Il pretesto che i nostri "interventisti" cercavano è arrivato provvidenziale, come da "mani amiche". Qualche colpo sparato da ignoti contro una nave italiana, ed ecco che "si parte per il Golfo". A quale scopo? Per difendere quali interessi?
Per comprenderlo, dobbiamo andare alle radici della attuale crisi del Golfo, e cioè alla guerra Iran-Irak. Questa guerra reazionaria fu scatenata 7 anni fa dall'Irak, complice e sovrintendente l'imperialismo occidentale, per bloccare ed invertire il corso della rivoluzione iraniana, che abbattuto il regime dello Scià, minacciava di estendersi a tutto il Medio Oriente. La continuazione e l'espansione di questa rivoluzione, espressione delle masse operaie e lavoratrici povere oppresse dal duplice giogo della borghesia interna e dell'imperialismo, costituiva un pericolo mortale per gli interessi di rapina dell'imperialismo USA, europeo e giapponese nel Golfo. E ciò spiega perché la guerra Iran-Irak è stata in tutti questi anni accuratamente alimentata e tenuta sotto controllo dall'imperialismo. Per tale via, la rivoluzione iraniana è stata provvisoriamente bloccata e ricacciata indietro, consegnata all'egemonia khomeinista; l'estrazione di sovrapprofitti è andata avanti come e più di prima; la vendita delle armi ("equamente distribuita tra entrambe le parti in causa") ha toccato livelli record…, il tutto al modesto prezzo di oltre un milione e mezzo di cadaveri di "straccioni" islamici, buoni a concimare gli interessi delle nostre civilissime metropoli imperialiste!
Senonché, a 7 anni di distanza da questa aggressione alle masse sfruttate di tutta l'area, l'ordine imperialista che USA ed Europa volevano imporre ad esse è più lontano di prima. Il regime iracheno scricchiola paurosamente; in Iran i segni di disaffezione e di resistenza verso la repubblica borghese-islamica si moltiplicano; ed intanto va crescendo l'ondata di ribellione delle masse sfruttate che si estende a zone considerate sinora "fuori pericolo" (l'Arabia Saudita, l'Egitto i nostri "amici fidati"), mentre mai come oggi la coscienza che l'imperialismo va affrontato e battuto in una lotta senza quartiere si avverte così netta tra milioni e milioni di sfruttati in tutto il mondo.
Un altro livello di intervento si impone allora per l'imperialismo: non già per ristabilire la pace tra Iran e Irak; non già per il diritto alla libera navigazione nel G olfo"; ma per garantirsi la possibilità di continuare nel banditesco sfruttamento delle risorse naturali ed umane dell'area e per scongiurare ogni pericolo di contagio rivoluzionario. In questo senso è certamente vero che nel Golfo c'è anche "un pezzo d'Italia": un pezzo di interessi imperialisti di saccheggio e di controrivoluzione, un pezzo di "spazio vitale" da conquistare e difendere oggi "solo" nel Golfo Persico e "solo" con alcuni mezzi di guerra "in missione di pace", domani su scala più ampia ed aggressiva.
La decisione del governo Goria di inviare "una missione militare" nel Golfo rappresenta un salto ("di portata copernicana" ha scritto un osservatore di cose militare) nella continuità di una politica estera tesa a difendere la "dignità" della quinta potenza industriale del mondo, cioè la sua quota di partecipazione ai proventi della rapina imperialista. Il salto non è solo e tanto nella decisione, peraltro non trascurabile, di "sperimentare concretamente l'allenamento e le capacità operative dei propri strumenti militari"; quanto nella eccezionale campagna di propaganda militarista e sciovinista che l' ha preparata e che la sta accompagnando. Una campagna i cui contenuti ed i cui toni nulla hanno da invidiare, nel campionato dell'infamia giornalistica nazionale, a quelli che sostennero il colonialismo crispino e mussoliniano nelle loro benemerite "missioni di pace". Lo scopo è quello di conquistare un consenso attivo all'interventismo contro le masse lavoratrici mediorientali, non bastando più una passiva "neutralità".
Si dia dunque il via all'orgia del "credere, mentire, combattere"! S'avanza il portavoce di Craxi: " L'Italia è un paese molto civile, che non mette bombe, che non rapisce innocenti". Sì, è il paese la cui bandiera di civiltà è issata su montagne di morti per fame, per sfruttamento e per guerre reazionarie. È il paese tanto civile da costituire con le sue massime industrie pubbliche e private, vero orgoglio nazionale, con i suoi servizi segreti democratici, con la sua floridissima mafia e - beninteso - sotto il superiore controllo dei ministeri degli Esteri e della "Difesa" uno dei principali crocevia dell'Internazionale del capitale degli armamenti e dei "mercati di morte"…
"Siamo un paese pacifico da sempre. E vogliamo continuare ad esserlo" fa eco Goria, mentre i servitorelli della stampa "indipendente", senza bisogno di richiami all'ordine, sono alla caccia del "nemico" bellicista in terre straniere. Fuori il vostro curriculum pacifista, borghesi! Vi si legge: concorso a pieno titolo alla prima ed alla seconda guerra mondiale imperialista. E poi una serie di nomi che il proletariato e le masse oppresse non possono e non devono dimenticare: Eritrea, Abissinia, Libia, Somalia, Albania. In un angolino, stinto dal tempo, ci par di leggere perfino Tientsin. E non si trova, forse, la vostra firma in calce a tutte le criminali imprese dell'imperialismo USA e delle consorelle borghesie europee? Da che parte eravate, uomini di pace, quando si istituiva sul corpo del popolo palestinese lo stato sionista di Israele e quando tutto il "mondo libero" si mobilitò per schiacciare nel sangue la liberazione del popolo coreano? Ricordate nulla dell'attacco proditorio che, sotto le "neutrali" insegne dell'ONU, fu portato al movimento antimperialista congolese? E non siete forse voi a coprire e legittimare oggi l'ininterrotto attacco yankee alla rivoluzione nicaraguegna? Altrimenti come avreste potuto, senza questo curriculum, sulla base del "semplice" sfruttamento del proletariato italiano, passare da "nazione proletaria" a membro del "Club dei Grandi Predatori"?
Ora la borghesia italiana, raggiunto - al termine di un lungo inseguimento - il proprio "posto al sole" intende difenderlo con ogni mezzo. In questa necessità fino in fondo imperialista, oltre che negli sviluppi della guerra Iran-Irak, sta la radice dell'attuale intervento militare nel Golfo Persico.
A pagare sulla propria pelle, qui e nel Golfo Persico, sono il proletariato e le masse lavoratrici, in termini di costi materiali e di irregimentamento sociale (in momenti del genere anche nella vita civile ci vuole un po' di regole da caserma… ). Ecco perché, è interesse del proletariato e delle masse contrapporsi subito e con il massimo di mobilitazione ad ogni atto, anche solo preparatorio, anche apparentemente "pacifico" che rafforza la tendenza verso la guerra. In quanto atto di aggressione non solo verso l’"esterno" ma anche verso l’"interno" contro le nostre vitali necessità, che non sono certamente quelle di far altri sacrifici per finanziare nuove spese belliche e di… andare a morire nel Golfo per i profitti di lor signori!
Il PCI aveva promesso "dura opposizione" alla decisione dell'invio delle navi italiane, ma la sua "battaglia" è stata morbida finanche nel Parlamento, dominata com'era dalla ansia di ricacciare da sé il sospetto di essere "anti-occidentale" o addirittura "anti-patriottico". Una volta di più è evidente che subordinare gli interessi della classe operaia a quelli della "nazione" (del capitalismo), lega mani e piedi il proletariato a "soluzioni" altrettanto borghesi quanto quelle del governo, solo più illusorie, mentre la classe capitalistica assesta colpi micidiali e procede sulla propria strada a tappe forzate, con un governo "debole"…
Altri oppositori "di sinistra" (tra cui alcuni che pretendono d'esser "rivoluzionari") dissentono dalla "sudditanza" della borghesia italiana agli. USA e, in "alternativa" reclamano una "vera neutralità", senza avvedersi, poveracci loro, (e ammesso che non se ne avvedano), che esattamente sul principio di neutralità, ovvero di rigida difesa dei propri interessi di classe, tutte le frazioni borghesi concordano.
Noi marxisti diciamo invece: nessuna neutralità! La guerra Iran-Irak è una nostra questione. La questione del Golfo è una nostra questione. Il fronte è chiaramente tracciato. Rifiutiamo qualsiasi forma di complicità con l'aggressione imperialista occidentale e italiana! Alla lotta, proletari e compagni. Se al tempo della spedizione italiana nel Libano fu solo il movimento per il ritiro delle truppe a smascherare il falso contenuto "di pace" di essa, a maggior ragione oggi che prende avvio una spedizione più apertamente aggressiva, dobbiamo mettere in campo tutta la nostra forza per impedire di essere mandati a morire (ed a scannarci con altri lavoratori) per gli interessi del capitale!
Diamo tutto il nostro appoggio - quello che sinora è pericolosamente mancato da parte del proletariato e dei "rivoluzionari" metropolitani - alle masse oppresse mediorientali ed alle forze rivoluzionarie che tentano di rovesciare la guerra reazionaria tra Iran ed Irak in guerra civile anti-borghese per il socialismo.
La mobilitazione è solo all'inizio. Rafforziamola, estendiamo, diamole continuità. Lo scontro su questo terreno, come su quello, inscindibilmente connesso, della lotta "economica" (finanziaria e contrattazione aziendale), è ancora completamente aperto.