UN MEETING CONTRO MAASTRICHT
Lo scorso primo febbraio si è tenuto
a Londra un incontro internazionale contro Maastricht cui hanno partecipato lavoratori, per lo più sindacalizzati, provenienti da tutta Europa,
Est compreso, e alcuni delegati extraeuropei. La nostra organizzazione è stata presente a questo appuntamento
con la diffusione della nostra stampa in lingua. Oltre alla propaganda delle nostre posizioni, la presenza
è stata utile per cogliere (e, non meno importante, educare i nostri stessi militanti a questo compito) il
"clima" della manifestazione, verificare cioè cosa ha spinto questi lavoratori a intervenire
all'iniziativa, come l'hanno vissuta, quali
esperienze hanno portato e quali
aspettative nutrono; ma anche per prendere contatto diretto con quei compagni che hanno espresso le posizioni o le esperienze più significative e che al tempo stesso si sono mostrati disponibili verso quello che diciamo. Abbiamo tra l'altro avuto così modo di diffondere tra i compagni tedeschi l'edizione in tedesco dell'ultimo numero del Che Fare e di fornire ad alcuni compagni della ex-Jugoslavia il
nostro opuscolo in serbo-croato sulla
questione (accolto con viva disponibilità e con commozione).
Quanto all'impianto politico dell'iniziativa,
non cauzioniamo in nulla le posizioni
degli organizzatori (Parti des
Travailleurs) come capaci di indicare
una prospettiva effettivamente classista e internazionalista: il fermarsi al
No a Maastricht senza
indicare la portata dell'attacco capitalistico
nel suo complesso, il denunciarne
gli effetti senza riconosceme le
cause di fondo, porta a non poter
fornire una reale prospettiva anticapitalistica
e un internazionalismo che non sia solo formale, ma si sostanzi
di un programma di classe in grado di unificare effettivamente il
proletariato a scala internazionale. Non è un caso che l'orizzonte del meeting, salvo alcuni sporadici accenti, sia rimasto confinato nel ristretto
ambito europeo, e non abbia espresso nulla
per quanto riguarda il proletariato
immigrato, o non abbia richiamato una sola volta la recente lotta
dei camionisti francesi.
Nonostante questi grossi limiti, dagli interventi dei lavoratori è emersa la necessità di reali collegamenti internazionali delle lotte, di una risposta cioè all'altezza dei processi di globalizzazione dei capitale. Ciò si è visto molto bene nell'intervento del portuale di Liverpool, espressione di una lotta vera, organizzata e con una consapevole propensione internazionalista: "L'internazionalismo non è soltanto scambio di informazioni; quello che dobbiamo far sapere ai padroni è che ci stiamo organizzando e che sapremo rispondere con la lotta: occhio per occhio, dente pere dente. In occasione del nostro sciopero abbiamo ricevuto il sostegno internazionale dei portuali, dall'Australia a Los Angeles... La nostra identità è l'identità operaia e l'identità operaia è internazionale. L'alternativa è tra capitalismo e socialismo". Non meno interessante è la notizia riportata da un compagno serbo sul tentativo in atto di riallacciare i rapporti tra il sindacato serbo e quello croato. O l'intervento di un lavoratore belga sulla grande mobilitazione contro la pedofilia, vista come non separata dalle lotte immediate e contro la disgregazione crescente di questa società.