UN'ALTRA ONDATA DI LOTTE SI È CHIUSA,

UNA NUOVA SE NE PREPARA

 

Abbiamo costantemente, ed a lungo, parlato delle lotte operaie in Polonia. Siamo ben felici di doverci tornare su, in presenza di una nuova loro ondata, a registrare il costante cammino in avanti del proletariato polacco. Una lezione esemplare, che solo l'isolamento da cui essa è circondata impedisce di svincolarsi dai residui lacci col passato e con le suggestioni di un'emancipazione veicolata da istanze religiose e nazionali.

 

A conferma di quanto scritto (quando la trascorsa ondata di lotte era ai suoi esordi), in prima pagina è ben possibile vedere la provvisorietà e l'aleatorietà dell'attuale "mora" (nessuno parla più di chiusura) nel ciclo delle agitazioni operaie ed "indovinare" ciò che si prepara per il futuro.

La sostanziale solidarietà conflittuale d'interessi tra l'ala walesiana di "Solidarnosc", la Chiesa ed il regime non data da oggi, ma stava scritta sin dagli inizi del movimento operaio polacco e, come abbiamo notato in questo giornale, ha celebrato i suoi fasti in occasione del recente referendum sulle "riforme" promosso da Jaruzelski. Da allora, però, si sono via via accentuate le divaricazioni nel movimento in questione. Certo, la massa - od anche solo la sua avanguardia (termine che usiamo a pieno titolo) - del proletariato non è partita da una previa dissociazione rispetto a "Solidarnosc" ed ambienti borghesi, clericali e laici, trafficanti attorno ad essa. Solo uno stupido estremismo poteva pensare od esigere una tale precondizione. Nella bandiera di "Solidarnos", senza distinguo, si riconosce l'intiero movimento proletario, e ben a ragione. Ma non indistintamente e tanto meno "per gli stessi motivi "per cui settori politici borghesi se ne appropriano. Unitaria è la battaglia per il riconoscimento sul campo del potere del sindacato libero di rappresentare gli interessi, non solo immediati, dei proletari. Ma, entro questa unitarietà (cui i cari Walesa sono vincolati, essi stessi, a loro modo, per poter svolgere il proprio ruolo), le divergenze si sono manifestate e sono andate approfondendosi "da quel dì".

L'avanguardia proletaria ha visto nelle recenti lotte un ulteriore terreno di scontro politico, che ha per posta ultima la questione del potere. L'ala borghese del (o sul) movimento non si è differenziata in questo, ma per modi e contenuti della battaglia: ragionevolezza contro "estremistico" uso della forza di classe; rivendicazione di un pluralismo politico "in generale" contro l'affermazione "particolare" di un partito di classe; gestione "pluralistica" dei sacrifici "per il bene della nazione" contro il rifiuto di sacrifici ulterioramente gravanti sulle spalle del proletariato.

"Il compromesso che ha portato alla fine degli scioperi e all'apertura di trattative ufficiali con il governo ha segnato ancora più in profondità quei solchi già esistenti all'interno di "Solidarietà ". Walesa è stato messo duramente alle corde nei cantieri navali Lenin di Danzica; ha subito un voto contrario nella miniera di Jastrzebie "Manifesto di luglio "prima di convincere gli irriducibili e sospendere l'occupazione sabato scorso". ("L'Unità ", 5 settembre). A guidare la "fronda" sono stati soprattutto quei giovani "che avevano 12 anni nell'80", "talmente disperati (!) che il compito di Solidarnosc è stato quello di modernarne la combattività". E, si sa, ogni solco generazionale corrisponde, in questi casi, ad un solco politico.

"I miei nemici avrebbero voluto continuare", ha proclamato Walesa. È bene, e sommamente indicativo, che i "disperati", gli "estremisti" (come li chiama il PCI) siano qualificati come "nemici". Nemici di Gorbacev e di Spadolini, di Walesa e di Occhetto, di Reagan e successori, così come della Chiesa. Diciamo anzi che essi sono messi in questa posizione antagonista, prima ancora, forse, che siano essi stessi a farlo da sé, coscientemente...

Ma sono stati realmente "convinti", sia pur solo provvisoriamente, questi ribelli? Nessuno, delle parti a noi avverse, si fa illusioni su ciò. Più modestamente, essi non hanno compiuto sino in fondo l'esperienza ideologica e materiale della propria totale estraneità alla linea generale di Walese & co. e, soprattutto, sanno di non poter ancora contare su forze sufficienti per condurre una lotta generale sino in fondo per gli obiettivi cui aspirano (e, per altro, tuttora avvolti nelle nebbie dell'indeterminatezza e del confusionismo ideologico). Ma è altrettanto indubbio che essi si preparano a questa ulteriore scadenza e, sotto questo aspetto, la stessa cessazione degli scioperi rimasti isolati dal restante della massa è stato un passaggio obbligato.

Un passaggio utile, e non una resa, perché l'ombra - materialmente pesante - della loro presenza è destinata a gravare sul "compromesso" in corso tra direzione di Solidarnosc, Chiesa e regime. L'istaurazione di un reale "pluralismo" politico, anche se non sanzionato per legge, è un elemento positivo da cui ripartire, anche se al momento è l'ala walesiana a "rappresentare" (in maniera condizionata, però) le istanze del proletariato polacco di fronte all'interlocutore ufficiale. (Allo stesso modo, poniamo, il riconoscimento della FIOM quale controparte pesante, sull'onda di estese lotte operaie, avrebbe rappresentato - di  fronte alla FIAT - una conquista operaia ad onta dei Pizzinato installati ai vertici sindacali.)

"(La Polonia) è oggi il paese dell'Est europeo dove la libertà d'informazione, di parola e di associazione ha fatto il maggior numero di passi in avanti", dichiara all'"Unità" un rappresentante vicino al vecchio KOR, e contestualmente promette che non saranno commessi gli errori dei giovani che già otto anni fa "perseguivano idee irrealizzabili". Contemporaneamente, però, si è rilevato da un'indagine statistica che se "il 23% dei polacchi crede nella capacità del governo" e "il 27% ha fiducia in Solidarnosc", "il rimanente 50% non crede più a nessuno".

Di questo 50% di "miscredenti" una buona fetta proletaria crede, invece, in qualcosa: in una diversa "Solidarnosc", sua propria, in sé stessa come classe antagonista capace di contare nella società. Non è davvero poco!

Il precipitare della crisi economica è servito inoltre a scomporre al suo interno la "società civile" pluriclassista che, otto anni fa, si riconosceva "unitariamente" attorno alle bandiere del "sindacato libero". Scomposizione materiale ed ideologica, perché la crisi del "paese" sempre più pesa in modo estremamente differenziato sulle varie classi del "popolo" (addirittura profittando a quote piccolo, e meno piccolo, borghesi di esso a spese del proletariato) e perché questa polarizzazione materiale della società ai suoi estremi si traduce inevitabilmente in una polarizzazione ideologica e politica.

Per il proletariato polacco, in quanto classe antagonista, crescono le difficoltà e l'isolamento, ma la sua lotta viene costantemente rilanciata in avanti, e non solo "oggettivamente", com'è ormai sotto gli occhi di tutti. Questo è il nocciolo attorno al quale va costruendosi la forza futura del movimento, per battaglie ben più risolutive, e non solo a dimensione nazionale. Nulla è "di per sé" scontato, certo, ma senza una simile premessa sarebbe vano lo stesso parlare di futuri movimenti oltre i confini attuali.