Il proletariato jugoslavo è in lotta

COME RISPONDONO I PROLETARI ALLA  "CRISI DEL PAESE"

Dietro i pretesi conflitti "nazionali" che stanno lacerando la Jugoslavia c'è una sola realtà: quella di una crisi economico-sociale borghese. Questa crisi attraversa e smembra l'unità "nazionale" precedente tra le varie frazioni della classe al potere. Essa puo, di converso, costituire per il proletariato una nuova e solida occasione di unità sovranazionale per l'affermazione della propria prospettiva di classe.

Questo secondo articolo dall'interno del paese ci dà un quadro delle tendenze in incubazione in questo senso, a partire da un recente esempio di lotte particolarmente emblematico.

 

C'è oggi, in Jugoslavia, un indicatore che riesce a stare al passo con i ritmi dell'inflazione: quello relativo alle agitazioni di classe del proletariato.

Lo sciopero è passato, in questi ultimi due anni in particolare, da fenomeno proibito dai cavilli della legge (anche se non in via di principio) a fenomeno prima circoscritto, abitualmente ignorato dai mass-media o da essi liquidato in poche battute come azione "irresponsabile" di "provocatori" e sottoposto alla repressione del potere, per diventare infine fatto cronico, di cui la stampa ufficiale deve occuparsi senza sparar troppe menzogne e di cui il potere ha dovuto, obtorto collo, riconoscere la "legittimità" sanzionandola di recente con apposita legge.

Se appena si pensi agli scioperi dei portuali di Koper-Capodistria e Rjeka-Fiume o a quelli dei minatori di Labin-Albona si noterà facilmente quanta acqua sia passata sotto i ponti in questo breve, ma agitato torno di tempo. "Gli operai hanno ragione di scioperare", si trovano talora a dover dire i governanti, soprattutto quelli locali e i sindacati ufficiali, da parte loro, devono far sempre più il gesto almeno di voler mettersi alla testa delle "legittime" rivendicazioni dei lavoratori quale "avvertimento" ai poteri economici e politici del paese. E la lotta paga. Si può dire che, quasi nel 100% dei casi, quando i lavoratori sono scesi in lotta, non solo incrociando le braccia, ma invadendo le strade, le rivendicazioni da essi lanciate sul piano economico sono state rapidamente e in buona parte soddisfatte. Per il proletariato jugoslavo appare così evidente che lo sciopero non solo è necessario di fronte al continuo deteriorarsi delle condizioni di vita (oggi cadute a livelli globali da anni cinquanta, col dimezzamento -in molti casi- del potere reale d'acquisto del proprio salario), ma può essere estremamente conveniente.

Il potere, divorato dalla crisi, è costretto a cedere "di volta in volta" per evitare che l'incendio proletario si estenda su un fronte incontrollabile, ma, così facendo, innesca anche una spirale senza fine. Ogni esempio di lotta, specie se vittoriosa, diventa contagioso e, come vedremo, la tendenza proletaria va sempre più verso l'unificazione del proprio fronte di lotta ed un inizio di programma rivendicativo generale, non limitato al "semplice" terreno economico immediato.

Le messinscene nazionalistiche su cui il potere gioca (non diciamo, attenzione, che sia esso, sempre e comunque, a provocarle) non sono sin qui riuscite a risucchiare la protesta proletaria nei "comuni" slanci "patriottici" di "tutto il popolo". Anche laddove i proletari erano presenti in piazza assieme ad altre classi, essi hanno fatto sentire una loro voce distinta ed irriducibile al comun denominatore "nazionale". Ma, più spesso, la lotta proletaria si fa separata e contrapposta alle esigenze ed ai programmi dei gruppi nazionalisti; si costruisce da sé e per sé.

All'estero, non meno che in Jugoslavia, l'accento dei mass-media calcato quasi esclusivamente sul fattore "nazional-nazionalista", vorrebbe esorcizzare questa scomoda realtà di fatto: ma come, il proletariato osa pensarsi ed essere se stesso?

Tra le tante agitazioni recenti ce n'è una su cui merita soffermarsi per gli insegnamenti che da essa possono trarsi, ed è quella dei conduttori di macchina, che ha preso l'avvio con un primo sciopero di 35 ore tra il 27 ed il 28 dicembre 1988.

Diciamo primo, perché esso è stato inteso dai partecipanti come avvertimento "localizzato e limitato" in vista di un secondo round, per poi passare, nel caso di insoddisfazione delle richieste, ad una lotta ad oltranza. (Non c'è male, se si pensa ai cosidetti "scioperi generali" di categoria in Italia, preceduti da una serie infinita di trattative preliminari per "scongiurarli" e, se proprio si debbono fare, limitati a qualche ora, coi "servizi essenziali" gentilmente assicurati e con l'esclusione dal calendario delle "date cruciali" durante le quali non si può "colpire l'utenza", per non parlare poi dell'azione ad oltranza, di cui neppur più si parla, n.n.).

Cosa c'è di particolare in questo sciopero?

Andiamo brevemente per punti.

Prima osservazione. Esso ha visto coinvolti circa 1300 conduttori di macchina impiegati in diversi rami (dalle ferrovie ai conducenti di autobus scolastici, per dire), superando una visione degli "interessi di categoria" ristretti ad una specifica "corporazione". Solidarietà d'interessi e ragioni d'efficienza della lotta si fondono felicemente in questo caso, e noi consideriamo questo come un primo passo (l'unico concretamente pensabile ed attuabile al momento) verso un ulteriore allargamento del fronte proletario e la sua unificazione attorno ad un proprio programma d'insieme.

Seconda constatazione. La geografia dello sciopero è stata sufficientemente vasta da abbracciare praticamente tutto il territorio della Slovenia e trasmettersi anche al di fuori di esso, in Croazia. Vi sono stati coinvolti Ljubljana, Divaca, Jenesice, Maribor, Zidano Mesto, Rjeka, Novo Mesto. Solo Nova Gorica, a ridosso del confine italiano, ha defezionato (si potrebbe pensare all'influenza del... "combattivo" sindacalismo italiano, n.n.). Qualcuno potrebbe, dall'esterno, vedere in questa (semi)localizzazione slovena un limite nazionale, tanto più trattandosi della repubblica più favorita economicamente. Un'impressione del genere non regge. Nessuna lotta nasce immediatamente unificata al di sopra dei confini statali; lo può diventare, ove lo permettano i suoi indirizzi e le condizioni oggettive e soggettive. A chi volesse "immediatamente" una lotta di tutti i conduttori di macchina jugoslavi replichiamo: e perché non si fanno lotte "immediatamente" unificate dello stesso tipo nell'ambito "comune" della CEE? Perché mai le frontiere nazionali dovrebbero costituire un ostacolo per i proletari della CEE e non per quelli della "Federativa" jugoslava divisa tra repubbliche indipendenti e sovrane a non dissimile stregua?

Inoltre, il "sospetto" che la lotta in questione, essendosi verificata principalmente in Slovenia, sia in qualche modo espressione di una parte "privilegiata" del proletariato jugoslavo non potrebbe essere più assurdo ed infamante. Nel precedente articolo, specificamente dedicato alla Slovenia, abbiamo mostrato come la forbice tra sviluppo e sottosviluppo, alti e bassi redditi, non passa solo tra le diverse repubbliche, ma, trasversalmente ad esse, tra le classi. Anche se i proletari sloveni godono (si fa per dire...) di margini salariali maggiori quanto a massa rispetto ai loro fratelli delle altre repubbliche, lo stacco tra la loro posizione e quella delle classi borghesi e piccolo-borghesi è, casomai, ancora più netto. D'altronde non è una novità che a muoversi per primi, talora, siano proprio quei gruppi di lavoratori "privilegiati" (ma qui, badate!, il solo parlare di "privilegi" è un insulto) in quanto si trovino di più faccia a faccia non solo con propri problemi di penuria, ma coi generali problemi dell'iniquità manifesta del sistema sociale complessivo. Lo verificheremo poi nel dettaglio dei fatti.

Terzo punto. È chiaro che una lotta di queste dimensioni non nasce "spontaneamente", d'un giorno. Dietro ad essa esiste una lunga opera di preparazione, nel corso della quale i lavoratori si sono dotati di loro organi specifici di indirizzo e collegamento. Il "comitato di sciopero" apparso alla luce del sole il 27 dicembre è il parto di una lunga e paziente "gravidanza". Lo stesso si dica dei fogli attraverso i quali i conduttori hanno fatto circolare la loro voce tra la propria categoria ed all'esterno (seppure, per ora, in modo necessariamente limitato). E lo stesso si dica ancora per l'apparizione della figura di un "capo" della lotta, qui nella persona di Slavko Kmetic, che non ha nulla del "capo naturale" partorito dalla lotta "spontanea" dopo che questa è scoppiata. Non fu lo stesso, d'altra parte, per "Solidarnosc"?

L'interesse massimo di questa lotta consiste proprio nel suo superamento dei limiti propri di un'esplosione improvvisa e circoscritta nel tempo e nello spazio. Essa si è data delle gambe su cui viaggiare prima di esprimersi e su cui continuare dopo una data azione di sciopero. Di più: essa, rivolgendosi, con precise rivendicazioni di classe, all'esterno del proprio recinto di categoria, predispone il terreno per ulteriori passaggi in avanti.

Come si muovono i proletari, come si muovono i borghesi e lo stato

Per tutti i motivi sopra elencati, questo sciopero ha trovato un'attenzione particolare da parte delle classi borghesi e piccolo-borghesi e dello Stato.

Quest'ultimo ha cercato in tutti i modi di bloccare le linee di collegamento tra i vari punti interessati all'agitazione, dimostrando di temere in sommo grado esattamente quegli aspetti dello sciopero in cui si riflette il concreto inizio di organizzazione dei proletariato "per sé", al di sopra dei limiti contingenti di categoria e località ristretta.

Tra i programmi governativi per intralciare lo sciopero c'è stato persino il blocco delle comunicazioni telefoniche ad hoc. Senza dimenticare poi la minaccia di "ricorrere a tutti i mezzi a disposizione" (?) in caso di protrazione di esso oltre il "lecito" (dichiarazione del capoccia sloveno Sinigoj, che fa eco ad analoghe dichiarazioni di Mikulic a... "Der Spiegel").

E, naturalmente, non si è dimenticato di mobilitare i conduttori di macchina delle altre repubbliche, non coinvolte nello sciopero, per spezzare quest'ultimo. Come si vede, all'occorrenza l'unità "jugoslava" si realizza "fraternamente" tra i poteri borghesi delle varie repubbliche del paese abitualmente in polemica e competizione tra loro, come ben ci ha insegnato Marx nelle sue note sulla Comune di Parigi: di fronte allo spettro proletario, le forze borghesi in lotta tra loro rivolgono unitariamente le proprie armi contro il comune nemico storico di tutte esse.

Senonché, questa misura si è risolta in un ulteriore "regalo" alla prospettiva verso cui l'attuale lotta s'indirizza. Quello che gli scioperanti non erano riusciti ancora a fare da soli l'hanno potuto cominciare a fare grazie all'intervento statale per spezzare la loro lotta. In risposta al crumiraggio statale organizzato, da Brcko e da Belgrado (alla faccia delle "rivalità nazionali" tra sloveni e serbi!) sono arrivati attestati di solidarietà agli scioperanti (dei quali, giova sottolinearlo, l'80% era sloveno per nazionalità, con un altro 20% croato o di altre nazionalità). Di più. I "crumiri" mandati da Sarajevo a Maribor, una volta venuti a contatto con i loro fratelli di classe, sono tornati indietro.

Ha tutto questo un qualche significato? Crediamo, modestamente, che sì.

I "comitati di sciopero" formatisi in questa situazione stanno così gradatamente estendendo il loro raggio d'azione e i loro programmi. Se per ora non è ancora sul tappeto la questione di un nuovo sindacato e, meno ancora, di un embrione di organizzazione politica indipendente ci pare che proprio su questa strada oggettivamente segnata  ci si vada mettendo. Che si assicuri la continuità del movimento, il rafforzamento dei suoi collegamenti interni attraverso strumenti "informali" di direzione e mezzi d'informazione indipendenti e che si attui uno speciale "autofinanziamento" -non per la costituzione di nuove strutture burocratiche, ma per le spese correnti connesse alle necessità del movimento-, ci sembra per ora l'essenziale.

Un'ultima, e importante, osservazione va fatta sulla "solidarietà" con l'azione dei conduttori di macchian da parte di organismi cosidetti "informali" promananti da settori piccolo-borghesi della Slovenia. Emittenti locali quali "radio Student", e persino giornali all'ombra dell'ufficialità, quali "Mladina", hanno espresso la propria simpatia per lo sciopero. Questo fatto deve essere considerato non unilateralmente. Da un lato, certamente, v'è lo sforzo piccolo-borghese di "cavalcare la tigre operaia" per farne un supporto delle proprie aspirazioni nazionalistiche e "democratiche" (ma vorremmo proprio vedere questi "democratici" al potere dinanzi ad una lotta decisa del proletariato per sé). Anche qui può soccorrere l'esempio di "Solidarnosc" vera organizzazione di classe dentro la quale ha potuto avere libero corso l'infezione piccolo-borghese. Dall'altro lato, però, c'è la controipoteca di un movimento di classe capace di affermarsi come prospettiva propria di soluzione del problema sociale e politico dietro la quale potrebbero, a certe condizioni, essere incanalate masse di ceto medio pauperizzato storicamente incapace di offrire a tale problema una sua plausibile via d'uscita.

Questione tuttora aperta. Ma che i conduttori di macchina abbiano voluto e saputo far breccia nei mass-media non ufficiali senza rinunciare ai propri obiettivi, ai propri mezzi di lotta, alla propria organizzazione torna a tutto vantaggio della lotta su cui essi sono impegnati.

Di più non possiamo dire allo stadio attuale. Ci sia permesso solo di ricordare, di sfuggita, ad un dato eminentemente politico che, qui e là, si è espresso nei livelli di coscienza degli scioperanti, col richiamo all'insegnamento di Rosa Luxemburg sulla natura ed il significato dello "sciopero di massa". In Jugoslavia, come in altri paesi dell'Est, il nome e l'insegnamento di Rosa Luxemburg è caro ai lavoratori. Anche se, per comprensibilissime ragioni, contrapposto spesso all'insegnamento bolscevico (mal appreso attraverso il "concreto esempio" della sua "realizzazione" stalinista), l'insegnamento luxemburghiano rappresenta un faro per il futuro del proletariato di questi paesi, e per la stessa riacquisizione del bolscevismo autentico. In ogni caso, esso bene indica quale abisso esista tra l'indirizzo proletario e quello dei settori borghesi che si entusiasmano per Pannella e si danno a costituire Alleanze democratiche o socialdemocratiche plasticamente modellate sul calco dell'Occidente capitalista.

E concludiamo con un'acuta osservazione di "Mladina" (n° 1/1989): la struttura ed il funzionamento del comitato di sciopero "mostra chiaramente che (grazie ad esso) la paura dell'individuo di fronte alla repressione socialista (!) viene a cessare". Esattamente (a parte l'aggettivo infame che si vuole coniugare al termine repressione): come ha indicato Marx, il vero risultato di uno sciopero come questo sta nell'unità e nella coscienza che il proletariato ha saputo realizzare attraverso la lotta.

Questo risultato non andrà perduto!

ARTICOLI SULL'URSS

PUBBLICATI NEI PRECEDENTI NUMERI DEL "che fare"

 

N. 5 - Dossier Urss

pag. 6-11: L'era Gorbacev: il nuovo corso del capitalismo in Urss. I Problemi dell'economia sovietica e la loro soluzione. Perfezionamento del socialismo o rattoppi capitalistici? Una società senza classi? Caratteristiche della classe operaia in Urss oggi. La legge sui collettivi di lavoro: il diritto della classe operaia all'autosfruttamento. La politica "operaia" di Gorbacev. Quali prospettive per il futuro?

pag. 12: Uno strappo con l'Urss in nome del liberalismo borghese.

 

N. 8

pag. 9: Urss, ma la crisi capitalistica non è riformabile.

 

N. 9

pag. 6: Urss: perestrojka e "democrazia".

pag. 7: 1 "trotskisti" e Gorbacev.

 

N. 10

pag. 6: Perestrojka in salsa russa, perestrojka in salsa Comecon.

 

N. 13

pag. 11: L'esplosione della "questione nazionale" in Urss è la spia delle contraddizioni generali del sistema capitalistico "sovietico". 

pag. 11: Armeni, Armenia, Urss...

pag. 12: 1 club in Urss e la questione nazionale.

pag. 13: La questione nazionale in Urss e la discussione nel  partito bolscevico. 

 

N. 14

pag. 5: Urss: transizione: da dove? Verso dove? 

pag. 5. Lavorando oggi in Urss.