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Lettere

Le tre lettere che pubblichiamo ci sono state inviate da compagni che hanno aderito all'OCI.

Noi siamo orgogliosi che queste energie vive, desiderose di dare continuità e maggiore coerenza alla propria mili­tanza di classe, entrino nel nostro lavoro.

E chiamiamo i compagni che stanno sperimentando l'inconcludenza di una "fedeltà" me­ramente formale agli insegnamenti della Sinistra, o i risultati disastrosi di esperienze che ricalcano i vecchi sentieri dell'opportunismo e dello stalinismo, o ancora, come nel caso dei militanti proletari del PDS, le aggressioni ai loro interessi nel nome di una politica liberal­democratica, a non cedere alla sfiducia. A non dissipare le loro forze in sterili percorsi di ri­cerca individuali.

Ma a reagire, seguendo il proprio istinto di classe. A confrontarsi senza pregiudizi con noi. Ad aprire una fase di collaborazione con noi. A unirsi a noi. Per lavorare insieme, in modo organizzato e militante, proiettandoci verso i compiti che ci stanno davanti. Verso le nuo­ve generazioni proletarie.

Generazioni che ripartono, certo, da molto in basso. Ma che saranno tumultuosamente spinte alla lotta dai colpi del capitale. Facciamo in modo che esse incontrino sul campo di battaglia un nucleo comunista sufficientemente forte e organizzato che sappia guidarle alla riconquista della teoria e della politica rivoluzionaria!

 

 

Da Rifondazione, associa­zione di "liberi pensatori", al lavoro collettivo per il vero partito comunista...

Ho conosciuto i compagni del­l'OCI due anni fa nel Comitato con­tro l'invio delle truppe Nato in Bo­snia. All'epoca, facevo parte di Ri­fondazione Comunista.

Devo ammettere che allora, per quanto mi impegnassi in un partito che si dichiara(va) comunista, io - come tanti altri attivisti dello stesso partito- in effetti mi trovavo ad agire (ed ero incoraggiato a farlo) in una specie di associazione di liberi pen­satori che ritenevano di poter, da soli -ed ognuno per sé- sovradeterminare gli eventi. In fondo in fondo, partivo da un concetto ideale ed individuale di realtà, concetto che poi finisce sempre tragicamente smentito dalla vita stessa.

E proprio di fronte all'offensiva capitalistica, di questi tempi partico­larmente virulenta, ho cominciato a capire che ti trovi davanti ad un bi­vio: o ti assoggetti totalmente alle ideologie borghesi, di cui il mercato è l'unico regolatore, o scegli di orga­nizzarti sul serio sulla base dell'uni­ca teoria che vuole rovesciare il mer­cato e quindi distruggere anche le sue ideologie.

In altri termini, il confronto con i compagni dell'OCI, tra gli altri, mi ha posto esattamente questo proble­ma, che è risolvibile solo con la for­mazione di un partito comunista ca­pace, per la sua forza, per il suo pro­gramma e per il suo agire collettivo, di rapportarsi all'unica classe sov­vertitrice del modo di produzione ca­pitalistico, capendone i salti che essa deve compiere per arrivarci.

Questo confronto non mi ha con­vinto solo per la riesposizione delle teorie da Marx a Bordiga (per molti "rifondatori", anche con pretese cul­turali, una specie di Carneade), ma per la capacità dei compagni dell'OCI di far diventare po­litica quelle teorie, respingendo sia le sirene delle facili scorciatoie oppor­tuniste, sia la tenta­zione (purista?) di starsene a casa a studiare in attesa del Grande Salto Rivoluzionario.

P.S. devo aggiun­gere una cosa che forse non è esatta­mente politica: i compagni dell'OCI mi hanno colpito per la loro assoluta apparenza di nor­malità, fuori da ogni arroganza intellet­tuale o da strava­ganze per pochi eletti... e, con i tem­pi che corrono, non mi pare poco.

Marcello

 

 

"La pratica movimentista non portava ad alcuna cre­scita politica, anzi, molto spesso disperdeva (e disper­de) molte forze proletarie, anche genuine"...

Abbiamo conosciuto l'O.C.I. du­rante le grandi manifestazioni di Roma contro il governo Berlusconi, una conoscenza approfonditasi a partire dal lavoro svolto a Padova (dall'O.C.I. assieme ad altre realtà politiche locali che noi frequentava­mo) sulla Jugoslavia.

Ambedue abbiamo un percorso politico alle nostre spalle: vicinanza all'area dell'autonomia, ai margini o dentro i vari movimenti di lotta che si sono dati negli anni '80, repres­sione, case, centri sociali, ecc. Co­nosciamo direttamente la logica spontaneista, l'economicismo, il tra­sformismo nella pratica politica, l'essere considerati (da chi si consi­dera "grande dirigente") massa igno­rante, incolta. Lo sentivamo dentro quanto sviliva e disperdeva le nostre potenzialità, il nostro compito poli­tico che invece volevamo fosse pie­namente al servizio della nostra clas­se. Sentivamo la necessità della for­mazione collettiva marxista e del­l'organizzazione di partito nel loro giusto susseguirsi della teoria, pro­paganda, agitazione.

La sintesi politica a cui siamo giunti, l'abbiamo presentata ai com­pagni dell'O.C.I. all' assemblea di Milano del 22.6.'96, in un opuscolo dal titolo "Che fare? Quali prospetti­ve per i lavoratori e per i compagni internazionalisti ?". Questa fu la no­stra proposta per un confronto poli­tico sul complesso delle questioni teoriche e politiche relative alla ri­presa della lotta di classe e al lavoro per la ricostruzione del partito. La partecipazione, prima ai dibattiti nelle riunioni, poi anche al lavoro collettivo della sezione, ci hanno fatto maturare la scelta di aderire all'O.C.I., dando quindi il nostro contributo militante al lavoro poli­tico della sezione di Marghera; mettendo a disposizione parte del tempo che ci rimane dopo il lavoro in fabbrica (metalmeccanico) e nella scuola (bidella).

In linea generale, riteniamo che il vuoto e la deriva causata da oltre 70 anni di controrivoluzione stali­niana in seno alla classe, necessiti di un lungo e profondo processo di ricomposizione e di riconquista della propria identità politica. Pre­messa di questo lavoro, l'acquisi­zione del marxismo, dell'interna­zionalismo militante, e come usare queste potenti armi nell'intervento politico all'interno della classe. Una necessità vitale, per noi, visto i lunghi anni di intossicazione sta­liniana o maoista.

Pensiamo sia necessario e ur­gente, arginare la deriva della sini­stra e della classe, prenderci l'im­pegno, sul piano militante, di lavo­rare e agire affinché il patrimonio politico maturato non sia disperso e non rimanga una forza residuale, ma viva, ponendosi così l'ambi­zione di proiettarla verso le nuove leve del proletariato, per sottrarle a Bossi e alle destre.

Condividiamo il lavoro fatto dai compagni dell'Organizzazione e non vogliamo per questo lasciarli soli a farlo.

M. e G.

 

 

Dopo la militanza in Pro­gramma e il parcheggio nel­l'impotente "condizione di comunista isolato", "sono tornato a essere un comuni­sta attivo"...

Sono un lavoratore dell'ex stabili­mento Ilva di Bagnoli, che da un po' di tempo a questa parte vi segue par­tecipando anche all'attività pubblica della sezione di Napoli dell'OCI.

La vostra frequentazione mi ha consentito di ritrovare alcuni com­pagni che conoscevo, sin da quando sotto la sigla CIM partecipavano alle attività del movimento disoccupati, verso la fine degli anni `70, nello stesso locale dove ora ha sede la vo­stra sezione di Vico Banchi Nuovi.

All'epoca militavo in "Program­ma Comunista", ne uscii nel 1982 quando, per i motivi che conoscete, il Partito Comunista Internazionale perse la sezione di Napoli, e molte altre sezioni nazionali ed estere.

Questo evento, per me doloroso, determinò il mio allontanamento da "Programma" perché lo giudicai in­capace di svolgere il ruolo di "Parti­to rivoluzionario della classe opera­ia" che pretendeva di essere, né ade­rii ai tentativi di riprendere il filo del discorso interrotto, operato per di­verse vie da vari compagni, perché proiettati nella direzione sbagliata.

La conseguenza di questa cocente delusione, unita al fatto che nello stesso periodo avvenne la chiusura della fabbrica, determinò il mio al­lontanamento dalla politica attiva, conseguenza inevitabile visto il crol­lo di ogni punto di riferimento attor­no al quale potersi riorganizzare sul­la base del "credo" politico acquisito in Programma, che ritenevo l'unico praticabile per un comunista.

Per 14 anni ho vissuto la condizio­ne anomala di "comunista solitario" interrotta da brevi parentesi attive sul terreno delle lotte immediate, le­gate alle note vicende riguardanti il destino dei lavoratori di Bagnoli, passando in tal modo di sconfitta in sconfitta e avvitandomi sempre più in una spirale senza fine.

Questa mia lettera segna la fine di questo periodo e testimonia la ripre­sa dei mio interesse a essere di nuo­vo un comunista attivo, perché nel contatto con voi, ho riprovato la sen­sazione bellissima di ritrovarmi tra compagni e mi è tornato chiaro il quadro politico generale che mostra una netta tendenza alla ripresa della lotta di classe a scala internazionale.

Sono giunto a questa certezza, al termine del serrato confronto con i compagni di Napoli, sia in sede pub­blica che nel confronto personale.

Alle riunioni aperte e pubbliche, mi è apparsa immediatamente chiara la vostra "vocazione" a svolgere l'at­tività politica a stretto contatto con il movimento proletario, osservando come si rendevano accessibili al pub­blico questioni teoriche di notevole portata come quelle relative allo "sci­volone stalinista" della Rivoluzione d'Ottobre.

Negli incontri personali ho potuto recepire la passione, la disponibilità e la preparazione dei bravissimi compagni che si sono dedicati al la­voro di confronto, dimostrandomi la continuità delle vostre posizioni con quelle della Sinistra italiana in seno all'Internazionale.

Ho infatti ritrovato le grandi lezio­ni di Amadeo Bordiga perfettamente inquadrate nell'azione di partito sen­za che questo significasse "chiudersi nella torre eburnea" a difesa dei sacri principi.

In poche parole mi sono accorto dopo tanto tempo che esisteva un gruppo di compagni che lavorando umilmente, ha continuato a tessere il filo rosso teso attraverso la storia, rimanendo accanto al proletariato an­che quando le lotte hanno languito.

La cosa che posso qui affermare con assoluta certezza è che grazie a voi il "demone" che domina ogni co­munista ha ripreso ad agire anche dentro di me, rendendomi pronto a militare assieme a voi per la causa comune dei "Proletari di tutto il mon­do".

Mario

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