibito a propaganda elettorale.

Passano altri due giorni, e questa volta in azione sono le forze dell’ordine che arrestano quattro giovani del Leoncavallo: erano intervenuti per impedire a un gruppo di leghisti di attacchinare nei pressi del centro sociale.

La notte successiva, infine, una squadra di An ha assalito alcuni inquilini di uno stabile di via Agordat che erano scesi in strada per impedirle di incollare manifesti sui muri del palazzo.

Il tutto scandito da ripetute lettere minatorie (contenenti proiettili) a un esponente della Caritas e al segretario della Camera del Lavoro di Milano...

Davanti a questi fatti, la "sinistra", anziché preparare e guidare una reazione difensiva del proletariato anche su questo terreno, canta vittoria per i "rassicuranti" risultati elettorali. A proposito: rassicuranti per chi?

Un lettore

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